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Mantova Jazz Festival 2024

Courtesy Rocco Delillo
Teatro Ariston, Auditorium Monteverdi
Mantova Jazz 2024
Mantova
11 ottobre16 novembre 2024
Il Mantova Jazz Festival conferma la sua rilevanza tra le rassegne autunnali italiane continuando a selezionare proposte d'alto profilo nel panorama nazionale e internazionale. Il festival prende il nome da Roberto Chiozzini, storico fondatore negli anni cinquanta del Circolo Jazzistico Mantovano, ed è quest'anno dedicato a Enzo Galetti, l'inseparabile partner che ha concorso a formare la cultura jazzistica cittadina. Una tradizione che alimenta il presente e continua a ottenere ampio successo di pubblico.
La formula di quest'anno era "Altre ricette per un mainstream progressivo" proseguendo nell'esplorazione della passata edizione. I cinque concerti hanno presentato il piano solo di Fred Hersch, il quartetto di Peter Erskine, il Gramelot Ensemble di Simone Guiducci con Ralph Alessi, i quartetti di Donny McCaslin e di Federico Negri, il settetto di Taylor Eigsti.
11 ottobre
L'inaugurazione del cartellone, al Teatro Ariston, è spettata al gruppo di Peter Erskine, con Bob Mintzer al sax tenore, Alan Pasqua al pianoforte e Darek Oles al contrabbasso. Dopo Berlino e Budapest il loro tour europeo d'ottobre ha toccato altre città italiane. Gli stessi musicistisenza Mintzerformano un trio documentato da un bel live italiano del 2021. Ora con il sassofonista in front line la fisionomia è mutata a favore di un'elegante classicità jazzistica ed il trio s'è posto al servizio di Mintzer, che ha svolto il ruolo di protagonista. Un organico comprendente storici esponenti della fusion come il sassofonista (Yellowjackets), il batterista (Weather Report) e il tastierista (i Lifetimes di Tony Williams) ha presentato un mainstream d'alta classe, privilegiando fragranza dei temi e sobrietà degli interventi. Bob Mintzer divide la sua carriera tra l'insegnamento, la direzione d'orchestra e il lavoro solista che resta magnetico. Il suono è suadente e ogni assolo è sviluppato con riflessiva profondità. Il set ha presentato alcune ballad ("When I Fall in Love," "For All We Know" o una magica "Easy to Love") e brani originali come "Few Good Notes" di Mintzer, "Gumbo Time" di Pasqua e il dinamico "David's Blues," dedicato da Erskine a David Baker, suo docente all'Indiana University e mitico bandleader.26 ottobre
Com'è tradizione del festival, erano di scena due gruppi italiani: il quartetto di Federico Negri e il Gramelot Ensemble di Simone Guiducci. Il primo gruppo ha aperto la serata all'Auditorium Monteverdi presentando i brani del suo disco My Quiet Place. Sul palco il pianista Alfonso Santimone sostituiva Paolo Birro mentre erano confermati il sax contralto Manuel Caliumi e il contrabbassista Martino De Franceschi. Autore di tutte le composizioni, Negri è un emergente batterista e compositore dalla vena introspettiva come evidenziava già il radioso svolgimento di "Whisting," primo brano del set.Il prezioso apporto armonico di Santimone ha contribuito al sofisticato lirismo della musica, che sa anche essere ricca di drive nella relazione tra l'incalzante e vorticoso drumming del leader, il pulsante basso di De Franceschi e l'eloquio avventuroso di Caliumi. Quest'ultimo continua a impressionare per la bella voce strumentale ed i fervidi interventi. Del set ricordiamo ancora le radiose atmosfere di "Castle," l'intima ballad "Lou" (con un cantabile assolo di contrabbasso) e "Big Boat," dalla smagliante tensione ritmica che ha concluso il set tra forti applausi.
