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Billy Mohler al Carambolage di Bolzano

Courtesy Roberto Garofalo
Piccolo Teatro Carambolage
Bolzano
7 aprile 2025
Il nome di Billy Mohler può essere passato inosservato fino a qualche tempo fa. Probabilmente lo aveva incrociato solo chi segue le tracce di Chris Speed, Nate Wood o Shane Endsley, che dal 2019, anno della pubblicazione di Focus! sono comparsi in tre CD dove lo stesso contrabbassista di Los Angeles figura come leader. Il quarto, The Eternal, pubblicato poche settimane fa, cambia l'organico strumentale e i nomi dei suoi collaboratori, inserendo anziché la coppia di fiati con tromba e sax tenore, l'abbinamento di chitarra elettrica, con Jeff Parker, e sax alto con Devin Daniels.
Nel tour europeo che ha toccato sei tappe italiane e si è concluso lo scorso 12 aprile al Bimhuis di Amsterdam, Mohler torna all'organico originario di tromba e tenore, con il quale ha ormai lunga confidenza. Lo ha fatto coinvolgendo però due nuovi fiati, tratti dalla scena europea, per cui l'appellativo del quartetto è diventato Euro-American Quartet. Si tratta del nostro tenorista Francesco Bigoni, che dopo la rilevante e mai sufficientemente considerata esperienza con il collettivo El Gallo Rojo, di cui è stato membro fondatore, riceve proprio in questi giorni la prestigiosa nomina di Direttore artistico e didattico a Siena Jazz, subentrando all'epico, compianto Franco Caroni. E del giovane trombettista Hermon Mehari, nativo di Kansas City, ma ormai da molto tempo attivo a Parigi.
Il concerto al Piccolo Teatro Carambolage di Bolzano si collocava nel bel mezzo delle date italiane, proprio nel momento in cui tornava a sedersi alla batteria il titolare Nate Wood, compagno di avventure musicali di Mohler fin dalla gioventù e sostituito nei precedenti concerti da Jeff Ballard.
La prima evidenza arriva proprio da questa combinazione di contrabbasso e batteria, solido cardine su cui si regge e ruota la musica di Mohler. Cosa che appare ben chiara nelle registrazioni, ma sul palco diventa ancora più plastica, giocata sulle gradazioni che, come nelle migliori sculture, fanno apparire vivo e pulsante ciò che all'origine ha natura marmorea.
I disegni di basso su cui appoggiano i brani hanno infatti il carattere incisivo della scultura, si muovono in modo circolare e muscolare nella creazione di uno spazio icastico. La stessa postura di Mohler sottolinea tale indole statuaria, fatta di precisione, robustezza e fluida elasticità allo stesso tempo. Un incrocio ossimorico in cui Wood assume il proprio ruolo fondendo vigore e sfumature. Il batterista martella ma respira in modo ampio. L'accoppiamento dei due strumenti è quanto di più vario e l'inatteso è sempre in agguato, in una intelaiatura che sembra tendere all'indeformabile. Ma è solo apparenza: gli argini sono sempre sul punto di essere travolti, inondati.
Su tale sostegno propulsivo, i due fiati si muovono a perfetto agio, naturalmente. Aprono scorci e prospettive, badando meticolosamente allo stimolo reciproco. Bigoni con una tavolozza timbrica e dinamica davvero estesa, muovendosi felpato e gagliardo tra costruzioni narrative e astrazioni. Mehari mostrando grande sensibilità melodica, a volte vicina a Don Cherry. Ovviamente uno dei motivi di riferimento è il rapporto costantemente rinnovato con quanto fecero Cherry e Dewey Redman. In mezzo ci sono tante altre avventure, che da là traggono ancora linfa ed energia.
Mohler è stato a lungo ai margini del jazz, su una scena di Los Angeles che gli offriva la possibilità di lavorare alacremente come compositore, polistrumentista e produttore nel campo del rock e del pop, come si narra nella recente, ampia intervista Billy Mohler: Emozioni e Groove. Ma ora sono tornate, nella stessa scena californiana, la spinta e le opportunità che lo portarono al Berklee College of Music e al Thelonious Monk Institute of Jazz, dove fu uno dei cinque studenti che poterono studiare con Herbie Hancock e Wayne Shorter. Le sue scelte degli ultimi anni, tra cui il rapporto prezioso con Jeff Parker, lo dimostrano. Ci auguriamo pure che possa proseguire questo contatto con Bigoni e Mehari, davvero fecondo.
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