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Johnathan Blake: un batterista ai vertici

Johnathan Blake: un batterista ai vertici

Courtesy David Ellis

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Accolto tra i lavori migliori dell'anno dalle massime riviste internazionali Homeward Bound, è il quarto disco di Johnathan Blake e il debutto con l'etichetta Blue Note. L'album ha finalmente evidenziato le doti di compositore e leader del 45enne batterista di Philadelphia, figlio del violinista John Blake Jr., noto partner di McCoy Tyner, Archie Shepp, James Newton, Steve Turre e leader di proprie formazioni negli anni ottanta.

Attivo professionalmente dall'età di 18 anni (con la big-band di Oliver Lake nel 1994-1995), Blake s'è imposto come uno dei massimi virtuosi e inventivi batterista della sua generazione, diventando stabile partner di Tom Harrell dal 2005, Kenny Barron dal 2008, Ravi Coltrane dal 2012 e dell'organista recentemente scomparso Dr. Lonnie Smith.

L'intensa carriera di sideman (oltre settanta incisioni in 25 anni) ha un po' oscurato la sua attività di leader, che è opportuno invece ricordare: Johnathan Blake ha il pregio di rinnovare la tradizione hard bop in una sintesi contemporanea ricca di mordente, melodicamente affascinante e dalla strepitosa articolazione ritmica. Un'attività iniziata senza fretta a 35 anni, con ampia esperienza alle spalle quando sono emerse le condizioni giuste per opere d'alto spessore. Ha debuttato nel 2012 con l'album The Eleventh Hour (Sunnyside) alla guida di un incisivo quintetto hard bop e pubblicato due anni dopo Gone, But Not Forgotten (Criss Cross) in un quartetto comprendente Chris Potter, Mark Turner e Ben Street. Il penultimo lavoro è stato il doppio album Trion (GiantStep Arts 2018) in trio con Potter e la bassista Linda May Han Oh.

Johnathan Blake nasce a Philadelphia il 1° luglio 1976, grazie al padre è cresciuto tra i migliori musicisti della città, a contatto con una tradizione che ha dato molto alla storia del jazz e che Johnathan non dimentica mai di celebrare. Mostra precoci attitudini ritmiche e dopo iniziali studi di violino, inizia a studiare la batteria a 10 anni ("Ce n'è voluto un po' finchè me ne comprassero una" ha detto ridendo a Jazz Hot). Le prime influenze vengono dai batteristi di Philadelphia dell'epoca, primi tra tutti Philly Joe Jones, Mickey Roker, Bobby Durham e dai vari drummer di Grover Washington, Jr. dove suona il padre. La condizione di quest'ultimo per lasciarlo alla batteria è che segua anche lezioni di pianoforte, vincolo che gli risulta utilissima in futuro. "Non ho mai sentito di essere bravo ma riuscivo a capire gli accordi e a leggere—dice Johnathan a Down Beat -. Scrivo al piano; a volte alle tastiere e le uso per capire gli accordi. A volte canto nel mio telefono, un estratto di qualcosa che mi entra in mente e quando ho tempo di sedermi al pianoforte, cerco di dargli corpo."

Le sue conoscenze d'ascolto crescono e il batterista preferito diventa Elvin Jones. Quando ha 13 anni suo padre glielo presenta, dopo un concerto al Blue Note. "Elvin era il mio eroe—ricorda—mio padre mi portò di sopra e mi presentò come aspirante batterista. E subito Elvin disse: «Vieni qui! Abbracciami!». Era una di quelle persone che quando incontri per la prima volta ti sembra di conoscerle da sempre. Ci sedemmo e parlammo un po.' Mio padre se ne andò. Eravamo solo io e lui e mi invitò a sedermi con lui sul palco per tutto il set."

Durante l'adolescenza Blake suona nei locali di Philadelphia e dopo il diploma s'iscrive al programma di jazz della William Paterson University, studiando con Rufus Reid, John Riley e Steve Wilson.

Mentre frequenta ancora il college, Johnathan entra nella Mingus Big Band, grazie a John Stubblefield che lo raccomanda a Sue Mingus. Suona ogni settimana al Fez—un piccolo locale del Greenwich Village sotto il Time Café—avendo modo di acquisire un'importante esperienza professionale. Apprende allora ad essere un batterista energico e non solo cronometrico ed è in quell'organico che fa amicizia con Chris Potter.