Il secondo set ha presentato il Gramelot Ensemble di Simone Guiducci, tornato in scena dopo una decina d'anni di assenza. L'ensemble ha quasi trent'anni di vita, inciso una decina di album, ed ha mantenuto intatto il nucleo identitario, fondato su fascinosi percorsi timbrico-ritmici, che coniugano il jazz con le musiche popolari italiane. Un risultato ottenuto grazie alla leadership di Guiducci e alla stabile relazione artistica con i suoi partner: Ralph Alessi alla tromba, Achille Succi ai clarinetti, Oscar Del Barba al pianoforte, Fausto Beccalossi alla fisarmonica, Salvatore Maiore al contrabbasso, Andrea Ruggeri alle percussioni. Dopo anni di lavoro sulla chitarra acustica, Guiducci è tornato a suonare lo strumento elettrico, avvicinandosi alle soluzioni timbriche di Pat Metheny.
La freschezza danzante del primo brano ("Ammentos" di Salvatore Maiore) ha dato piena misura del fascino del gruppo, che ha presentato un repertorio nuovo, appena inciso un album di prossima pubblicazione. Le nuove composizioni (il contributo di Del Barba nelle orchestrazioni è stato centrale), mantengono un nucleo cantabile e spaziano tra episodi danzanti o concitati, ed altri lenti e nostalgici. La relazione timbrica tra il clarinetto basso di Succi e la tromba di Alessi è uno degli aspetti attrattivi della formazione, tanto quanto gli innesti di fisarmonica e contrabbasso. Ma non c'è solo l'aspetto timbrico: le improvvisazioni sono pregnanti e spingono molti brani ai confini dell'avanguardia. Un jazz di forte impatto dunque, tanto affascinante quanto incisivo, che trae linfa dall'estro individuale e dalle reciproche relazioni. Di questo ed altro abbiamo parlato con Guiducci in una recente intervista.
31 ottobre
Con il quartetto di Donny McCaslin, una delle espressioni più potenti della contemporaneità ha fatto il suo ingresso a Mantova Jazz. Com'è noto l'organico (con Mark Guiliana alla batteria) ha svolto un ruolo centrale in Blackstar, l'ultimo acclamato album di David Bowie. I successivi lavori della formazione hanno reso evidente il marcato mutamento d'estetica con una tempesta sonora fortemente impregnata di rock ed Electronic Dance Music.Anche se il nuovo corso è frettolosamente attribuito all'influenza di Bowie, il sassofonista già dal 2012 aveva intrapreso con l'album Casting for Gravity quell'integrazione di generi che trova ora il suo epilogo in I Want More. Accompagnato dal quel geniaccio di Jason Lindner alle tastiere, dal bassista Tim Lefebvre e dal batterista Zach Danziger (al posto di Guiliana), Donny McCaslin ha iniziato il concerto con "Stria" il brano di punta del suo repertorio. Dopo una breve introduzione sintetizzata il sax tenore ha iterato la frase centrale del tema per poi sviluppare le sue variazioni in un clima sempre più marcato.
Sassofonista fantasioso, tra i massimi della sua generazione, McCaslin introduce suoni lancinanti in un fraseggio elettrizzante, sostenuto dai visionari fondali di Lindner e da un'implacabile spinta ritmica. Nel corso del set il gruppo ha alternato brani nuovissimi come "Creedy" ad altri tratti dall'ultimo disco come "Fly My Space Ship" intriso di reggae e il frenetico "Body Blow." Nel bis il clima s'è fatto pacato con un'intensa versione di "Lazarus" dal disco citato di Davis Bowie.
