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Stefano "Cocco" Cantini: direttore artistico del Grey Cat Jazz Festival

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Musicista assai apprezzato, grande interprete del sax tenore e, soprattutto, soprano, Stefano "Cocco" Cantini è nato e vissuto a Follonica, sulla costa maremmana, dove fin da giovane si è distinto per l'insegnamento e per la promozione della cultura musicale. In quest'ultimo campo la sua creatura più importante e duratura è il Grey Cat Festival, la principale rassegna jazzistica estiva della Toscana, di cui è da sempre il direttore artistico. Lo abbiamo intervistato per conoscere il modo in cui affronta questo ruolo e per farci svelare meccanismi e retroscena della rassegna.

All About Jazz: Sei l'ideatore e da sempre il direttore artistico del famoso e prestigioso Grey Cat Festival: da quanti anni va avanti l'esperienza di questa rassegna della costa maremmana?

Stefano Cantini: Quella del 2017 è la trentasettesima edizione del festival, credo sia uno dei più longevi nel nostro paese. E non penso che si possa durare così a lungo per caso...

AAJ: Nel corso di questo lungo periodo cos'è cambiato?

SC: In primo luogo direi la gestione del rapporto con il territorio, che è poi un elemento fondamentale e caratteristico della rassegna. È cambiato perché il territorio si è allargato moltissimo: se inizialmente il festival veniva realizzato in due, massimo tre comuni, adesso le località -e quindi le amministrazioni -che vi prendono parte sono molte. Di conseguenza il territorio che lo ospita è assai più ampio, al punto da oltrepassare la provincia di Grosseto per toccare anche quella di Pisa, con Castelnuovo Val di Cecina che partecipa con un sostanzioso budget. Nonostante questo, il festival continua a ruotare soprattutto attorno al suo territorio originario, che è quello delle Colline Metallifere e della Val di Cornia.

AAJ: Da questo punto di vista si deve riconoscere al Grey Cat di essere stato un apripista di questa modalità organizzativa che oggi ha preso molto piede, con risultati assai positivi, cioè dislocare gli spettacoli in un'area geografica ampia invece che in una sola sede cittadina.

SC: In effetti il Grey Cat è nato proprio sulla base di quell'idea organizzativa, non è mai stato il festival di una città o di un comune, ma ha sempre congiunto più realtà: Grosseto, che è il capoluogo di provincia, Follonica, Massa Marittima, Gavorrano, Scarlino, e via dicendo. Questo fa sì che la gestione del festival comporti anche parecchie difficoltà, dovute alla necessità di coordinare possibilità e interessi di tutti, di tener conto dei molteplici eventi che possono venir organizzati nelle varie località nel periodo della rassegna -non solo gli spettacoli, ma anche le innumerevoli sagre, mostre e feste locali. Questo da un lato rende l'incastro di tutti gli eventi assai complesso, ma dall'altro canto permette di dislocare il festival, scegliendo per gli spettacoli i luoghi più belli del territorio. Così abbiamo potuto realizzare concerti nella splendida cornice della piazza di Massa Marittima o in quella non meno bella delle mura di Grosseto; a Follonica abbiamo potuto utilizzare gli spazi suggestivi della zona ex ILVA, a Scarlino lo splendido castello, a Gavorrano uno spazio atipico come la ex miniera. Tutti posti bellissimi che vengono valorizzati dal Grey Cat e che, viceversa, contribuiscono a rendere più spettacolari e appetibili le manifestazioni del festival: perché è certo ben diverso assistere a un concerto in un cinema all'aperto piuttosto che vederlo al castello di Scarlino!

AAJ: Quindi i partner con i quali ti devi relazionare sono principalmente le amministrazioni pubbliche: cos'è cambiato nel tempo nei rapporti con loro? Nel corso degli anni siete diventati più autorevoli, visto il successo, o invece le cose sono diventate più difficili, viste le diminuzioni di fondi disponibili?

