Home » Articoli » Interview » Linda May Han Oh: Jazz e innovazione
Linda May Han Oh: Jazz e innovazione

Courtesy Shervin Lainez
Ogni volta che suoniamo, posso dire con sincerità che non c’è mai compiacimento, né un momento in cui ci si “spegne”. Accadono cose inaspettate, ma il compiacimento non esiste.
Linda May Han Oh
AAJ: Parlaci dei tuoi inizi.
LHMO: Sono nata in Malesia e cresciuta a Perth, in Australia. Ho iniziato a suonare il pianoforte classico a quattro anni, insieme alle mie sorelle maggiori.
Mia madre non aveva avuto l'opportunità di studiare pianoforte, quindi lo desiderava per noi. Come bravi bambini asiatici, era la cosa giusta da fare [ride]. Col tempo, ho imparato a esprimere le mie emozioni attraverso la musica. Crescendo, sono poi passata al clarinetto e fagotto, a scuola. Che benedizione le scuole pubbliche dove si insegna ancora musica!
AAJ: Amen! Un plauso agli insegnanti di musica delle scuole pubbliche! Fanno un lavoro fondamentale!
LHMO: Esatto. Ho imparato molto da loro. Al liceo ho iniziato a suonare il fagotto nelle orchestre scolastiche e me ne sono innamorata. In quel periodo, uno zio ci regalò un basso elettrico e ho iniziato a suonarlo da autodidatta, seguendo la musica che si sentiva in radio o i dischi. Poi sono entrata in una garage band e nella jazz band della scuola. Contemporaneamente, suonavo il fagotto in un'orchestra che ospitava compositori del dipartimento jazz della Perth Academy of Performing Arts.
Quando ero al liceo, personaggi come Jaco Pastorius, James Jamerson, Flea dei Red Hot Chili Peppers mi hanno fatto innamorare del basso elettrico. Volevo imparare di più, così dopo il liceo mi sono iscritta alla Western Australia Academy of Performing Arts per studiare jazz. E lì scoprendo il Ray Brown di "Night Train," Charles Mingus e Dave Holland, dal basso elettrico il mio amore si è allargato al contrabbasso, che non ho più lasciato. Adoro le frequenze basse, il ruolo fondamentale di questi strumenti, ma anche la loro capacità di essere melodici e lirici in altri registri.
AAJ: Come fu il passaggio dal liceo al conservatorio?
LHMO: Ho iniziato a provare il contrabbasso nell'ultimo anno di liceo, ma non ero affatto brava. È stata una grande sfida. In un'epoca in cui YouTube, Spotify o Apple Music non esistvano, devo a mia sorella molto delle mie scoperte, inclusa quella di tutte le ere di Miles Davis. Alla Western Australian Academy of Performing Arts ho iniziato a trascrivere molto e a lavorare seriamente sullo strumento, ...una curva di apprendimento ripida per padroneggiare il contrabbasso.
AAJ: Com'è la scena musicale a Perth?
LHMO: È molto forte. Perth e Fremantle, una cittadina appena a sud, producono arte e musica interessanti. Perth è una delle città più isolate al mondo, probabilmente il luogo più lontano da New York. Se scavassi un buco attraverso la Terra perpendicolarmente da Manhattan, sbucherei vicino alla costa di Perth. Eppure, abbiamo prodotto molti talenti, come il sassofonista Troy Roberts, che ora è tornato a Perth, e Dane Alderson, attualmente bassista dei Yellowjackets. Ma c'è anche (l'attore) Heath Ledger tra i nostri "vanti." Quando ero al liceo, c'era moltissima musica dal vivo e questo mi ha sicuramente motivata molto. L'Australia ha anche una solida scena rock, penso a Men at Work... Abbiamo ottimi chitarristi e una scena musicale vivace. Non è frequente che i musicisti facciano tournée a Perth, perché è lontana. Spesso si fermano a Melbourne o Sydney, ma siamo stati fortunati ad avere visto artisti come Gary Bartz, Ingrid Jensen e Allison Miller.
AAJ: Dopo Perth dove sei andata?
LHMO: A 19 anni ho suonato alla (ora defunta) conferenza dell'International Association of Jazz Education (IAJE). È stato il mio primo assaggio di New York e ho capito che dovevo tornarci. Qualche anno dopo, mi sono iscritta al Master presso la Manhattan School of Music e mi sono trasferita a New York. Tra i miei primi ingaggi ci sono stati quelli con Kenny Barron, Dave Douglas e Joe Lovano, e attraverso di loro ho conosciuto Pat Metheny. Da quando mi sono trasferita, ho avuto esperienze straordinarie, incontrando e lavorando con musicisti incredibili.
AAJ: Hai suonato con i migliori. Molti si accontenterebbero di collaborare con questi grandi musicisti. Cosa ti ha spinto a comporre e guidare una tua band?
LHMO: Quando sono andata a vivere a New York, non ero particolarmente interessata a diventare una bandleader. Ero influenzata da musicisti come Larry Grenadier e James Genus, un mio grande idolo, che suona con tutti ma non ha mai pubblicato un proprio album. L'unica cosa che mi interessava era diventare una bassista solida. Ma col tempo mi sono avvicinata alla composizione. Mi piaceva mettere insieme un progetto e vederlo crescere. Essere una bandleader è impegnativo, ma alla fine è anche incredibilmente gratificante. Contribuire alla musica di altri come sideman e essere una leader e compositrice sono due prospettive diverse. Credo che essere entrambe le cose sia molto prezioso.
