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Dieci giorni di concerti alla Casa del Jazz: Summertime 2025

Summertime 2025
Casa del Jazz
Roma
13-21 luglio 2025
Per festeggiare i 20 anni dalla sua inaugurazione come uno dei più importanti spazi per il jazz a Roma, il programma di concerti estivi alla Casa del Jazz, denominato quest'anno Summertime 2025, è stato particolarmente ricco, allungandosi su oltre due mesi dal 6 giugno al 9 agosto per un totale di oltre 40 concerti. Sul palco allestito all'interno del parco della villa si sono succeduti tanti nomi illustri a rappresentare un po' tutte le principali tendenze del jazz contemporaneo. Abbiamo seguito in particolare i concerti dal 13 al 21 Luglio, settimana in cui si concentravano alcuni tra i musicisti più interessanti presenti nel programma.
Il primo della serie è stato il concerto del nuovo quintetto del pianista Stefano Bollani, la sera del 13, preceduto da un intenso acquazzone estivo che ha fatto temere il peggio, ma fortunatamente non ha impedito il regolare svolgimento del concerto tenutosi presso la Cavea dell'Auditorium, così come un paio degli altri concerti di maggior richiamo. Il pianista si è presentato alla guida di una nuova formazione, che era solo al suo quarto concerto. Con una sezione ritmica di lusso formata dal contrabbassista Larry Grenadier e dal batterista Jeff Ballard, completata dal percussionista brasiliano Mauro Refosco, e con l 'aggiunta del fisarmonicista francese Vincent Peirani come solista, il gruppo si è esibito in un repertorio di brani tutti composti per l'occasione da Bollani ad eccezione della beatlesiana "And I Love Her." Per ciascuno dei componenti del suo gruppo il pianista ha composto un pezzo specifico, in modo da poter mettere in risalto le qualità strumentali di ciascuno, ma già dai brani iniziali si è potuta apprezzare la compattezza e la coesione dei musicisti nonostante il poco tempo finora passato insieme. La musica presentava una prevalente componente brasiliana, da sempre tra le principali influenze del pianista, ma senza dimenticare la mediterraneità. Si è fatto apprezzare particolarmente Peirani alla fisarmonica e all'accordina (la versione del suo strumento che si suona a fiato), protagonista di ottimi assoli caratterizzati da gusto melodico e senso dello swing. Brillante come sempre Bollani, che ha fatto anche largo uso del sintetizzatore per i propri assoli che hanno ricordato molto Chick Corea, scatenando sempre l'entusiasmo del pubblico.
Il concerto successivo che abbiamo seguito nella serata del 15 è stato quello del trombettista Enrico Rava con i suoi Fearless Five. Il musicista appare instancabile nella sua ricerca continua di nuovi talenti che portino un'ondata di freschezza e rinnovamento nella sua musica, in continua evoluzione, e anche questa sua recente formazione (attiva da un paio di anni) non fa eccezione. A fianco del trombettista troviamo oltre al già rodato chitarrista Francesco Diodati, suo partner da una decina di anni, tre giovani musicisti che hanno mostrato forte personalità e perizia strumentale: il trombonista Matteo Paggi, il contrabbassista Francesco Ponticelli e la batterista e vocalist Evita Polidoro. Il gruppo ha mostrato una bella coesione, assecondando alla perfezione la tromba del leader, che ha lasciato molto spazio ai singoli. I temi, tutti firmati da Rava, erano tratti dall'unico album finora registrato dal quintetto (ma un secondo è in preparazione), con l'aggiunta di alcuni presi dal repertorio classico del trombettista come "Certi angoli segreti." Gli 80 minuti di concerto sono trascorsi senza pause, solo verso la fine il leader ha presentato i membri del gruppo per i meritati applausi. Rava ha dimostrato di avere ancora molto da esprimere, con ottimi assoli alla tromba e al flicorno, con il tono morbido che lo caratterizza, per una musica che riesce a mescolare tradizione e modernità grazie anche all'apporto dei suoi giovanissimi compagni di avventura, tutti meritevoli di lode. Un plauso speciale alla batterista Evita Polidoro, capace di dare propulsione alla musica senza rinunciare alla delicatezza del tocco che la contraddistingue. Breve bis conclusivo con "Le solite cose," brano di chiusura del loro album.
La sera dopo era il turno del sassofonista Joe Lovano con il Marcin Wasilewski Trio, a presentare il loro album Homage di recente pubblicazione per ECM. Lovano è uno dei più grandi sassofonisti contemporanei, come ha dimostrato più volte nel corso della sua lunga carriera, rinnovandosi continuamente, ma senza mai rinnegare i legami col jazz del passato. Il trio di musicisti polacchi che lo accompagna in questa occasione è uno dei migliori trii pianistici in circolazione, con un interplay quasi telepatico maturato del corso dei trenta anni da quando suonano insieme come un tutto unico che è più della somma delle singole parti. Il trio aveva avuto il sassofonista come ospite in un disco di qualche anno fa, Arctic Riff, e ora ha restituito la visita come gruppo accompagnatore per il suo ultimo album. Durante il concerto hanno eseguito tutte composizioni di Lovano, non solo dai due album citati ma anche presi da altre incisioni del sassofonista con formazioni differenti; unica eccezione il coltraniano "Seraphic Light," sentito omaggio di Lovano a uno dei suoi maestri riconosciuti. La morbidezza del timbro del sax di Lovano si sposa bene con il lirismo che da sempre caratterizza la musica del trio del pianista Marcin Wasilewski, come era stato anche quando era il gruppo del trombettista Tomasz Stańko. Il risultato è un concerto di grande intensità e bellezza, molto apprezzato dal pubblico romano che a fine concerto si è messo in coda per farsi firmare l'album dai quattro musicisti.
