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Gil Scott-Heron-Brian Jackson: Mezzo secolo di una partnership epocale

Gil Scott-Heron-Brian Jackson: Mezzo secolo di una partnership epocale

Courtesy Gary Price

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A mezzo secolo di distanza dai primi folgoranti album degli anni settanta, la figura di Gil Scott-Heron resta centrale nella cultura afro-americana contemporanea. Molti rapper l'hanno indicato come ispiratore, Makaya McCraven gli ha dedicato nel 2020 We're New Again e i suoi brani sono stati campionati da esponenti della scena hip hop come Kanye West, Drake e Common. In quest'articolo ricordiamo i primi quattro dischi del cantante/poeta di Chicago (Small Talk, Pieces of a Man, Free Will e Winter in America), dando il giusto riconoscimento a Brian Jackson, il partner spesso dimenticato di quei magistrali lavori e di altri che seguiranno.

Il nome del pianista e tastierista compare in prima copertina solo a partire da Winter in America ma la partnership con Scott-Heron iniziò nel 1969 quando frequentavano la Lincoln University. È allora che presero a scrivere canzoni, coniugando i testi politici e sociali del diciannovenne Gil con gli arrangiamenti jazz di Brian, più giovane di un anno.

Scott-Heron ricordò quel primo incontro nella sua autobiografia The Last Holiday: «Brian Jackson era una matricola con una formazione di musica classica. Un giorno stavo suonando le tastiere e avevo terribili problemi con lo spartito di "God Bless the Child." Brian poteva suonare quella roba come se fosse facile. Ci siamo incontrati nell'aula di musica; mi ha mostrato un po' della sua musica e io ho iniziato a scrivere i testi. Lui ed io abbiamo iniziato a scrivere canzoni per un gruppo chiamato Black & Blues, e abbiamo lavorato insieme per un bel po' facendo canzoni per questo gruppo».

In un'intervista a Okayplayer.com Brian Jackson aggiunse qualche dettaglio: «Quando scrivevamo, la musica veniva sempre prima e dettava l'atmosfera dei testi e il senso del messaggio. Volevamo scrivere buone canzoni e questo era il primo obiettivo. Poi non volevamo scrivere canzoni che chiunque altro avrebbe scritto. Non ho detto che avrebbe potuto scrivere ma che avrebbe scritto. C'era gente che scriveva sull'amore senza legami, non corrisposto e sul tentativo di finire a letto con qualcun altro. C'erano un mucchio di canzoni così».

Appena diciannovenne Scott-Heron era già un talento letterario e Jackson rimase sbalordito dal loro primo incontro: «Aveva un grande quaderno di testi e poesie. E una penna. L'ho guardato e ho pensato: "O è molto arrogante o è molto stupido oppure ha molto talento." Naturalmente l'ultima risposta era quella giusta». Scott-Heron era entrato alla Lincoln per diventare scrittore e seguire le orme di Langston Hughes. L'attività musicale con Jackson si concretizzò nel gruppo Black & Blues mentre completava la stesura del suo primo libro (The Volture). La band era solo una piattaforma per presentare le sue poesie. Poi, nella primavera del 1969, il batterista del gruppo gli fece ascoltare A Love Supreme di John Coltrane e il suo approccio con la musica cambiò radicalmente: «La spiritualità, il mix degli strumenti, il modo in cui gli assoli erano impostati—ebbe a ricordare—il modo in cui la melodia era fatta, e la lunghezza dell'opera, ebbero un impatto immediato. Mi ci sono perso dentro».

Nell'estate 1970, David Barnes e Victor Brown dei Black & Blues dopo la laurea presero strade diverse, decretando la fine del gruppo. Gil e Brian continuarono a comporre: il primo concentrato sui testi, il secondo sulle musiche. Per un po' ebbero l'idea di proporre i loro brani ad altri ma anche i cantanti più impegnati come Curtis Mayfield non avrebbero cantato testi così radicali.

Con una cartella ricca di nuove canzoni, Gil andò a trovare il famoso produttore Bob Thiele che aveva lasciato la Impulse! per varare l'etichetta Flying Dutchman. La scelta era legata al suo passato legame con John Coltrane e per aver prodotto il disco Poetry for the Beat Generation di Jack Kerouac, nel 1959. Si fece coraggio, aprì la porta del suo ufficio, si presentò come songwriter e gli propose un'incisione. Bob disse che in quel momento non aveva soldi per fare un album musicale ma dopo aver letto le sue poesie, gli propose un album di spoken work da pubblicare nella sua collana di dischi documento (c'erano testi di Angela Davis, Rap Brown, Stanley Crouch e altri leader afro-americani). «Se fai dei soldi—gli disse—forse riusciamo a produrre un album di musica».