Nel 2003 è nel quartetto di Brian Lynch e subito dopo incide con Alex Sipiagin, Jaleel Shaw, Marshall Gilkes, George Colligan. Interessato a perfezionarsi in composizione, Blake s'iscrive nel 2005 alla Rutgers University dove studia con Conrad Herwig e Stanley Cowell. Quest'ultimo ogni settimana gli fa comporre un brano per pianoforte, vincolato a un particolare set di parametri.

Sempre nel 2005 Johnathan entra stabilmente nel gruppo di Tom Harrell con cui va in tour e poi inciderà Light On e Prana Dance. Altri dischi di quegli anni lo vedono con la Mingus Big Band (Live in Tokyo at the Blue Note), Russell Malone, l'organ trio di Oliver Lake, Joe Locke, Donny McCaslin, Jack Walrath, Hans Glawischnig.Sempre più richiesto dai colleghi, inizia a collaborare con Kenny Barron e nel 2008 entra stabilmente nel trio e nel quintetto del pianista.

Il debutto discografico

Nel 2012 la Sunnyside pubblica il debutto da leader di Blake, The Eleventh Hour, che presenta sue composizioni (eccetto tre: di Tom Harrell, Robert Glasper e Randy Newman) eseguite con un organico scelto da anni. «Non volevo affrettarmi a mettere insieme una band—da detto ancora a Jazz Hot—Ho voluto pensare a ogni individuo che ho scelto e volevo essere sicuro che avremmo lavorato bene insieme. Non si tratta solo di mettersi insieme e fare musica. Si tratta di una relazione, di creare una famiglia e un senso di fratellanza».

La band vede Jaleel Shaw e Mark Turner ai sassofoni, Kevin Hays al Fender rhodes e al pianoforte, Ben Street al contrabbasso più alcuni ospiti che danno un alto contributo: Tom Harrell alla tromba, Gregoire Maret all'armonica, Robert Glasper al Fender rhodes e al pianoforte, Tim Warfield al sax tenore. Il risultato è un energico hard bop timbricamente variopinto, ricco di vorticosi assoli e ritmicamente tumultuoso. Elementi distintivi sono il rapporto tra la sinuosa armonica di Marét e le tastiere di Glasper nel primo e ultimo brano. Momenti originali sono "No Left Turn" e "Clues": il primo basato su una rielaborazione seriale del coltraniano "Miles' Mode" (era uno degli esercizi assegnatigli da Stanley Cowell) mentre il secondo presenta al contrario la melodia del monkiano "Evidence." Il brano "Rio's Dream," dedicato alla moglie, evidenzia l'accattivante vena melodica del batterista.

Il tributo ai maestri

Nel 2014 esce per la Criss Cross Gone, But Not Forgotten con Johnathan Blake a capo di un quartetto senza pianoforte parzialmente modificato con Chris Potter al posto di Jaaleel Shaw. Troviamo solo due brani del batterista perché il progetto è un tributo a grandi musicisti scomparsi che hanno svolto un ruolo nella sua maturazione. Alcuni poco noti come i concittadini Charles Fambrough, Trudy Pitts e James Simmons. Accanto alle loro composizioni ne troviamo altre di Jim Hall, Eddie Harris, Paul Motian, Mulgrew Miller, Cedar Walton, Neal Hefti.

L'album è stato registrato il 20 febbraio di quell'anno dopo una performance alla Jazz Gallery. La presenza di Chris Potter al sax tenore e flauto, contribuisce a realizzare un'opera incisiva, per niente nostalgica o celebrativa dell'hard bop ma di taglio contemporaneo. Gran parte dei brani sono dominati dal pregnante confronto tra i due sassofonisti che sviluppano lunghi interventi. Nella danzante ballad "Maracas Beach" la relazione tra il flauto di Potter e il sax tenore del partner è particolarmente fresca e seducente. I due originals di Blake sono dedicati rispettivamente alla figlia del sassofonista Jimmy Greene tragicamente uccisa in una strage scolastica ("Born Yesterday") e al bassista Dwayne Burno un altro Philadelphian morto prematuramente per una malattia renale ("The Shadower").

