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I classici Xanadu - Seconda parte
ByKenny Drew
Home Is Where the Soul Is
2016
Valutazione: * * * *
Inutile ribadire l'importanza di Drew nel pianismo di scuola bop. Nei primi anni cinquanta, poco più che ventenne, virò nettamente dalla sua formazione classica per abbracciare il jazz moderno e lo stile di Bud Powell. In quel decennio si fece le ossa in decine di formazioni di primissimo piano (con Miles Davis, Sonny Rollins, Buddy DeFranco, Sonny Criss, John Coltrane) e alla guida di propri trio e combo. Giunto in Europa nei primi anni sessanta, finì per restarci a lungo stabilendo la sua base a Copenhagen, al celebre Jazzhus Montmartre. Sono numerose le sue incisioni per la locale etichetta SteepleChase e le collaborazioni con i colleghi americani in tour europeo.
Quest'incisione è frutto di un temporaneo ritorno negli Stati Uniti dell'ottobre 1978, dove Don Schlitten lo scritturò per un paio d'incisioni in California: la presente in trio e un'altra in quintetto con l'aggiunta di Sam Noto e Charles McPherson (poi edito col titolo For Sure ). Alla ritmica troviamo due maestri del West Coast Jazz, Leroy Vinnegar al contrabbasso e Frank Butler alla batteria. Il titolo del disco e il brano d'apertura ("Work Song" di Nat Adderley) evidenziano le scelte estetiche: un jazz impregnato di blues e soul, veemente e ricco di drive che tocca i suoi vertici nel brano omonimo e in "Three and Four Blues." Non mancano eleganti ballad come "Prelude to a Kiss," brani dinamicamente articolati e un magistrale piano solo ("Yesterdays"), dove la emerge la formazione classica di Kenny Drew, filtrata dall'amore per Art Tatum.
Dolo Coker
California Hard
2016
Valutazione: * * * *
Dolo Coker è uno dei grandi dimenticati del pianismo bop e questo disco documenta la sua prima session da leader, voluta da Schlitten negli ultimi giorni del 1976, quando Dolo era già prossimo ai cinquanta. Il 26 e 27 dicembre furono registrati due quintetti che variavano solo nel sassofonista: Harold Land oppure Art Pepper.
Gli altri strumentisti erano Blue Mitchell alla tromba, LeRoy Vinnegar al contrabbasso e Frank Butler alla batteria. In California Hard troviamo il sassofonista Art Pepper, ottimamente inserito nel clima boppistico della session. L'album ci ricorda che anche negli anni del West Coast Jazz bianco esisteva una Black California in piena sintonia con quanto accadeva a New York. Dolo fu un pianista influenzato da Bud Powell ma anche da Elmo Hope, come testimonia la serrata composizione d'apertura, "Jumping Jacks."
L'album è delizioso e particolarmente coinvolgente per l'eccellente condizione di tutti i musicisti. Dolo evidenzia il suo stile ritmicamente incisivo sia negli incalzanti assoli che nel sostegno e mostra profondità lirica in "'Round Midnight," eseguito in solo. Alcuni brani seguono lo svolgersi di una session lasciando spazio solista a Frank Butler ("Roots 4FB"), altro musicista dimenticato. In altri è Art Pepper a fornire la massima impronta col suo contralto ellitticamente incisivo ("Mr Yohe," "Tale of Two Cities"). Il contrasto tra questi e il pastoso timbro di Blue Michell è tra le cose più accattivanti del disco.
Frank Butler
The Stepper
2016
Valutazione: * * * ½
Ancora Dolo Coker, ma in qualità di sideman è presente in questo quartetto guidato da Frank Butler, comprendente Jack Montrose al sax tenore e Monty Budwig al contrabbasso. Quest'album documenta l'esordio da leader del notevole batterista che ha legato il suo nome a storiche incisioni del jazz californiano nero, accanto a Curtis Counce e Curtis Amy. Butler ebbe modo di collaborare anche con Duke Ellington, Miles Davis e John Coltrane ma furono tutte scritture brevi, forse a causa della sua tossicodipendenza. Dopo un lungo periodo di assenza dalla musica per seguire un programma di riabilitazione, ritornò in scena grazie al sostegno di Don Schlitten, per eclissarsi poco dopo.
