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Jazz & Wine in Montalcino 2025

Jazz & Wine in Montalcino 2025

Courtesy Marco Iacoboni

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Jazz & Wine in Montalcino 2025
Castello Poggio alle Mura; Fortezza
Montalcino (SI)
22—27 luglio2025

Dal 22 al 27 luglio 2025, il maestoso Castello Poggio alle Mura e la storica Fortezza di Montalcino hanno ospitato la ventottesima edizione del Jazz & Wine in Montalcino. Organizzato dalla Fondazione Banfi, in collaborazione con l'Alexanderplatz Jazz Club di Roma e il Comune di Montalcino, il festival ha rinnovato la sua formula unica, intrecciando l'eccellenza musicale del jazz con il prestigio del Brunello. In un'atmosfera che richiama un sa lotto a cielo aperto, la convivialità si è fusa con la passione per la musica sotto le stelle delle calde notti estive della campagna senese.

Il festival si è aperto con il leggendario pianista Kenny Barron, accompagnato da Kiyoshi Kitagawa al contrabbasso e Johnathan Blake alla batteria, nell'ultima tappa di un intenso tour europeo. Nonostante un pubblico inizialmente distratto dal degustare il vino, il trio ha conquistato la scena con una performance magistrale. Barron, il cui pianismo sembra immune al passare del tempo, ha offerto un'eleganza incisiva, in dialogo con il lirismo profondo di Kitagawa e l'energia ritmica di Blake, sempre più incalzante.

Il brano originale "Shuffle Boil" è stato un momento clou, con un tema sincopato di Barron frantumato dal drumming affilato e imprevedibile di Blake. L'apice emotivo è arrivato con un medley di quattro ballate dedicate a Duke Ellington e Billy Strayhorn, eseguito da Barron in un toccante solo al pianoforte. Peccato che il chiacchiericcio di alcuni spettatori abbia disturbato l'incanto, ma un pastore tedesco, sdraiato sotto un tavolo, sembrava cogliere la magia meglio di molti presenti. La serata si è conclusa con un omaggio a Caetano Veloso e il bis di "Cook's Bay," un brano originale ispirato a un viaggio a Bora Bora, dai colori esotici.

La seconda serata ha visto protagonista il trio di Enrico Pieranunzi, con Thomas Fonnesbaek al contrabbasso e Francesco Petreni alla batteria. Il loro jazz di altissima qualità ha incantato il pubblico sin dal primo brano. Il lirismo di Pieranunzi, supportato dal talento del contrabbassista danese e dalla maestria del batterista senese, ha dato vita a un'esplorazione sonora ricca di variazioni armoniche ed energia. Da "Everything I Love" di Cole Porter, con un intimo dialogo tra pianoforte e contrabbasso, alle composizioni originali di Pieranunzi, ogni brano ha rivelato il suo stile narrativo e intimista.

Tra un pezzo e l'altro, il musicista si è raccontato al pubblico, svelando un lato poco conosciuto della sua carriera. Ha rievocato il periodo tra il 1973 e il 1988, quando era uno "studio man" richiesto per le colonne sonore di grandi film. In un momento particolarmente toccante, ha ricordato la sua collaborazione con il maestro Ennio Morricone, svelando di aver suonato in capolavori come C'era una volta il West e Nuovo cinema Paradiso. Successivamente ha riarrangiato questi brani in chiave jazz, unendo così due mondi che lo hanno formato in una parentesi che ha arricchito la performance.

Il festival si è spostato nella suggestiva Fortezza di Montalcino, accogliendo altri grandi nomi. La terza serata ha visto l'esibizione di Malika Ayane, che ha portato il suo stile unico in una parentesi pop d'autore. Accompagnata da Filippo Cornagli alla batteria, Andrea Andreoli al trombone, Jacopo Bertacco e Claudio Flaminio alle chitarre, la sua voce ha catturato il pubblico con un'energia raffinata.

La sera successiva, la Fortezza si è immersa nel mondo delle colonne sonore grazie alla poetica di Nicola Piovani. Un'esperienza più che un concerto, con il premio Oscar che ha alternato il pianoforte a un intimo recital, Note a margine, raccontando le sue composizioni e gli aneddoti legati ai grandi registi con cui ha lavorato, da Nanni Moretti a Federico Fellini. Le note dei suoi capolavori, come La vita è bella e Caro Diario, hanno commosso il pubblico, rafforzando quell'idea di donare un messaggio di cultura, di bellezza, di armonia e di pace, accompagnate sullo sfondo dalle suggestive illustrazioni di Milo Manara.

Il sabato ha segnato il ritorno di Fabrizio Bosso e Javier Girotto, a ventotto anni dalla loro prima apparizione al festival. La loro performance, ispirata al nuovo album Desde cuando, ha trasportato il pubblico in un viaggio di ritmi e melodie sudamericane. L'interplay tra i due fiati è stato sublime, con assoli potenti e improvvisazioni sostenute da una sezione ritmica d'eccezione: Bruno Marcozzi alle percussioni, Lorenzo Tucci alla batteria, Luca Bulgarelli al basso elettrico e Natalio Mangalavite al pianoforte, voce e tastiere.

Girotto, con un'intensità quasi rituale, ha estratto dal sax suoni viscerali, mentre Bosso ha alternato virtuosismi in sovracuto a passaggi sussurrati. Il bis, con un omaggio a Fabio Concato con "Rosalina" e "Historia de un amor," ha chiuso una serata di grande impatto emotivo.

A concludere il festival, il quartetto del trombettista Avishai Cohen ha offerto un concerto di rara intensità. La sua musica, intrisa di influenze mediterranee e ritmi pressanti, ha oscillato tra malinconia, spiritualità ed esplosioni di free jazz. In apertura, Cohen ha lanciato un appello per la pace in Israele e Gaza, accolto da un applauso unanime. Il suo suono, con echi di Miles Davis e incursioni alla ECM, si è fuso con il pianismo impressionista di Yonathan Avishai, la batteria quasi rock di Ziv Ravitz e il contrabbasso solido di Barak Mori. Con effetti e wah-wah, Cohen ha creato suoni onomatopeici, culminando in un passaggio che univa un bordone, echi del Concierto de Aranjuez e improvvisazione totale.

Due perle finali: l'omaggio a Maurice Ravel con l'"Adagio Assai" e "The Seventh," un brano originale scritto dalla figlia di Cohen, Amalia Cohen. Un finale indimenticabile per un festival che si conferma un'eccellenza nel panorama jazzistico internazionale, dimostrando come il jazz possa essere arte, bellezza e veicolo di speranza.

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