5 novembre
Un plauso agli organizzatori che hanno presentato l'unica data italiana del mini tour di Fred Hersch. Un concerto in prima europea, che ha anticipato quelli parigini del 6 e 7 novembre ed i successivi quattro previsti in Olanda. L'esibizione del pianista di Cincinnati ha ammaliato il pubblico dell'auditorium per la profondità delle sue esecuzioni, in magistrale equilibrio tra jazz moderno e statura accademica. Strumentista enciclopedico al pari di Kenny Barron ma più avanzato nella ricerca, Hersch ha confermato d'essere tra i massimi pianisti in attività, per l'assoluto controllo degli sviluppi improvvisativi e una poeticità così intensa da diventare struggente.Il concerto è iniziato con "Akrasia," sua composizione tratta dall'ultimo album ECM Silent, Listening ed è andato avanti per 100 minuti alternando famosi standard (i successivi "O grande Amor" e "Whisper Not," un toccante trittico con "With a Song in My Heart," "I Fall in Love Too Easily" e "This Is Always," fino a "All of Me") a composizioni originali.
Singolare anche in questo, Fred Hersch non è venuto a promuovere il suo ultimo album e la scelta tematica ha spaziato in piena libertà, seguendo il suo flusso di coscienza. In essa affioravano echi di Lennie Tristano, Bill Evans, dei pianisti jazz del primo Novecento e dei compositori classici europei. Improvvisatore magistrale, Hersch sa destrutturare i temi con sapienza, reiventandoli con sorprendenti riarmonizzazioni, linee ritmiche danzanti e preziosi incastri contrappuntistici in continuo movimento. Il confronto con le asimmetrie monkiane è stato un altro momento clou del concerto, per l'equilibrio tra complessità tecnica e audacia improvvisativa coerente col materiale tematico. Esemplari le esplorative interpretazioni di "'Round About Midnight" e "Bemsha Swing." Con insistenti applausi Hersch è stato richiamato sul palco tre volte. Nel primo bis ha eseguito con dolcezza la ballad di Billy Joel "And So It Goes"; nel secondo una sorprendente reinterpretazione del corale di Bach "Wachet auf, ruft uns die stimme BWV 645" fino a chiudere brevemente ancora con Monk.
16 novembre
Il concerto conclusivo della rassegna ha presentato il gruppo di Taylor Eigsti, uno dei pianisti e compositori statunitensi più stimolanti della sua generazione. Con il penultimo album Three Falls il musicista californiano ha vinto il 66° Grammy nel 2022 per il miglior album strumentale contemporaneo e ora presenta alcuni brani dal nuovo Plot Armor. Il 2024 lo ha impegnato in tre differenti tour con oltre cinquanta concerti in USA, Asia e Europa e la tappa mantovana ha preceduto quella londinese al Ronnie Scott's. Un bel colpo per il festival considerando che le date europee erano solo nove.Taylor Eigsti ha confermato d'essere un pianista e leader fantasioso. Ha presentato una formazione ridotta rispetto all'ultimo disco, comprendente alcuni dei suoi più intimi collaboratori come il sassofonista Ben Wendel, i cantanti Gretchen Parlato e Casey Abrams e altri partner di valore come il bassista Jonathan Maron, il tastierista Reggie McNeil e il batterista Zack Graybeal. Che il suo crossover musicale sia tra i più accattivanti e variopinti della scena attuale lo s'è visto dai primi brani: il danzante "Plot Armor" tratto dall'omonimo disco; il serrato "Bucket of F's" con Wendel protagonista; le due ricercate interpretazioni della Parlato (lo shorteriano "Ju Ju" e il suo "Butterfly") e quella calda di Casey Abrams in "Skylark." Il cantante californiano ha caratterizzato la seconda parte della serata col vivace groove di "Accidentally" e "Play with me" (in duo con Gretchen) dall'album Three Falls. Sottolineamo poi il contributo essenziale Ben Wendel in ogni momento, con il timbro suadente e l'incedere eclettico degli assoli. Finale coinvolgente con Abrams protagonista al basso elettrico e canto, col suo personale hit "Stuck in London" dall'album omonimo di 10 anni fa. Fresche vibrazioni soul per concludere in bellezza il concerto e la rassegna.
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