A quest'incisione del novembre 1977 ne seguirà una seconda l'anno seguente, pubblicata col titolo Wheelin' and Dealin'. Qui si privilegiano momenti di serrata blowin' session, col batterista che assume anche un ruolo di protagonista mostrando un drumming inventivo e strutturalmente ambizioso: accade soprattutto nel lungo "The Stepper" e nel conclusivo "Urbane." Fanno eccezione la lirica versione di "Easy Living," esaltata dal caldo eloquio di Montrose e dal sensibile assolo di Coker.
Barry Harris
Live in Tokyo
2016
Valutazione: * * * * ½
Questo disco in trio di Barry Harris fu il primo di una trilogia live registrata in Giappone nell'aprile 1976, in concerti realizzati per promuovere l'etichetta Xanadu. Del quintetto di Charles McPherson abbiamo parlato nella prima parte di questo speciale sulla Xanadu mentre del trio guidato da Jimmy Raney scriviamo più avanti.
Barry Harris non ha bisogno di presentazioni. È uno dei massimi pianisti bop, attivo già dai primi anni cinquanta accanto a capiscuola come Charlie Parker, Max Roach e Miles Davis. Negli anni settanta incise parecchio per l'etichetta di Schlitten, sia in veste di sideman che di leader. Questo disco è tra i suoi migliori e ne mostra tutte le doti: lucidità di fraseggio sul modello Bud Powell, incalzante senso ritmico, ricca immaginazione melodica. Sam Jones al contrabbasso e Leroy Williams alla batteria contribuiscono alla riuscita dei temi, tratti da due concerti ripresi il 12 e il 14 aprile 1976. Nel repertorio spiccano classici di Bud Powell ("Dance of the Infidels" , "Un Poco Loco") e della prima stagione del bop come "Ornithology" di Parker, "A Night in Tunisia" di Gillespie e 'Round Midnight di Monk.
Sam Jones Changes & Things
2016
Valutazione: * * * *
Troviamo ancora Barry Harris, ma nel ruolo di sideman, in questo disco di Sam Jones, un altro dei musicisti preferiti dal proprietario della Xanadu. Bassista di grande agilità ritmica e intenso volume, Jones ha associato il suo nome alla stagione dell'hard bop più ritmico e vitale, nei "Jazz Prophets" di Kenny Dorham e coi fratelli Adderley, fino a collaborare a lungo col pianista Cedar Walton. Questo disco è uno degli ultimi a suo nome e dà anche la piena misura di Jones come solista.
Senza alterare gli equilibri del collettivo i suoi interventi sono molti e il suo pastoso walkin' bass è la spina dorsale dei brani, tutti nella classica sequenza tema-assoli-tema. L'organico è stellare e comprende Blue Mitchell alla tromba, Slide Hampton al trombone, il giovane Bob Berg al sax tenore, Barry Harris al pianoforte e Louis Hayes alla batteria. Un solido hard bop dunque, saldamente ancorato ai modelli degli anni cinquanta, in particolare nelle relazioni con blues e gospel.
Jimmy Raney
Live in Tokyo
2016
Valutazione: * * * * ½
Concludiamo infine con il trio di Jimmy Raney ripreso dal vivo nel citato tour giapponese dell'aprile 1976. Il chitarrista era tornato da un anno alla musica, dopo un buio periodo dovuto all'alcoolismo, e Schlitten l'aveva scritturato per l'album del ritorno, The Influence. Alla fine di quell'anno, dopo il tour in Giappone, il produttore gli farà incidere un disco in solo dai risultati magistrali. Che il quei mesi il chitarrista di Louisville fosse in piena forma lo conferma quest'incisione live, in trio con Sam Jones e LeRoy Williams.
Jimmy Raney è stato uno dei più raffinati stilisti delle sei corde nel jazz: benchè dotato di una tecnica superlativa, evidente nel travolgente fraseggio, la sua grandezza poggiava nel lirico e avventuroso eloquio armonico e melodico, capace di mille sottigliezze e caratterizzato da un sound unico, morbido e ovattato. In questo disco ogni brano è un momento esemplare per apprezzare la sua classe. Tra tutti spiccano le preziose versioni di "Darn That Dream" ("la cosa migliore che ho mai realizzato" disse lo stesso Raney riascoltando il nastro) e "How About You?." Ed ancora il serrato, quanto logico, sviluppo improvvisato in "Just Friends" e "Cherokee." Tanto per non dimenticare Charlie Christian e le radici bop.
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