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La vita e la musica di Makaya McCraven

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Un ritratto di Makaya McCraven deve necessariamente considerare la mutazione antropologica che è avvenuta nell'ultima generazione di musicisti afroamericani che si spingono oltre la tradizionale sintesi tra jazz e generi popolari, usando creativamente la tecnologia sperimentata nell'ultimo trentennio dai DJ e produttori dell'hip-hop e della club culture.

Le musiche di questo tumultuoso torrente si presentano con sempre nuove combinazioni in un caleidoscopio di suoni acustici ed elettronici, laceranti improvvisazioni su basi iterative, tecniche di campionamento e remixaggi in una generale enfatizzazione di ritmi jungle, esalazioni trip hop con echi di funk, soul, modal e spiritual jazz. Se Robert Glasper, Kendrick Lamar e la nuova scena musicale inglese di Shabaka Hutchings, Nubya Garcia, Moses Boyd, Binker Golding eccetera hanno catalizzato l'attenzione del pubblico giovanile, la musica di Makaya McCraven non ha ancora raggiunto il grande pubblico, soprattutto in Europa.

Negli ultimi due anni però la critica ha "drizzato le antenne" acclamando due suoi dischi francamente strepitosi: Universal Beings (International Anthem 2018) e We're New Again (XL Recordings 2020) in cui Makaya espone tutte le sue doti di compositore, produttore e batterista.

Makaya McCraven è risultato primo batterista e produttore emergente nell'ultimo critics poll di Down Beat, che nel numero di novembre 2020 l'ha incluso tra i 25 musicisti aventi «la potenzialità di determinare la direzione del jazz nel prossimo decennio». Il nuovo corso espressivo nasce prima dei dischi citati e si manifesta nel 2015 con l'uscita di In the Moment pubblicato sempre dall'innovativa etichetta International Anthem. Lì il batterista inaugura i suoi innovativi concetti produttivi: nastri di esecuzioni live di suoi gruppi remixati in post produzione, con innesti di elettronica ed elementi musicali hip-hop.

Un flusso elettroacustico avvolgente e ritmicamente iterativo, in cui convivono le forme storiche e la spontaneità del jazz con raffinate soluzioni elettroniche. La mente dei cultori del jazz va subito all'innovativo lavoro di Teo Macero con Miles Davis: ma ora le tecnologie e le soluzioni elettroniche in gioco sono differenti, certo più vicine ai lavori di J.Dilla. Il metodo di Makaya è un'estensione di quelle intuizioni e giunge alla composizione a partire da improvvisazioni strumentali.

Makaya sviluppa l'idea nel 2013, stimolato dal groove della performance del chitarrista Jeff Parker con un DJ in un bar di Chicago e inizia a registrare le sue esibizioni con piccoli gruppi. Diciannove di quelle esecuzioni, riprese tra il marzo 2013 e il gennaio 2014, rielaborate dal batterista con alterazioni metriche, tastiere aggiunte, loops, synth pads eccetera, costituiscono il disco della svolta. Ma andiamo per ordine.

Makaya McCraven nasce a Parigi il 18 ottobre 1983 dal batterista jazz afro-americano Steve McCraven e dalla cantante/flautista ungherese Agnes Zsigmondi. All'età di tre anni segue i genitori a Northampton (Massachusetts) e nella prima infanzia è esposto ad una vasta gamma di stimoli musicali: i dischi del folklore balcanico della madre e il jazz del padre, a lungo partner di Archie Shepp, David Murray, Sam Rivers e Yusef Lateef. Apprende a suonare la batteria dal padre e al liceo fonda con alcuni amici la funk/hip-hop band Cold Duck Complex che incontra un buon successo di pubblico. «Sono cresciuto studiando jazz per raggiungere una tecnica magistrale—ha detto al Chicago Magazine—Ma da giovane ascoltavo A Tribe Called Quest, Busta Rhymes, Nas e Biggie proprio come tutti gli altri. Era quella la nostra generazione».

