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Giovanni Guidi Trio: City of Broken Dreams
ByQuesta sorta di tensione artistica lo ha portato a raggiungere, in breve tempo, traguardi importanti, come le incisioni per la ECM con Enrico Rava, a proposito delle quali ricorda: «Sono stati album per me molto importanti, in particolare Tribe (ECM, 2011), perché è stato durante quella seduta di registrazione che ho conosciuto personalmente Manfred Eicher. Da lì è nato subito un bel feeling, e poco dopo mi ha chiesto se fossi interessato a registrare qualcosa con lui: la risposta è stata ovvia».
Nasce dunque da quall'incontro il primo lavoro come leader per l'etichetta bavarese, dal titolo evocativo City of Broken Dreams, che lo vede a capo di un trio completato dal contrabbassista americano Thomas Morgan e dal batterista portoghese João Lobo, musicisti con i quali condivide alcuni dei suoi progetti che è riuscito a sviluppare con efficacia in questi ultimi anni, come il quintetto con Gianluca Petrella e The Unknown Rebel Band.
Il pianista si era già misurato con la dimensione del trio in passato, proprio con l'album che lo aveva visto debuttare per la Venus Records nel 2006, si trattava di Tomorrow Never Knows con Emanuele Maniscalco e Francesco Ponticelli, un album basato sulla rivisitazione di diversi brani pop e non solo. Per City of Broken Dreams sono messi in scaletta solo brani originali scritti, come lui stesso ci ha detto, «di getto, subito dopo aver ricevuto la proposta di Eicher. Il materiale è molto semplice, e quando siamo arrivati in studio venivamo già da una settimana di concerti, perciò è avvenuto tutto in maniera molto disinvolta e naturale».
L'album è stato registrato nel dicembre 2011, nell'Auditorium della Radiotelevisione Svizzera, in quel di Lugano, con l'impeccabile assistenza tecnica di Stefano Amerio, che anche in questa occasione è riuscito a riprodurre un suono che rimanda in pieno la sensazione di estrema trasparenza e pulizia.
Rispetto al precedente We Don't Leave Here Anymore (Cam Jazz, 2011) Guidi sottolinea il fatto che «è rimasta la mia "idea" di musica, che per questa incisione non è stata rivoluzionata». Questo nuovo lavoro mette maggiormente in mostra la sua capacità di sviluppare melodie che sanno essere, all'occorrenza, ostiche e angolari ("No Other Possibility"), ma anche sospese e malinconiche ("The Forbidden Zone") e talvolta luminose ("Just One More Time"), in un contesto che trova nelle atmosfere chiaroscurali il suo punto di forza espressiva. La musica prodotta colpisce per la sua intensità emotiva, grazie al pianismo di Guidi - a volte minimale e in altri momenti più accessibile e coinvolgente - che si pone come vertice alto di un trio capace di rimanere in equilibrio nelle maglie compositive di uno spartito che prevede molti silenzi, note staccate, sottintesi di grande sensibilità che rimandano al classico mood ECM.
Morgan e Lobo partecipano in maniera attiva alla costruzione del suono prodotto, quasi mai liberandosi in solo, ma in un dialogo continuo con il leader, al quale aprono strade melodiche con una perlustrazione ritmica giocata spesso su piccoli e talvolta impercettibili movimenti. Del resto l'intera incisione vive sulla sovrapposizione di piccoli elementi sonori, che danno forma ad armonie delicate, situazioni pensose e riflessive.
Per Guidi si tratta di un passo importante, e probabilmente decisivo, del suo percorso artistico. A riguardo ci ha detto che: «Vedo City of Broken Dreams come un nuovo inizio di un percorso che mi potrebbe portare ovunque. Almeno questo è quello che desidero». Speranze che hanno valide possibilità di essere portate a buon fine, vista anche la riuscita di questo progetto nelle performance dal vivo - nelle quali il tutto è stato implementato con temi originali del passato e alcuni standard -, lì dove si sono aperti nuovi spazi improvvisativi e sono nate nuove idee che potrebbero portare il giovane pianista di Foligno verso obiettivi ancora più prestigiosi.
Foto di Claudio Casanova (le ultime due).
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