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Paul Bley Trio: Floater & Syndrome The Upright Piano Sessions Revisited
ByCon Floater & SyndromeThe Upright Piano Sessions siamo di fronte a una serie di registrazioni tra le più intense e significative di Paul Bley e del jazz contemporaneo. Furono effettuate in due sessioni, nell'agosto 1962 e nel settembre 1963, dal trio che abbinava al pianista canadese un giovanissimo Steve Swallow, poco più che ventenne all'epoca delle incisioni, e il batterista Pete La Roca, allora un paio di anni più anziano del bassista, ma già coinvolto in importanti lavori e concerti, tra gli altri con Sonny Rollins, John Coltrane, Jackie McLean, Tony Scott.
Furono pubblicate originariamente dall'etichetta Savoy con il titolo Footloose!, poi nella loro completezza in due dischi separati degli anni Ottanta, che appunto portavano i titoli di Floater e Syndrome, da due brani di Carla Bley che comparivano tra gli altri. L'attuale titolo pone l'accento sul fatto che il piano utilizzato per quelle sessioni fosse un semplice strumento verticale. La cosa non pregiudica affatto la plasticità e la ricchezza timbrica del lavoro di Bley. Siamo di fronte ai primi mattoni di un lavoro che si dipanerà lungo tutta la vicenda artistica di Bley.
La varietà di umori e di occasioni dialogiche, la spinta verso nuovi orizzonti di libertà sono messe in brillante risalto dal lavoro di questo trio, in costante sintonia su un catalogo che comprende due brani di Ornette Coleman, il danzante "When Will the Blues Leave," le cui sfumature caraibiche sono magistralmente illuminate dal pianista, e l'intricato "The Circle With The Hole in the Middle," che dà modo a Bley di correre con la ben conosciuta spigolosa fluidità, in contrasto dialogico con la scalpitante batteria di La Roca e sul sinuoso, variabilissimo walking di Swallow. Ornette, insieme a Don Cherry, era stato protagonista dell'incontro con Bley nel 1958 a Los Angeles, caldeggiato da Billy Higgins e Charlie Haden, che già suonavano nel quintetto del pianista. Una collaborazione immortalata dalle registrazioni Live at the Hillcrest Club, effettuata poco dopo il debutto discografico di Coleman per la Contemporary.
Nell'autobiografia Liberare il tempo, pubblicata nel 2022 in edizione italiana nella bella collana Chorus di Quodlibet, Bley ricorda come ogni brano di Ornette partisse da premesse differenti, stimolando un'improvvisazione libera da vincoli, "con la sezione ritmica che continuava a seguire l'andamento delle parti scritte, per cui ogni chorus era un susseguirsi di tempi diversi." Ricorda ancora Bley: "D'un tratto, ci apparve chiaro che lo sviluppo dell'improvvisazione poteva essere determinato dalle premesse, dalle condizioni date su cui si improvvisa." Sono stimoli inediti, che andranno a comporsi con gli altri, innumerevoli elementi dell'indole esplorativa di Bley, disegnando un lavoro incredibile per profondità e coerenza artistica, del quale queste registrazioni rappresentano una serie di tessere significative.
Larga parte del repertorio dell'album è formato da pezzi di Carla Bley, ben cinque su tredici. Il tema agrodolce di "Syndrome" si adatta perfettamente alla ricerca messa in atto dal pianista con questo trio, dove la ritmica si pone in bilanciamento dialettico tra linearità e spazialità, spingendo in modo garbato ma tenace verso una lacerazione del linguaggio consolidato. Il tema fulminante, quasi aforistico di "Around Again" offre a Bley l'occasione di affondare le unghie nella lacerazione, tra momenti di asciutto lirismo e di astrazione.
Ma non è il caso di addentrarsi nella descrizione dei singoli brani, già tanto conosciuti e spesso riproposti da Bley negli anni successivi. Più importante è sottolineare il momento in cui queste registrazioni si collocano nella vicenda del pianista, dove la sua attenzione ironica, acuta, trasgressiva si rivolgeva agli stimoli già ricordati di Ornette, alle composizioni di Carla, esortate dallo stesso Bley. O ai brani da lui stesso scritti, tra cui le tre "Ballad," primi sintomi di una pratica che lungo tutta la vicenda artistica il pianista ha frequentato, con immensa dote poetica rivolta all'indeterminato, all'eventuale, al possibile.
È però opportuno ricordare il brano di David Baker, "Stereophrenic." Splendido musicista, compositore, arrangiatore, didatta, purtroppo rimasto nelle pieghe della storia. Nominato tra le stelle nascenti nel 1962 da Down Beat, già presente l'anno prima nel sestetto stellare di George Russell, dove accanto al suo trombone figuravano Eric Dolphy e Don Ellis. Ezz-Thetics l'album (appunto) e Swallow era al contrabbasso.
Questa noticina ha lo scopo di ricordare la rete prolifica di relazioni in cui era coinvolto Bley in quel periodo: Jimmy Giuffre, Russell, Rollins, Ran Blake, Charles Mingus. Con quest'ultimo era stato pubblicato nel 1953 dall'etichetta Debut il primo album di Bley. Russell aveva inserito Bley nel proprio album Jazz in the Space Age del 1960, stimolando un prodigioso dialogo di pianoforti, che sull'altro versante vedeva nientemeno che Bill Evans.
Swallow, consigliato a Bley da Blake, aveva suonato a lungo in duo con il pianista, partecipando poi alla redazione del nuovo trio di Giuffre, naturalmente con lo stesso Bley, che nel '61 aveva girato l'Europa con la propria musica di alta qualità innovativa e aveva registrato due dischi per la Verve, poi ripubblicati da ECM. Giunto proprio nel bel mezzo di una stagione fertilissima, questo Floater & Syndrome ne è un frutto sapido, in grado ancora oggi di dare spazio allo stupore.
Album della settimana.
Track Listing
When Will the Blues Leave; Floater; Stereophrenic; The Circle with the Hole in the Middle; Around Again; Syndrome; Cousins; King Korn; Vashkar; Ballad No. 1; Ballad No. 2; Ballad No. 4; Turns.
Personnel
Album information
Title: Floater & Syndrome The Upright Piano Sessions Revisited | Year Released: 2025 | Record Label: Ezz-thetics
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