Il 17 era la volta di uno dei concerti più attesi, quello del trombettista Ambrose Akinmusire che ha presentato il suo ultimo progetto Honey from a Winter Stone, un lavoro ambizioso che unisce un quartetto jazz con un quartetto d'archi e la voce di un rapper. Il trombettista era accompagnato dagli stessi musicisti che avevano partecipato due anni fa all'incisione dell'album, con l'unica eccezione del sintetizzatore di Chiquitamagic sostituito dal basso elettrico di Reggie Washington, e di due membri del Quartetto d'archi Mivos cambiati nel frattempo. In particolare, erano presenti il pianista Sam Harris e il batterista Justin Brown a completare il quartetto jazz, e il cantante rapper Kokayi. Il gruppo ha eseguito i cinque brani che costituiscono il lavoro in forma di suite, alternando le fasi prevalentemente composte (soprattutto quelle in cui era presente il quartetto d'archi) alle improvvisazioni che hanno visto protagonista il trombettista. Un'opera sicuramente fuori dagli schemi, ottimo esempio di una delle possibili nuove direzioni del jazz contemporaneo. Lavoro audace e coraggioso, fondamentalmente riuscito grazie alla solida scrittura di Akinmusire, che è riuscito a far convivere mondi musicali molto diversi tra loro amalgamandoli in un insieme coerente e brillante.
Il 19 si proseguiva con un trio di nomi illustri, il gruppo Kismet col contrabbassista Dave Holland, il sassofonista Chris Potter e il batterista Obed Calvaire. In realtà la formazione avrebbe dovuto essere un quartetto, ma per seri problemi di salute il chitarrista Kevin Eubanks non ha potuto prendere parte al tour, che pertanto è proseguito come trio, una formazione comunque molto congeniale sia a Holland che a Potter, che vi si sono cimentati in varie altre occasioni. I due suonano insieme da una trentina di anni, avendo ciascuno spesso partecipato ai progetti dell'altro, ma anche condividendone alcuni, come il quartetto Aziza (con Eric Harland e Lionel Loueke) e il recente trio Crosscurrents Trio (con Zakir Hussain), di cui questo nuovo progetto sembra una derivazione senza però la componente etnica. È il contrabbasso di Holland a dare il via alla serata introducendo il suo tema "Triple Dance" tratto dall'album Triplicate in trio con Steve Coleman e Jack DeJohnette. L'intesa tra i due co-leader è totale, ben sostenuta dalla batteria, e il pubblico viene da subito travolto dal veloce flusso della musica, che continua a ritmi sostenuti fino alla fine. Unico momento di pausa con un'altra composizione di Holland anch'essa presente su Triplicate, "Quiet Fire," che segue due composizioni molto tirate del sassofonista. Potter si alterna tra sax tenore e clarinetto basso, producendo notevoli assoli soprattutto su quest'ultimo strumento. Finale con "Good Hope," brano scritto da Potter proprio per il trio Crosscurrents. Anche se appartenenti a generazioni diverse, sia Holland che Potter sono tra i grandi indiscussi protagonisti del jazz contemporaneo, e il loro set non ha deluso le attese.
L'ultimo concerto cui abbiamo assistito è stato quello del trio del pianista Kenny Barron, la sera del 21. Dall'alto dei suoi 82 anni, Barron è uno dei veterani della rassegna, e uno dei grandi interpreti del mainstream dell'ultimo mezzo secolo. A Roma si è presentato in compagnia del contrabbassista giapponese Kiyoshi Kitagawa e del batterista Johnathan Blake, ovvero l'incarnazione più recente del suo trio negli ultimi 10 anni. Il concerto si è svolto all'insegna di una concezione del trio pianistico molto tradizionale, senza l'interplay che caratterizza la maggior parte dei trii attuali, ma con una sezione ritmica di puro accompagnamento al suo pianismo brillante, anche se un po' troppo classico nell 'impostazione; ma se Kitagawa è apparso molto compassato, lasciandosi andare solo durante i propri assoli, Blake liberava spesso la sua naturale esuberanza con un drumming moderno e variato. Molti standard nel repertorio; i brani migliori sono stati "Bud-like," un travolgente omaggio a Bud Powell in cui Barron ha scatenato tutta la sua verve pianistica nello stile del maestro, e il successivo "Nightfall," delicata composizione di Charlie Haden eseguita come toccante tributo al grande contrabbassista. Nel complesso un concerto gradevole, anche se troppo rivolto al passato, ma Barron rimane uno dei grandi interpreti del suo strumento, e un suo concerto è come una lezione di storia del jazz moderno.
La rassegna si è confermata come uno dei principali appuntamenti dell'estate romana per gli appassionati di jazz, che vi hanno potuto trovare molti tra i grandi protagonisti della scena attuale, con una varietà di proposte tale da soddisfare un po' tutti, senza concessioni alle mode, ma tutte all'insegna della qualità.
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