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Garda Jazz Festival

Garda Jazz Festival

Courtesy Christian Miorandi

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Trentino Jazz
Garda Jazz Festival
Diverse località dell'Alto Garda
31.7-13.8.2023

Il Garda Jazz Festival, nell'ambito dell'ampia programmazione di Trentino Jazz, esibiva quest'anno sui propri manifesti lo slogan "Getting Younger," con riferimento sia al potere rigenerante della buona musica sulle funzioni cognitive, che alla presenza nel cartellone di una folta schiera giovanile. Dal primo punto di vista, quale esempio davvero significante, c'era il quartetto capitanato dal batterista Peter Erskine, che riuniva veterani in stato di grazia creativa, come il sassofonista tenore George Garzone, il pianista Alan Pasqua, il contrabbassista Darek Oles.

Sul versante delle giovani promesse, spiccava tra gli altri il nome del chitarrista Matteo Mancuso, che nel concerto collocato in una cornice ormai consueta e sempre suggestiva come quella del castello di Arco, ha attratto un pubblico folto e variegato. Ancora una volta la chitarra, nella sua proteiforme capacità di interpretare ruoli differenti nella storia della musica, anche su versanti contrapposti, dionisiaci e apollinei, si dimostra strumento in grado di calamitare le attenzioni e le spinte emozionali di un pubblico variegato.

La seicorde di Mancuso è stata capace di stupire qualche volpone dello strumento, come Al Di Meola e Steve Vai e si è ben presto imposta a una vasta stima degli ascoltatori, anche attraverso la complicità di una collaborazione con la PFM, gruppo storico del progressive rock italico. Nel concerto di Arco, il chitarrista ventiseienne palermitano si presentava con il trio attivo dal 2020, che gli affianca Stefano India al basso elettrico e Giuseppe Bruno alla batteria. Una formazione ben affiatata, sintonizzata sulle frequenze di una fusion brillante, ricca di virtuosismi, a tratti fin troppo esuberante nella quantità di note snocciolate con spigliata rapidità.

Con una tecnica che non utilizza il plettro e mette in azione le cinque dita della mano destra in modalità desunte dalla chitarra classica e dal basso elettrico, Mancuso è in grado di muoversi agilmente nei tempi più vorticosi, nelle scale e negli arpeggi più ardui. Suoi punti di riferimento sono John McLaughlin, Pat Metheny, Allan Holdsworth, Jaco Pastorius, ma anche eroi del progressive rock storico, come appare dai brani presentati, tratti dal recente CD The Journey. La grande fluidità condiziona un tantino la profondità del discorso, sia compositivo che solistico e dialogico, una profondità che ci possiamo attendere nel tempo, con la maturazione di un ponderato tragitto personale.

Un vibrare profondo, mirabilmente comunicato, è alla base del lavoro di Erskine con il suo quartetto, in scena a Riva del Garda. Maestri all'opera, la cui alta empatia è in grado di trasmettersi alla platea, attraverso una musica fatta di contrasti dinamici ed espressivi, di finezze timbriche, di sapienza costruttiva. Tutto con leggerezza e nonchalance, ma tanto carattere e assenza di routine. I collegamenti con la tradizione, con le radici di Coltrane, di Rollins e del calypso, del Blues nella sua accezione più pregnante sono sorretti dal fluire fresco delle idee.

Nel repertorio ci sono alcuni classici, tra cui "Invitation," che scivola su citazioni di "My Favorite Things" da parte di un Garzone davvero stimolante, pastoso nel suono ed elegantemente avventuroso nell'eloquio. Ci sono brani originali, tra cui "Old School Blues," dell'ottimo pianista, e "Dave Blues," dedicato a David Baker, grande musicista e didatta, maestro sia di Erskine che di Pasqua. Il batterista amministra la propria autorità di leader con una forza propulsiva tutta celata nella semplicità, nella sottrazione, nel nobile uso di timbri e accenti. Musica che racconta il jazz, la creatività, la delizia.

Si torna alle giovani leve, sempre a Riva del Garda, per incontrare il violino e la viola di Daniele Richiedei, che gioca un ruolo di carattere nel progetto Fedra, scaturito dall'ingegno della vocalist e chitarrista Simona Severini, con il supporto del contrabbasso di Giulio Corini. Il trio originario si è recentemente allargato al contributo di Fulvio Sigurtà, tromba, e Peo Alfonsi, chitarra classica. La proposta si basa sulla visita di quasi cinquecento anni di musica, alla ricerca della forma canzone e oltre, da Monteverdi fino a Duke Ellington, Nick Drake e Lucio Dalla. La voce di Severini si giostra con ironia, talvolta celando la ricercatezza dietro un'ombra sbarazzina di ingenuità, in questo sterminato viaggio nel tempo, dimostrando duttilità stilistica e ampio controllo delle tecniche vocali. Di notevole carattere le sue interpretazioni di "Oh Belinda," da "Dido and Aeneas" di Henry Purcell, e del celebre "Futura," di Dalla.

Impeccabile e intenso è l'apporto di Sigurtà, Alfonsi e Corini, perfettamente sintonizzati con lo spirito e la forza del lavoro, anche attraverso l'inserto di parti improvvisate. Sottolineiamo ancora il contributo di Richiedei, musicista da tenere d'occhio per la preparazione e la sensibilità. A lui sono da attribuire buona parte degli arrangiamenti strumentali, efficaci nella loro trasparenza e naturalezza, con l'innesto sensibile di ingredienti folklorici, fondamentali per il progetto.

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