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Ben Sidran, There Was A Fire

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There Was a Fire-Jews Musica and the American Dream [Nuova edizione]
Ben Sidran
404 pagine
ISBN: # 978-0-578-77359-9
Nardis Books
2021

Esce in queste settimane negli Stati Uniti la nuova edizione—revisionata e aggiornata a tutto il 2020—del fondamentale volume di Ben Sidran del 2012, che delinea il contributo della comunità ebraica immigrata sulla musica popolare americana e il jazz.

Musicista e produttore di primo piano (una trentina di dischi da leader, tastierista della Steve Miller Band, produttore per Van Morrison, Rickie Lee Jones, Diana Ross, proprietario dell'etichetta Go Jazz) Ben Sidran è autore di testi fondamentali come Black Talk ed ha pubblicato di recente la biografia del grande produttore Tommy LiPuma, The Ballad of Tommy LiPuma.

Per chi si occupa professionalmente di jazz o semplicemente vuol approfondire la storia musicale d'oltreoceano nelle sue relazioni col music business, il libro di Sidran è una pregevole e affascinante fonte di approfondimento, caratterizzata da una scrittura elegante, illuminanti intuizioni, numerosi aneddoti e memorie che s'integrano piacevolmente nel taglio storico-sociologico d'impronta divulgativa.

Rispetto alla precedente edizione troviamo un capitolo finale che considera gli sviluppi del mercato musicale nell'ultimo decennio, la sorprendente assenza di musica (canzoni di protesta ecc...) in movimenti come il Black Lives Matter e il ruolo ormai minoritario di artisti e produttori ebrei nella popular music statunitense. Infine il volume presenta una nuova prefazione (scritta dall'eminente sociologo della devianza e della musica Howard S. Becker), una nota dell'autore e una parte fotografica.

Vari testi in passato hanno evidenziato l'importanza di contributi etnici o di particolari segmenti sociali sull'evoluzione del jazz ma il volume di Sidran va oltre l'avvincente storia sui protagonisti ebrei nella canzone e nel jazz. L'autore non si limita a considerare che il Great American Songbook, l'editoria musicale, il mercato discografico o il musical di Broadway sono stati influenzati dall'opera di immigrati ebrei ma vuol dimostrare che i valori comunitari di quegli immigrati (e dei loro figli e nipoti) si sono trasferiti nella popular music, diventando parte del nuovo Ethos statunitense. La dimostrazione avviene individuando le innovazioni artistiche degli ebrei giunti dall'Europa dell'Est e dalla Russia (o dei loro figli e nipoti) collegandole col retroterra culturale della loro etnia. Ampio spazio è dato ai songwriter Irving Berlin (nato in Russia come Israel Baline), Jerome Kern, George Gershwin, Harold Arlen, Oscar Hammerstein; al compositore Carl Stalling, ai jazzmen Mezz Mezzrow, Benny Goodman, Ben Pollack, Artie Shaw; ai discografici (Milt Gabler, Leonard Chess, Alfred Lion); agli impresari Joe Glaser e Norman Granz. Ma non sono ovviamente gli unici: il contributo ebraico è così determinante per numero e valore individuale che la canzone, il jazz, il blues, il rock e la soul music sarebbero oggi profondamente diversi.

Le descrizioni biografiche e il percorso storico della musica statunitense si sviluppa all'interno di una storia sociale che puntualizza l'importanza e le trasformazioni dei nuovi media (cinema, radio, fonografo) nello sviluppo del mercato dell'intrattenimento e il ruolo significativo avuto in esso dai musicisti, compositori o impresari ebrei.

Andando a considerare la grande stagione del R&B, del rock e della popular music degli anni cinquanta/sessanta, l'autore sviluppa pagine particolarmente illuminanti di sociologia del rock, mentre emergono le figure degli autori Leiber & Stoller, Carole King & Gerry Goffin, dei produttori Phil Spector e Jerry Wexler, di protagonisti come Simon & Garfunkel e Bob Dylan. Come sappiamo, dagli anni ottanta in poi il panorama della musica popolare è molto cambiato ma Sidran ci ricorda il contributo ebraico nel cosiddetto smooth jazz (Kenny G, Dave Grusin, Steely Dan) e persino nell'hip hop (con impresari e/o produttori come Tommy Silverman, Jay Rubin e Jerry Heller). Le pagine per noi più interessanti sono quelle dedicate a John Zorn e al Radical Jewish Culture Movement.

Accanto a numerosi riconoscimenti, la passata edizione ha ricevuto anche la critica di essere più un libro divulgativo che scientifico, che attinge a fonti note piuttosto che documenti di prima mano. Per chiarire le forti differenze (qualitative e quantitative) del contributo ebraico nella musica americana del primo e del secondo Novecento secondo queste critiche Sidran avrebbe dovuto affrontare i complessi mutamenti avvenuti nella comunità stessa, ma—come abbiamo detto—il taglio divulgativo è voluto: "Fondamentalmente amo raccontare storie" dice Sidran.

In questa prospettiva il pregio del volume è elevato, illuminando un fenomeno mai trattato nelle storie del jazz e della popular music.

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