A tarda estate 1970 fu registrato Small Talk at 125th And Lenox. Accompagnato da alcune percussioni di fronte a un piccolo pubblico, il giovane Gil declamò i suoi testi intrisi di riferimenti ai protagonisti della cultura afro-americana: Mingus, Coltrane, Malcom X, Martin Luther King. La cover dell'album presentava Gil come "Un nuovo poeta nero," raffigurandolo in livide istantanee in bianco e nero riprese nei vicoli di Harlem. Nat Hentoff scrisse le note di copertina definendolo un fenomeno proteiforme. L'album si apriva con la prima versione di un brano che diverrà epocale: "The Revolution Will Not Be Televised." Varie stazioni radio iniziarono a trasmettere quei pezzi, decretandone il successo commerciale nei quartieri neri e tra gli studenti dei college.

Pieces of a Man


Bob Thiele mantenne la parola e produsse l'album strumentale che aveva promesso, affiancando a Gil e Brian alcuni jazzmen di primo piano: Hubert Laws al flauto e sax, Burt Jones alla chitarra elettrica, Ron Carter al basso acustico ed elettrico, Bernard Purdie alla batteria, Johnny Pate, arrangiamento e conduzione. La presenza di Carter e Laws venne su indicazione di Scott-Heron. Brian Jackson suggerì come batterista Elvin Jones ma alla fine fu scelto Purdie per la ricca esperienza nel R&B. Il 19 aprile 1971 si trovarono tutti in studio per incidere e il primo impatto fu sconcertante. «Quando sono entrati e ci hanno visto—ricordò Gil al Daily Swam—hanno chiesto a Bob (Thiele) cosa diavolo stesse succedendo con questi due ragazzi che sembravano liceali». Ron Carter prese in mano gli spartiti dicendo "Look, well fuckers, you know, look, let's see what we got here." Fecero alcune prove per vedere come funzionava e la tensione si sciolse. Carter che all'inizia era diffidente, apprezzò le interpretazioni di Scott-Heron, dichiarandolo poi pubblicamente al New Yorker: «Era una voce appropriata per Shakespeare». Sette degli undici brani erano stati scritti in coppia tra Scott-Heron e Jackson. Quest'ultimo era presente al pianoforte e tastiere e resse molto bene il confronto coi grandi partner (pur essendo spaventato a morte).

Pieces of a Man è uno dei grandi album degli anni settanta, anche se poco noto. Doloroso e introspettivo, con testi potenti che descrivono l'emarginazione e i drammi esistenziali della popolazione afro-americana: disoccupazione, isolamento sociale, tossicodipendenza. Nella Soul Music nessuno l'aveva fatto e nessuno lo farà con quell'intensità.

Le interpretazioni di Gil Scott-Heron prediligono un canto colloquiale, espresso con calde ombreggiature e partecipazione in freschi sviluppi musicali, con accattivanti melodie e bell'urgenza ritmica. Evidente eccezione è "The Revolution Will Not Be Televised" posto in apertura e riformulato in un modello che influenzerà l'hip hop a lungo: un serrato spoken word rielaborato strumentalmente con un marcato funk groove di basso e batteria e il contrappunto di uno strumento a fiato (in questo caso il flauto di Laws). A parte un paio di temi "leggeri" il percorso musicale è impressionante. Scott-Heron trasfigura poeticamente storie di vita a lui note raccontandole in prima persona.

La title track racconta l'impatto di una lettera di licenziamento sulla vita di un uomo: Ho visto il mio papà incontrare il postino / E ho sentito il postino dire / "Ora non prendere questa lettera troppo duramente, Jimmy, perche' oggi ne hanno licenziati altri nove" / Ma non sapeva cosa stava dicendo / Riusciva a malapena a capire / Che stava parlando solo con pezzi di un uomo / Ho visto il tuono e sentito il lampo / E ho sentito il peso della sua vergogna.

"Home Is Where the Hatred Is" è il ritratto di un tossicodipendente talmente intenso che la cantante Esther Phillips era convinta fosse proprio lui (purtroppo lo diventerà anni dopo). Il drammatico quanto maestoso "The Prisoner" è il brano jazzisticamente più intenso, caratterizzato da un lungo intervento di Brian Jackson al pianoforte. Gioia e speranza sono espressi in "I Think I'll Call It Morning," "When You Are Who You Are" e soprattutto nel coinvolgente "Lady Day and John Coltrane" che esalta il potere terapeutico della loro musica ("Hai mai sentito che in qualche modo, da qualche parte hai perso la tua strada?/ E se non ti fai aiutare non ce la farai a superare la giornata / Potresti chiamare Lady Day! / Puoi chiamare John Coltrane! / Laveranno via i tuoi problemi").

L'album vendette quasi 30 mila copie, posizionandosi al 25mo posto nella classifica degli album soul di Billboard. Un ottimo avvio come soul singer anche se Scott-Heron continuava a sentirsi uno scrittore e riuscì a ottenere un master in scrittura creativa alla Johns Hopkins University. Per lui che aveva abbandonato la Lincoln senza laurearsi rappresentò una rivincita di cui andò sempre fiero.

