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Serravalle Jazz 2025

Courtesy Veronica Sangiorgi
Serravalle Jazz 2025
Rocca di Castruccio
Serravalle Pistoiese
24-27 agosto 2025
Articolata su quattro giornate, dal 24 al 27 agosto, la ventiquattresima edizione di Serravalle Jazz aveva in programma spettacoli di altissimo livello, alternando proposte adatte ai più diversi palati, accanto a presentazioni di libri e incontri tematici.
Il primo giorno, domenica 24, ha visto in scena la storica BargaJazz Orchestra, fondata quasi quarant'anni fa, nel 1986, da Bruno Tommaso che proprio di recente ha pubblicato con l'Ensemble tratto dall'orchestra l'album Dagli Appennini alle Madonie e nella quale si sono formati innumerevoli musicisti. Diretta da Mario Raja, la formazione di diciotto elementi presentava in prevalenza composizioni del concorso per arrangiamento e composizione per orchestra che si svolge ogni anno a Barga, più qualche classico arrangiato dai membri dell'orchestra stessa. Ma, soprattutto, l'organico ospitava un solista d'eccezione: il trombettista newyorchese Eddie Henderson, ottantacinque anni portati benissimo, artista eclettico dalle molteplici collaborazioni e influenze che vanno da Armstrong a Miles, passando per Herbie Hancock, Kenny Barron e Benny Golson.
Così, se l'orchestra ha affascinato per la varietà di colori e la precisione degli interpreti (alcuni dei quali musicisti di altissimo livello, dei quali sono forse mancati un po' gli assoli, probabilmente per l'esigenza di rispettare la scrittura dei brani, appunto provenienti dal concorso), e se le composizioni originali hanno mostrato una freschezza e una moderna originalità che le collocava abbastanza lontano dalla tradizione delle Big Band, il trombettista ha stupito per la bellezza del suono e l'originalità stilistica: chiarezza delle articolazioni delle frasi, grande estensione dinamica, fantasia improvvisativa e nessuno degli stilemi "alla moda" nei trombettisti che vanno attualmente per la maggiore, oltre a una capacità di comunicare attraverso il suono che è raro trovare. Musicista elegante e sobrio, ma anche di straordinaria presenza scenica, Henderson ha ricordato l'importanza dell'esperienza fatta sul campo con i grandi protagonisti della musica, un fattore che travalica anche le collocazioni di genere: pur essendo senz'altro mainstream (né in questo contesto poteva essere diversamente), l'artista statunitense non mai ha suonato niente di datato o "già sentito." Per la gioia del pubblico, piuttosto numeroso, che ha apprezzato molto l'esibizione.
Dopo che il lunedì era andato in scena il progetto di Danilo Rea dedicato a Ryuichi Sakamoto, martedì 26 è stata la volta di ben tre concerti: il primo, al tramonto e giusto ai piedi dell'alta Torre del Barbarossa, era quello di Daniele di Bonaventura, in solitudine con il suo bandeneon. L'artista marchigiano ha inanellato una serie di brani scelti sul momento tra composizioni di Piazzolla, pezzi della tradizione popolare, classici del jazz, tutti però interpretati in modo molto intimo, con raffinati cromatismi e deliziose variazioni meditative, nel silenzio assoluto del pubblico seduto sul prato, attento a coglierne le sfumature, sempre a rischio di sfuggire data la situazione totalmente acustica. Cinquanta minuti di poesia sonora, accompagnata da un simpatico dialogo con il pubblico tra brano e brano, per spiegarne l'origine, l'importanza, il valore. Concerto commovente, dimostrazione che si può fare grande musica anche in modo semplice e nei luoghi più disparati.
Nel main stage del festival, cioè sotto la suggestiva Rocca di Castruccio, è poi andato in scena il progetto originale del festival, nato da tre giorni di residenza di cinque giovani artisti a Serravalle: Elastica, opera di Valentina Bartoli alle tastiere, Giulia Galliani alla voce e all'elettronica, Milena Punzi al violoncello e all'elettronica, Francesca Remigi alle percussioni e Tommaso Rosati all'elettronica. Musicisti molto diversi tra loro per sensibilità e frequentazioni, che hanno lavorato per fondere acustica ed elettronica, il cui nome rimanda alle continue mutazioni dei tempi e delle dinamiche, tali da rendere la massa sonora fluida, oscillante e appunto elastica.
In effetti, la sola dispensatrice di ritmi era la Remigi, che a momenti è risultata molto efficace e persino protagonista nel suo agire trasversalmente sulla materia sonora messa in campo dai compagni, un ruolo occasionalmente raccolto da Rosati, specie quando le sue "lastre" elettroniche autocostruite fungevano da percussioni; la fluidità veniva invece principalmente dalla voce della Galliani, dal violoncello della Punzi e dalle tastiere della Bartoli, le quali si aiutavano modificando i suoni con l'elettronica (la Bartoli alternando pianoforte e tastiere elettroniche). Ne è scaturita una musica inetichettabile, nella quale confluivano molteplici tendenze contemporanee, fortemente striata di elettronica. Forse un po' caotica e che, per ulteriori sviluppi, potrebbe avvalersi di una più chiara articolazione delle transizioni delle scene in cui era suddivisa. Certo, comunque, un progetto assai originale.
A concludere la serata un altro progetto di Toscana Produzione Musica, nato nel 2023 da una residenza al Grey Cat di Follonica: The Iron Way, o La Via del Ferro, che richiama l'ideale legame ottocentesco tra la Londra industriale e Follonica, ove sorgevano le fonderie per lavorare il ferro dell'isola d'Elba, nate per iniziativa del granduca Leopoldo di Toscana. I quattro giovani artisti che danno vita al progetto ruotano infatti attorno a Londra, anche se due sono italiani: il maremmano Michelangelo Scandroglio, qui al solo basso elettrico, la pianista Maria Chiara Argiro, il tenorsassofonista Alex Hitchcock e il batterista Myele Manzanza. Anche qui, musica molto originale che nasce da un progetto assai preciso e che vede al centro dei temi circolari e reiterati, che soprattutto Hitchcock interpreta con serie di microvariazioni, fino ad aprire su brevi conclusioni più libere e liriche; attorno a lui sono principalmente la Argirò e Manzana a prendersi spazi di improvvisazione, la prima con escursioni trasversali, dissonanti e percussive alla tastiera, il secondo con alcune performance davvero virtuosistiche per precisione e compiutezza. Scadroglio, invece, ha limitati spazi d'assolo e si dedica soprattutto alla costruzione della struttura ritmica dei brani. Anche in questo caso, artisti giovani molto bravi e una musica senza dubbio originale, ma la cui struttura è sembrata da un lato troppo ripetitiva, dall'altro frenante la fantasia improvvisativa degli interpreti.
Il festival si è poi concluso mercoledì 27 con il Nico Gori Swing 10tet, che festeggiava il suo decennale presentando il suo ultimo disco.
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