Trion

Dopo alcuni anni ricchi di impegni con Kenny Barron e con Dr. Lonnie Smith, il 2018 vede l'uscita di Trion, un doppio album che mostra le doti del batterista in un contesto di taglio contemporaneo, ricco di avventurosi confronti improvvisati. Partners di Blake sono Chris Potter al sax tenore e Linda May Han Oh al contrabbasso. L'organico nasce dall'esperienza nel 2015 di Potter e Blake con un altro pianoless trio comprendente il bassista Larry Grenadier. Esperienza ripetuta nei due anni successivi da Chris Potter con altri. Quando la Jazz Gallery offre una scrittura a Blake, questi ritenta la carta del trio senza strumenti armonici, chiamando la giovane bassista. «Linda non aveva mai suonato con Chris a quel tempo—ricorda il batterista—quindi è stato bello farli incontrare. Erano fan uno dell'altra e metterli sul palco è stato speciale. Abbiamo scoperto che le iniziali dei nostri cognomi si scrivono BOP, così abbiamo dato il concerto alla Jazz Gallery come BOP Trio ed è stato un successo».

Tra il pubblico c'è il fotografo e produttore Jimmy Katz che propone alla formazione d'incidere un doppio album con Blake in veste di leader. Il nuovo nome del trio è TRION, un termine preso dalla fisica a indicare quasi-particelle che si comportano come un'entità unica. Termine quanto mai appropriato, visto l'alto interplay che emerge dalle serate del 21 e 22 gennaio. Il repertorio vede prevalere i brani del batterista ma lo sviluppo di ognuno è liberamente improvvisato, in lunghe ed elettrizzanti esecuzioni che rasentano il free.

I sedici vibranti minuti di "Syncronicity 1," all'inizio del primo CD, danno la piena misura del concerto in termini di fantasiosa ed energica relazione e si ripropongono in "One for Honor" e in "Good Hope." Non mancano momenti distesi come il solo di contrabbasso in "Trope (Linda intro)," brani di forte impronta melodica come "Eagle" o rievocativi come "Relaxin' at the Camarillo." L'inventivo disegno ritmico-melodico di Linda Oh e il drumming articolato e costantemente interattivo di Johnathan Blake sono un costante stimolo per i torrenziali assoli di Chris Potter.

In parallelo alla pubblicazione del secondo e terzo album il prestigio di Johnathan Blake come batterista s'incrementa, riempendo d'impegni la sua agenda di lavoro. Ricordiamo la partecipazione agli album Data Lords di Maria Schneider; Without Deception di Dave Holland e Kenny Barron; Here Be Dragons di Oded Tzur; Evolution (2016), All in My Mind (2018) e Breathe (2021) di Dr. Lonnie Smith. Ed ancora le esibizioni con Pharoah Sanders e Ravi Coltrane.

Homeward Bound

Per il recentissimo Homeward Bound—il suo debutto da leader per la Blue Note—Blake aggiunge al suo stabile trio col bassista Dezron Douglas e il pianista David Virelles, il vibrafonista Joel Ross e il sassofonista contralto Immanuel Wilkins. Nasce un quintetto dalla fresca e palpitante energia, che riunisce alcuni dei nomi più creativi dell'ultima e ultimissima generazione. Il batterista sceglie il nome Pentad in quanto «ci rappresenta come cinque individui che si riuniscono per una causa comune: cercando di fare la musica più onesta possibile».

Il loro è un jazz fresco e palpitante, che celebra l'estetica hard bop (e le sue diramazioni coltraniane) in prospettiva contemporanea; che si snoda in percorsi senza cadute di tensione, ricchi di vorticosi assoli, cambiamenti di tempo e metro, luminose soluzioni timbriche (ad esempio il vibrafono di Ross con le tastiere di Virelles). Il virtuosistico drumming del leader non è mai sovrabbondante e stimola i solisti senza inutili protagonismi. Blake si conferma un autore raffinato, con composizioni dal disegno melodico affascinante, che non si dimenticano.

Come già aveva fatto in Gone But Not Forgotten con "Born Yesterday," Blake dedica un nuovo brano ("Homeward Bound (for Ana Grace)") alla scomparsa di Ana Marquez-Greene, la giovane figlia di suoi amici, uccisa in un'altra strage scolastica, quella di Sandy Hook (un ex studente sterminò 27 allievi). Dopo l'intervento in solo del batterista che apre l'album, il radioso svolgimento del brano ne ricorda l'infantile esuberanza e la gioia di vivere. Il prosieguo del disco vede temi in equilibrio tra melodie cantabili e incisivi assoli ("Rivers & Parks," "LLL"), eccentrici riferimenti al funk ("Shakin' the Biscuits"), una lirica nenia africana ("Abiyoyo") ed altro. Si conclude con una fantasiosa rielaborazione di "Steppin Out" di Joe Jackson con due entusiasmanti interventi di Wilkins e dello stesso Blake.

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