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The Art Ensemble of Chicago: We Are on the Edge: A 50th Anniversary Celebration

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The Art Ensemble of Chicago: We Are on the Edge: A 50th Anniversary Celebration
Quanta storia. Nel 1969 Roscoe Mitchell, Joseph Jarman e il più riluttante Malachi Favors, spinti dalla lungimiranza avventurosa di Lester Bowie, si trasferirono a Parigi, accolti dalla comunità degli artisti e degli appassionati con grande attenzione. Tra questi, c'era il batterista e promotore parigino Claude Delcloo, particolarmente attivo e in contatto fin dal 1968 con l'AACM di Chicago e il suo presidente Muhal Richard Abrams, come ricorda Paul Steinbeck nel suo Message to Our Folks: The Art Ensemble of Chicago, tradotto in italiano per i tipi di Quodlibet.

I quattro musicisti, saldati dal 1966 e fino a quel momento sotto l'insegna di Roscoe Mitchell Art Ensemble, avevano capito che la città di Chicago non era in grado di offrire le opportunità di sviluppo del proprio lavoro, così articolato a livello artistico, ma in difficoltà sotto il profilo professionale. Portarono dunque nella metropoli europea, come sempre molto ricettiva, la loro idea di ampliamento della performance, scaturito dal lavoro precedente della Experimental Band di Abrams e consolidato dalla fondazione della AACM: musica, arte figurativa, danza, arte drammatica, etnologia si incrociavano in happening dove la sorpresa, la provocazione, lo stimolo erano sempre in agguato. Africa, Oriente, blues, free jazz, musica contemporanea trovavano un campo di continua relazione e tensione. Per descrivere quanto avveniva all'interno di quel gruppo che a Parigi iniziò a chiamarsi Art Ensemble of Chicago, ci piace rubare una sapida espressione (rivolta ad altri) dallo straordinario scrittore catalano Enrique Vila-Matas: "Capaci di viaggiare al di là di tutte le avventure."

Cinquant'anni sono trascorsi, a Parigi in quel periodo AEoC ha registrato alcuni tra i dischi più significativi della sua storia. Poi sono venute le altre incisioni negli Stati Uniti, la copiosa produzione con la ECM di Manfred Eicher e con altre etichette. Nel corso del tempo, i componenti hanno lasciato questo mondo: nel 1999 venne a mancare Lester, nel 2004 Malachi, nel gennaio scorso Jarman, all'età di ottantun'anni. Restano Mitchell, tuttora in grande forma creativa, e Famoudou Don Moye, il batterista inglobato nella formazione durante il soggiorno parigino.

We Are on the Edge, pubblicato dalla benemerita Pi Recordings, giunge come pietra miliare che segna questo doppiaggio di boa, con i due musicisti superstiti attorniati da un folto gruppo, dove spiccano le presenze di Hugh Ragin, Nicole Mitchell, Tomeka Reid, Jaribu Shahid, oltre che dei nostri Silvia Bolognesi e Dudù Kouatè.

Due CD, uno dei quali frutto del lavoro in studio, nell'ottobre 2018, l'altro scaturito da un concerto di pochi giorni dopo, nella stessa città del Michigan, Ann Arbor. Nell'organico orchestrale, nel suo utilizzo a tutto campo, c'è senza dubbio tanto temperamento di Mitchell, con questa mescolanza dinamica di fiati, archi, percussioni e voci, che palesa il suo interesse incrociato per l'Africa, l'improvvisazione, la scrittura contemporanea di matrice orientale, il song americano, la declamazione poetica.

L'eredità dell'Art Ensemble nella sua globalità è evidente ed è sottolineata dal titolo per esteso del lavoro: We Are on the Edge—A 50th Anniversary Celebration -Dedicated to Lester Bowie, Shaku Joseph Jarman and Malachi Favors Maghostut. La personalità di Mitchell è comunque in evidenza. Come potrebbe essere altrimenti? Ciò non impedisce che Roscoe, insieme a Moye, riesca a rendere viva e pulsante l'esperienza collettiva dell'Art Ensemble, fatta di personalità e relazioni in costante equilibrio dinamico e instabile.

Mitchell, da grande poeta qual è, non teme di affacciarsi sull'abisso. E ne trae rose. Già l'esordio del disco registrato in studio, con la densa scrittura dolente, dissonante di "Variations and Sketches from the Bamboo Terrace," sembra guardare alle elegie di Charles Ives e dà un primo saggio di intensità musicale ed emotiva, di uso esemplare dell'orchestrazione. Poi, con "We Are on the Edge," si giunge a una forte osmosi tra scrittura, improvvisazione, tra Occidente e Africa, in quello che potrebbe essere definito, nella sua prima parte, un concerto per tromba ed ensemble strumentale, che sfocia poi nella iterazione di una maestosa e incalzante frase ostinata, cupa, sulla quale si erge la stentorea, nobile, rabbiosa recitazione di Moor Mother (Camae Ayewa): "We are on the edge of victory..."

La versione dal vivo dello stesso brano non comprende l'episodio recitato, ma si innesta in un altro pezzo di Mitchell, "Cards," con risultato di minore forza drammatica. Ancora di Roscoe sono i due brevi episodi di "Jamaican Farewell," con la voce di Rodolfo Cordova-Lebron, dove la scrittura si misura nuovamente con il song contemporaneo americano di estrazione colta. Significativo è l'accostamento con il tema struggente di Bowie "Villa Tiamo" e con la festosa vitalità poliritmica di "Saturday Morning," firmata da Moye insieme al percussionista Enoch Williamson.

Il contributo di Don Moye, muscolare, sanguigno, ricco di impronte ed evocazioni africane, si diffonde in particolare nel CD dal vivo, dove spiccano le lunghe versioni dei classici, indimenticabili "Tutankhamun," di Favors, e "Odwalla/The Theme," ancora di Mitchell. Ci piace concludere ancora con le parole di Steinbeck, ricordate stavolta nelle stesse note di copertina di questo lavoro, stilate da Joshua Marshall: "Dopo l'Art Ensemble... la musica sperimentale non sarà più la stessa." C'è forse un po' di enfasi in questa affermazione, che però condividiamo, a maggiore ragione dopo l'ascolto del formidabile primo CD che compone We Are on the Edge.

Album della settimana.

Personnel

Art Ensemble Of Chicago
band / ensemble / orchestra

Album information

Title: We Are on the Edge: A 50th Anniversary Celebration | Year Released: 2019 | Record Label: Pi Recordings


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