SC: Tenendo da parte la complessità di coordinare amministrazioni di colore politico diverso, direi che la cosa che ha prodotto un cambiamento, e non in positivo, è stata la scomparsa delle Province: perché per un territorio come il nostro la Provincia era più attenta, più consapevole di esigenze e opportunità, mentre la Regione è "mentalmente" troppo lontana. Di conseguenza negli ultimissimi anni si sente un po' la mancanza dei contributi e del lavoro di coordinamento che veniva dalla Provincia. Tuttavia le amministrazioni del nostro territorio sono rimaste attente e hanno continuato a mostrarsi virtuose: Follonica avanti a tutte, visto che è quella che immette più denaro a sostegno dell'iniziativa; ma anche altri comuni contribuiscono con migliaia di euro, proprio per avere spettacoli di altissimo livello. Anche perché ci sono comuni che non vogliono neppure far pagare il biglietto e offrono i concerti al pubblico come promozione del territorio: per esempio, lo scorso anno il concerto di Paolo Fresu e Omar Sosa a Castelnuovo Val di Cecina era gratuito; di conseguenza, com'è ovvio, in quei giorni Castelnuovo c'era una grande presenza di gente, assai superiore al solito, proveniente dalla costa e non solo. Se un amministratore locale è intelligente capisce che questo è uno strumento importante per dare appeal ai luoghi e per richiamare attenzione e visitatori.

AAJ: In proposito, gli amministratori ti fanno delle pressioni riguardo agli artisti e alla musica da portare sul loro territorio?

SC: No, assolutamente no! Né lo permetterei. Poi, è vero che io cerco di tenere presenti i luoghi e gli spazi, così da differenziare e da proporre nel modo più opportune le cose più tradizionali e quelle più avanguardistiche. Questo perché, alla fine, un festival deve anche funzionare. Ma resta il fatto che noi siamo una rassegna piuttosto ortodossa, nel senso che facciamo jazz senza inserire -come oggi fanno in tanti, troppi -anche cose che con questa musica non c'entrano nulla! Magari possiamo privilegiare certe correnti e certi stili piuttosto che altri, ma rimaniamo rigorosamente nell'ambito del jazz. E anche quando c'è il cantante un po' più popular, come per esempio quest'anno Antonella Ruggiero, è sempre "di frontiera" e inserito in un contesto jazzistico: infatti la Ruggiero, che è comunque è una cantante particolare, presenta un progetto che ha a che fare con il jazz, in trio con Ramberto Ciammarughi al pianoforte.

AAJ: Come scegli i luoghi? Te li offrono gli amministratori locali o li selezioni sulla base della tua conoscenza del territorio?

SC: In genere i comuni mi propongono degli spazi, che poi io verifico -esclusi ovviamente quelli ormai collaudati e proficuamente utilizzati da tempo. Talvolta invece sono io che scelgo dei luoghi perché ritengo siano interessanti e capaci di valorizzare le proposte musicali che ho in mente. Per esempio, quest'anno abbiamo l'Art Ensemble Of Chicago, proposta di alto livello ma un po' tosta, e la portiamo a Gavorrano, dove ormai sappiamo di poter contare su un pubblico interessato a questo tipo di cose. Viceversa a Castelnuovo Val di Cecina porteremo Petra Magoni e Ferruccio Spinetti, perché per tante ragioni ci è sembrata la location adatta per Musica Nuda. Anche in accordo con gli amministratori, ai quali faceva piacere avere Petra. Perché non è che non ascolto le richieste: se mi è possibile le assecondo pure, ma solo se la musica è di valore e coerente con il senso della rassegna. Altrimenti, come mi è capitato più volte, dico di no.

AAJ: Come concepisci e costruisci il festival?

