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Peter Bernstein Quartet al Teatro Franco Parenti di Milano
Rassegna "Jazz al Parenti"
Teatro Franco Parenti
Milano
22.03.2015
Il secondo appuntamento di Jazz al Parenti, nuova rassegna milanese dedicata al jazz curata da Gianni Morelenbaum Gualberto (direttore artistico anche di Aperitivo in Concerto, manifestazione che si tiene invece al Teatro Manzoni da 30 anni), ha avuto come protagonista il chitarrista newyorchese Peter Bernstein, classe 1967, affiancato da Sam Yahel al piano, Omer Avital al contrabbasso e Gregory Hutchinson alla batteria.
Bernstein fa parte, ha spiegato il curatore presentando il concerto milanese, di quella schiera di jazzisti considerati mainstream, che costituisce il linguaggio corrente della musica improvvisata. Un linguaggio che si basa sull'esperienza dei grandi protagonisti storici della musica afro-americana e che però nei decenni non è mai rimasto uguale a se stesso. Anzi si è continuamente rinnovato, innovando e rielaborando continuamente i valori e gli standard della tradizione. Una musica "classica" che vive nella contemporaneità ed è capace di captarne gli umori e le sensibilità, senza tradire i canoni dil genere. Ebbene, Bernstein è certamente uno dei modelli migliori di questa classicità. Presentato come "il chitarrista di Sonny Rollins" (oltre al leggendario sassofonista, il nostro ha collaborato con Joshua Redman, Lou Donaldson, Jim Hall, Tom Harrell, Joe Lovano, Roy Hargrove, Larry Goldings, Maceo Parker, Javon Jackson, Lee Konitz, Walt Weiskopf, Jack McDuff, Charles Earland, Brad Mehldau e Eric Alexander, solo per citarne alcuni) non ha deluso le aspettative proponendo un post be-bop elegante, fluido e ricco di swing e di sfumature dove tutto funziona sempre alla perfezione come il meccanismo di un orologio svizzero di grande marca.
Oltre un'ora di concerto, dove Il chitarrista ha messo in fila una serie di evergreen e brani originali, includendo anche composizioni tratte dal suo album omaggio a Thelonious Monk del 2009. Di straordinaria bravura anche gli altri membri del quartetto, ma una menzione particolare va a Hutchinson, che lo accompagna sin dal suo secondo disco come leader, Signs of Life del 1995, motore ritmico capace veramente di fare spiccare il volo ai treni di note creati dai solisti. Sala gremita e due bis. Peccato solo che Bernstein, forse troppo timido, non sia stato in grado di dire una sola parola al pubblico. Nessuna presentazione dei brani, nessuna parola sui colleghi, nessun momento di scambio anche minimo con la platea ecc. E dire che il chitarrista newyorchese non è certo nuovo in Italia, avendo già collezionato con formazioni diverse un discreto numero di presenze a festival e rassegne varie che si tengono ogni anno nella nostra Penisola. Peccato, un minino di interazione avrebbe certo reso più calda una performance tecnicamente impeccabile.
Foto
Roberto Cifarelli
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