Makaya s'iscrive poi alla Massachusetts University nella vicina Arherst ma non si laurea per il troppo impegno coi Cold Duck Complex e in altri gruppi. Il jazz non fa ancora parte dei suoi interessi ma la svolta significativa avviene nel 2007, all'età di 24 anni, quando segue la futura moglie a Chicago, assunta dalla Northwestern University come docente di antropologia. In quella città Makaya amplia notevolmente le sue esperienze musicali: «La scena di Chicago mi ha incluso subito—ha detto in un'intervista a Chris May, sulle pagine di All About Jazz-Ho avuto modo d'incontrare altri giovani afro-americani oppure musicisti della mia età che suonavano straight-ahead o avant-garde ma ascoltavano anche hip-hop, house music e rock contemporaneo. Mi sono integrato velocemente in quella comunità (...) Accanto a Cold Duck Complex mi guadagnavo da vivere come sideman ed ero versatile. Potevo suonare con una blues band, con musicisti africani oppure musica folk dell'Europa dell'Est, reggae, straight-ahead e avant-garde».

In ambito jazzistico partecipa alle jam session settimanali organizzate dal sassofonista Fred Anderson al Velvet Lounge, entra nel trio del chitarrista Bobby Broom, collabora col veterano pianista Willie Pickens e col quartetto della contrabassista Marlene Rosenberg. Con quest'ultima incide Bassprint, pubblicato nel 2012, e nello stesso anno debutta da leader, sempre in ambito modern mainstream, con Split Decision, in trio con Andrew Toombs al pianoforte e Tim Seisser al basso.

In the Moment

Registrato tra l'agosto e il novembre 2011 quest'ultimo lavoro evidenzia il suo drumming tecnicamente scintillante, fonte incalzante d'impulsi e alterazioni ritmiche. Nei tre anni che lo portano a realizzare In The Moment McCraven comincia a sviluppare le concezioni musicali per le quali lo hanno definito beat-scientist. Tutto inizia nelle serate d'agosto 2012 del programma "Trio in Curio," lunedi e martedi al Gilt Bar di Chicago, dove Makaya si presenta col trombettista Marquis Hill e il bassista Matt Ulery.

Scott McNiece, uno dei fondatori dell'etichetta International Anthem lo invita a esibirsi settimanalmente nel nuovo locale The Bedford per registrare le serate con piccoli organici. Le esibizioni del 2013 vedono assieme al batterista ancora Marquis Hill e Matt Ulery, più i bassisti, Joshua Abrams e Junius Paul, il sassofonista Tony Barba, il vibrafonista Justin "Justefan" Thomas e Jeff Parker. Da allora quest'ultimo chitarrista (già Tortoise e Chicago Underground Trio) è diventato il suo principale partner assieme a Junius Paul.


Ma, come detto, quei nastri live vengono ampiamente rielaborati in post-produzione dal batterista. In alcune interviste pubblicate sul web, Makaya chiarisce l'estetica e le tecniche: «Mi piace lavorare non solo come batterista o strumentista in generale—dice su aquariumdrunkard.com -ma come un artista, un creatore o un produttore in coordinamento con altri artisti. Quando ho iniziato ad applicare quei concetti sulla sfera strumentale, ho iniziato a sviluppare quest'ibrido di stili—come appare negli ultimi miei dischi—prendendo parti strumentali e aggiungendo elementi in post-produzione oppure riformulando il suono con l'elettronica».

«Per me il termine sampling significa prendere determinati suoni e ripensarli in modo nuovo—aggiunge su hhv-mag.com -Non considero il lavoro sui miei dischi un remix. Prendo frammenti musicali e brani e li unisco assieme. Sono stato definito un beat-scientist ma io mi vedo come un beat-archeologist. Tagliare e affettare è per me l'arte di seguire il processo e apprendere cosa voglio realizzare tramite tentativi ed errori. Studiando la musica hip-hop ho appreso che c'erano cose che non potevi fare con gli strumenti musicali. Non cerco di fare del free jazz da tutto ciò. Cerco solo di creare la migliore musica possibile e non so neppure se chiamarla jazz. È un termine adatto per indicare cosa faccio ma forse non è necessario etichettarla in questo modo».