AAJ: Passiamo al tuo nuovo album, Strange Heavens. Qual è l'origine del titolo?
LHMO: Strange Heavens si riferisce all'idea che, come esseri umani, spesso preferiamo vivere in un inferno familiare piuttosto che cercare un paradiso sconosciuto o "strano."
All About Jazz: Parlaci dal gruppo che hai scelto per questo album. Tu, Ambrose Akinmusire e Tyshawn Sorey avete una profonda affinità nel modo in cui affrontate il jazz...
Linda May Han Oh: Provo una profonda ammirazione per Ambrose e Tyshawn, quindi trovo difficile considerarmi "affine" a loro. Credo, comunque, che condividiamo valori simili riguardo al perché facciamo musica e al nostro modo di suonarla. Sono profondamente grata per la loro presenza e per la creatività con cui hanno contribuito alla riuscita del disco. Sono ascoltatori straordinari e improvvisatori eccezionali. Questo rende tutto sempre fresco. Con loro devo essere sempre all'erta e pienamente nel momento. Ed è proprio questo che mi piace quando suono con altri musicisti.
AAJ: Dici che condividete gli stessi valori. Cosa intendi?
LHMO: Essere presenti e cercare costantemente qualcosa di nuovo. Ogni volta che suoniamo, posso dire con sincerità che non c'è mai compiacimento, né un momento in cui ci si "spegne." Accadono cose inaspettate, ma il compiacimento non esiste. Questo è il punto. Gran parte di ciò deriva dalla pura gratitudine di fare musica, dalla passione e dall'amore per essa.
AAJ: Quando parli di "essere presente," penso a una storia raccontata da Herbie Hancock a riguardo di un concerto con Miles Davis a Stoccarda nel 1963. Durante un assolo di Miles su "So What?," Hancock suonò un accordo sbagliato. Invece di arrabbiarsi, Miles scelse note che rendevano quell'accordo giusto. Per Miles non c'erano note "giuste" o "sbagliate," solo ciò che esisteva in quel momento. È questo che intendi?
LHMO: Sì, assolutamente. Si tratta di rimanere presenti, aperti e dire "sì," anziché cercare di forzare qualcosa per renderlo giusto o sbagliato. È un accettare ciò che sta accadendo lasciandosi trasportare.
AAJ: In che misura composizione e improvvisazione sono presenti su Strange Heavens?
LHMO: Ogni brano è una composizione con un tema che include elementi di improvvisazione. Ogni pezzo ha un ritmo, una metrica e una sezione che riguarda la tonalità: questa è la parte composta. Oltre a ciò, sta a noi decidere cosa apportare. C'è una mappa, una melodia e degli accordi, ma possiamo scegliere come muoverci entro quei parametri.
AAJ: Definiresti il tuo lavoro "free?"
LHMO: Non lo chiamerei free jazz, perché c'è una forma composta. Detto questo, ci sono album che considero "free jazz" che includono sezioni composte. Credo che la proporzione tra ciò che è composto e ciò che non lo è, e l'improvvisazione senza parametri, sia meno strutturata rispetto alla maggior parte. Quindi, in sostanza, no, ma Strange Heavens incorpora sicuramente elementi di free jazz.
AAJ: Strange Heavens non ha strumenti armonici. Penso a trii con fiati simili, come quello di Gerry Mulligan o, più recentemente, Joni Mitchell. Avevi qualcosa di simile in mente?
LHMO: In un certo senso, Strange Heavens è un seguito del mio album di debutto, Entry, anch'esso un trio con tromba, con Ambrose e Obed Calvaire alla batteria. Quindi, avevo già esplorato questa formula alla quale mi avvicino chiedendomi "Come possiamo riempire lo spazio e creare belle tessiture e armonie senza pianoforte o chitarra?." La risposta è che ci si può tranquillamente basare su una singola melodia, perché poi gli ascoltatori possono immaginasi le armonie. Prendi, per esempio, "Acapella," un brano di Strange Heavens ispirato a "The Fiddle and the Drum" di Joni Mitchell. Nonostante Joni canti da sola, puoi facilmente percepire tutte le armonie e i cambi di tonalità che Joni suggerisce in quella canzone con una sola melodia vocale. Non servono accordi completi per sentire l'armonia.
AAJ: In chiusura, c'è altro che vorresti far sapere agli ascoltatori di Strange Heavens sulla tua musica?
LHMO: Spero che la apprezzino e che ne siano emozionati. Molte delle melodie che ho composto hanno per me una forte componente emozionale, e spero che gli ascoltatori possano farne ciò che desiderano.
Tags
Interview
Linda May Han Oh
Ludovico Granvassu
Dave Douglas
Vijay Iyer
pat metheny
Biophilia Records
ambrose akinmusire
Tyshawn Sorey
honey from a winter stone
Perth
Jaco Pastorius
James Jamerson
Ray Brown
Charles Mingus
Dave Holland
Miles Davis
Troy Roberts
Dane Alderson
Gary Bartz
Ingrid Jensen
Allison Miller
New York
Kenny Barron
joe lovano
James Genus
Herbie Hancock
Gerry Mulligan
Rudresh Mahanthappa
Entry
Obed Calvaire
Joni Mitchell
Comments
PREVIOUS / NEXT
Linda May Han Oh Concerts
Support All About Jazz