SC: Innanzitutto il Grey Cat per me non è, né deve essere solo concerti, ma anche altro, in primo luogo produzioni originali: quest'anno c'è un progetto mio con Hamid Drake, Antonello Salis e Rosario Bonaccorso. Perché produrre cose nuove è importante, incentiva artisti e pubblico, giova all'immagine complessiva della rassegna e del territorio che la ospita. In secondo luogo, c'è l'aiuto ai giovani musicisti, ai quali cerchiamo di dare sempre uno spazio ampio. Nel recente passato sono stati giovanissimi sui palchi del Grey Cat musicisti oggi affermati come Alessandro Lanzoni e Gabriele Evangelista, mentre quest'anno i primissimi giorni di Agosto, in apertura del festival, Follonica sarà invasa da attività musicali di giovani artisti. E non mancheranno i concerti di musicisti ancora poco noti ma molto interessanti. Mi dispiace invece che da un paio d'anni non siamo stati più in grado di organizzare i seminari estivi che facevamo a Massa Marittima: secondo me un festival dovrebbe fare anche questo, noi ci siamo interrotti e questo è un mio cruccio. Ma prima o poi questa lacuna riuscirò a colmarla!

AAJ: Cosa di preciso ti piacerebbe realizzare?

SC: Un sogno sarebbe far venire, che so, Sonny Rollins e, aldilà del concerto, fargli fare un seminario nel quale parlare non di come si suona il sassofono, ma proprio di musica! È una cosa difficile, ma ce l'ho in testa da tempo e prima o poi la farò.

AAJ: Al Grey Cat sono passati musicisti di primo piano delle più diverse estrazioni: tra i tanti, chi sei più fiero di aver avuto e chi invece ti rammarichi di non essere riuscito a portare?

SC: Il mio più grande rammarico è proprio Sonny Rollins. Invece, anche se sono fiero di aver avuto tanti musicisti, per esempio McCoy Tyner o Pat Metheny, l'artista che sono veramente molto felice di aver portato è Ornette Coleman: un maestro, che ho potuto veder suonare a Follonica, a ottant'anni, e con il quale ho avuto il privilegio di conversare... una cosa fantastica! Oltretutto fece un concerto strepitoso con un pubblico da tutto esaurito.

AAJ: Ci sono festival ai quali ti ispiri per la realizzazione del Grey Cat?

SC: No, mi muovo in autonomia, anche perché, per le sue caratteristiche particolari, questo non è un festival come gli altri. Le variabili di cui tener conto nel palinsesto sono moltissime ed è bene che prenda corpo liberamente, senza riferimenti esterni.

AAJ: Ma viste le oggettive difficoltà organizzative, per tanti aspetti ancora più grandi che per altre rassegne, tu che ne dirigi l'aspetto artistico hai anche la possibilità di goderne i frutti, o questo è un optional?

SC: Purtroppo in effetti è proprio un optional! Anche perché io faccio il musicista e non l'organizzatore, per cui devo anche suonare ai miei concerti organizzati altrove, che spesso si sovrappongono a eventi della rassegna. Per esempio quest'anno, proprio in Agosto, il 26, presento a Todi una grossa produzione teatrale con Serra Yilmaz, Grisélidis, memorie di una prostituta, di Coraly Zahonero per la regia di Juan Diego Puerta Lopez. Per cui devo anche prepararmi... Del resto per me il Grey Cat è un atto d'amore, non un lavoro: ho solo un piccolo rimborso spese, ma la mia opera la presto lo stesso molto volentieri, perché sento la necessità di dare al territorio. Ricordo quando in Maremma non c'era niente di tutto ciò e nessuno capiva cos'era non dico un Do minore, ma neppure un Do maggiore... Perciò sento il bisogno in parte di insegnare, in parte di contribuire alla realizzazione di spettacoli e rassegne come il Grey Cat. Poi però devo anche guadagnarmi il pane, per cui qualche concerto del festival riesco a vederlo, ma tanti altri no perché sono a lavorare.

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