La creatività progettuale di Mc Craven è ben espressa dalle due successive uscite di quel disco. In the Moment Remix Tape è stato pubblicato il 22 settembre 2015 e raccoglie 22 brani rielaborati in prima istanza da nove produttori/beat maker internazionali. Makaya ha poi "remixato" i loro remix inserendo nuovi elementi ritmici e ricampionando i precedenti campionamenti.

Il 15 dicembre 2015 l'etichetta International Anthem ha pubblicato in vinile In the Moment E & F Sides, altre nove tracce dalle sessioni originali, molto interessanti per i contenuti jazzistici. Il 18 marzo 2016 Piccadilly Records ha realizzato una splendida edizione raccogliendo tutto il materiale in un doppio CD (e triplo Lp) col nome In the Moment—Deluxe Edition.

Nel novembre 2016 il batterista conduce un set improvvisato alla Danny's Tavern, un bar della zona Nord di Chicago destinato alla demolizione. Assieme a Nick Mazzarella al sax contralto, Ben LaMar Gay alla cornetta e il bassista Junius Paul si relaziona al lavoro del DJ belga LeFtO, uno dei massimi esponenti della Club Culture europea. Makaya registra la serata nel suo recorder Tascam a 4 tracce e riassembla come al solito il tutto, realizzando il mixtape Highly Rare (International Anthem 2017). Il risultato finale delle molteplici operazioni è un visionario percorso con lunghi interventi strumentali d'avanguardia che fluttuano su una massiccia base ritmica hip-hop. Ma non c'è solo questo. In "Venus Rising" il ritmo si spegne e gli strumenti improvvisano liberamente in un acceso clima post-free. "Left Fields" si snoda lentamente per 11 minuti con ipnotiche sequenze etniche che ricordano Alice Coltrane o Yusef Lateef. "Early Bird Once Again" fonde con un effetto straniante un canto gospel iterato (Mahalia Jackson?) su una base techno-rumoristica.

Universal Beings

È l'album che consacra definitivamente Makaya tra le massime personalità emergenti del jazz, inciso tra l'agosto 2017 e il gennaio 2018 con quattro differenti organici in quattro città: New York, Chicago, Londra e Los Angeles.

Pubblicato nell'ottobre 2018 è un'opera magistrale per l'equilibrio con cui Makaya integra i vari elementi del suo universo espressivo e per i fantasiosi interventi di Joel Ross, Tomeka Reid, Brandee Younger, Shabaka Hutchings, Nubya Garcia e Jeff Parker.
Per maggiori dettagli rimandiamo alla recensione di Vincenzo Roggero. Prima di aggiungere alcune considerazioni su questo lavoro è opportuno però ricordare le incisioni realizzate in quei mesi o poco prima.

Pubblicato il 1° settembre 2017 dal collettivo Grown Kids Radio, Raws: La—Law and Low Creation documenta un concerto tenutosi al Del Monte Speakeasy di Venice, Los Angeles e piacerà molto agli amanti del jazz poco contaminato dalla tecnologia. Makaya McCraven guida un quartetto con Jeff Parker alla chitarra, "Justefan" al vibrafono e Benjamin Shepard al basso sviluppando un delizioso set che potremmo definire a metà tra il modern mainstream e la storica fusion con lunghe improvvisazioni di Justin "Justefan" Thomas e di Jeff Parker.

Where We Come From (Chicago X London Mixtape) è un mixtape e un vinile 12" pubblicato tre mesi prima di Universal Beings e documenta altre registrazioni di Makaya (con Nubya Garcia, Kamaal Williams, Theon Cross, Joe Armon-Jones e altri) al londinese Total Refreshment Centre negli stessi giorni delle live sessions presenti in Universal Beings. Il risultato finale è il frutto di una stratificazione di remixaggi effettuati prima a Londra da alcuni DJ's e poi dallo stesso Makaya a Chicago. All'inizio i vari brani dovevano servire come bonus tracks per Universal Beings ma il risultato è apparso così riuscito da far decidere per una pubblicazione autonoma.

Tornando ad Universal Beings ci limitiamo a sottolineare alcuni momenti salienti. L'album eccelle per le fresche soluzioni timbriche e ritmiche in quadri lentamente iterativi anche se abbiamo interventi individuali articolati e veementi. La session più scontata a nostro avviso è quella londinese (con Garcia, Henry e Casimir) mentre il sestetto losangelino offre le situazioni più intriganti, anche grazie al fantasioso chitarrista Jeff Parker sia nei momenti solisti ("Turtle Tricks") che di sostegno ("The Fifth Monk"). Nei restanti due organici non mancano certo momenti irresistibili. La violoncellista Tomeka Reid svolge un ruolo cardine nel sostegno contrappuntistico e nei dialoghi con l'arpista Brandee Younger ("Holy Lands") e Shabaka Hutchings. Il suo confronto improvvisato col sassofonista nel tumultuoso "Atlantic Black" è il momento più avvincente dell'album.

Nel 2020 McCraven pubblica due album da leader: una raccolta di out-take dalle session di Universal Beings intitolata Universal Beings E & F Sides (International Anthem) e il personale tributo a Gil Scott-Heron intitolato We're New Again: A Reimagining By Makaya McCraven (XL Recordings).

Il primo album si distingue per l'originalità delle forme rispetto al precedente: un poliedrico caleidoscopio che si snoda in quattordici tracce (poco più che bozzetti) con un occhio attento al sound e al groove ritmico com'è giusto che sia per una musica che rivendica criteri di fruizione diversi, privilegiando la dimensione corporea e la danza piuttosto che l'analisi intellettuale. In controtendenza l'evanescente astrattezza di Shabaka Hutchings in "The Loneliness" e il magniloquente intervento jazzistico di Soweto Kinch che caratterizza "The Way Home." I brani del disco sono stati usati per il documentario di Mark Pallman su McCraven intitolato Universal Beings.

We're New Again

L'omaggio a Gil Scott-Heron riguarda la riscrittura di I Am New Here, l'ultimo album del grande musicista e poeta. «Non ho scelto io il disco—ha detto Makaya a DownBeat—È il disco che ha scelto me. Sono stato contattato da Richard Russell che aveva prodotto il disco originale con Gil e mi ha chiesto di fare una sorta di remix. Sono stato sorpreso e onorato di quella considerazione».

La stampa specializzata ne ha parlato molto e saremo sintetici. Quel disco era già stato remixato poco tempo dopo la morte di Scott-Heron dal DJ e produttore britannico Jamie XX che -nel confronto-mostra i suoi limiti. Il lavoro di Makaya non è un semplice remix ed è folgorante. L'originalità del batterista/arrangiatore sta nell'aver reinventato nuove musiche per le parti vocali di Scott-Heron, riuscendo a conservare intatto il pathos di quei brani nel nuovo contesto. Un'operazione rischiosa per il pericolo di stravolgere l'originale, restarne soggiogati o limitarsi a un banale remix. McCraven infonde invece nuova vita al testamento artistico ed esistenziale di quell'autore, offrendo pagine memorabili. Come altri giovani artisti afro-americani, McCraven guarda alla musica afroamericana al di là degli steccati stilistici, ridefinendone l'identità con una sintesi che unisce il jazz ai nuovi generi popolari. In questo Scott-Heron fu un precursore e diventa un legame con le radici, a partire dal blues. Non a caso tra i momenti esaltanti del disco abbiamo "The Crutch" e "Me and the Devil" di Robert Johnson, entrambi caratterizzati dalla chitarra di Jeff Parker.

L'ultimo lavoro che ricordiamo da quel magnifico 2020 di Makaya McCraven è Moving Cities, realizzato in collaborazione col trombettista e compositore francese Antoine Berjeaut che l'ha progettato per poi svilupparlo in live sessions tenutesi a Parigi e Chicago. Le improvvisazioni sono state rielaborate al solito in post-produzione da Makaya mantenendo un forte mood jazzistico.

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