Free Will


Con quest'album, Scott-Heron e Jackson conclusero il contratto con la Flying Dutchman. Il disco fu diviso in due parti: cinque brani iniziali (quattro scritti in partnership) sviluppati sul modello di Pieces of a Man e una parte poetica ("The Poet Tree") con sette liriche declamate su una base di flauto e percussioni. Inciso il 2 e 3 marzo 1972 vedeva ancora presenti Bernard "Pretty" Purdie e Hubert Laws più l'ingresso del bassista Jerry Jemmott, del chitarrista David Spinozza e due percussionisti per la parte in spoken word.

Pubblicato nello stesso anno, vendette le stesse copie del precedente ma non ebbe il successo che Gil sperava ed è rimasto storicamente in ombra. Eppure conteneva canzoni rimarchevoli, oltre la celebrata "The Get Out Of The Ghetto Blues" e testi di forte impatto, venati di rabbia e delusione per il comportamento passivo degli stessi afroamericani.
Nella parte poetica spiccano "No Knock" e "Billy Green Is Dead": il primo brano denunciava la legislazione che consentiva alla polizia di violare brutalmente il domicilio ("Non ha bussato a mio fratello, Fred Hampton / fori di proiettile dappertutto! / Non ha bussato a mio fratello, Michael Harris / e gli ha puntato un fucile contro il cranio! Per la mia protezione?/ Chi mi proteggerà da te?") e il secondo criticava l'apatia di molti afroamericani verso il degrado dei ghetti.

Winter in America


È uno dei capolavori della musica afro-americana e un disco emblematico da vari punti di vista: manifesto della condizione sociale statunitense dell'epoca, grande successo commerciale col singolo "The Bottle" e tentativo riuscito di autonomia produttiva, sotto l'ombrello della Strata East.

Nata nel 1971 per opera di Stanley Cowell e Charles Tolliver, l'etichetta lasciava ai musicisti i diritti di edizione musicale e l'85% del guadagno delle vendite dei dischi. Una cosa sconvolgente in un mercato discografico che concedeva ai musicisti dal 5 al 15 per cento delle royalties, acquisendo tutti i diritti editoriali. Proprio sulla proprietà dei diritti di pubblicazione Scott-Heron e Jackson s'erano scontrati col rifiuto di Bob Thiele e approdarono alla Strata East. Essendo periferici rispetto al mondo del jazz non erano noti. «Un giorno del 1974— ha ricordato Charles Tolliver a Jazz Times—Gil Scott-Heron arrivò. Stanley era lì quel giorno e mi disse: Gil Scott-Heron vuole fare un disco." Ho risposto: "Gil chi?." Non avevo prestato molta attenzione a quel lato delle cose anche se "The Revolution Will Not Be Televised" era diventata un'icona».

La Strata East voleva il master finito e i due s'organizzarono con i 4 mila dollari che avevano in cassa. All'epoca incidere un album costava almeno 50 mila dollari. Chiesero aiuto a un tecnico loro amico, José Williams, e incisero quasi tutto da soli, eccetto l'aggiunta di basso e batteria in qualche brano. Affittarono per qualche giorno il D&B Sound Studio a Silver Spring, nel Maryland, con un registratore a 8 piste, ma lo spazio era così piccolo che Gil cantava in studio e Brian suonava nel corridoio, vicino al distributore dell'acqua. Fu in quel punto che suonò il flauto in "The Bottle" e in "Your Daddy Loves You."

Il progetto prevedeva un concept album basato sulle vicende di un reduce del Vietnam finito in ospedale psichiatrico. L'album risultava però troppo cupo e alcune canzoni furono eliminate. Il previsto titolo Supernatural Corner fu modificato in Winter in America. Un inverno che Scott-Heron vedeva iniziare con gli omicidi di Robert Kennedy, Malcolm X e Martin Luther King. «L'America era in un periodo buio—spiegò poi—perché le persone che avevano cercato di fare qualcosa di positivo erano state uccise».

Dopo quasi mezzo secolo l'album è quanto mai attuale sia dal punto di vista dei contenuti che delle musiche: poesie di forte impatto, un timbro vocale profondo, melodie e ritmi incalzanti trainati dall'inatteso successo di "The Bottle," che arrivò al 15° posto della classifica di R&B. Il testo della canzone fu ispirato da un gruppo di alcolisti che si riunivano fuori da un negozio di liquori, dietro la casa di Scott-Heron. Questi iniziò a parlare con loro e conobbe le storie personali. «Nessuno aveva deciso di diventare alcolizzato—disse poi allo scrittore Patrick Sisson—ma nelle loro vite era successo qualcosa che li aveva cambiati». C'erano un medico denunciato per un aborto illegale, un controllore di volo il cui sbaglio aveva provocato un incidente aereo, un'assistente sociale sconvolta dalla morte di un cliente. Oltre al testo, l'iterativo ritmo di base e i contrappunti di Brian Jackson al flauto, rendevano il brano contagioso. I deejay se ne impossessarono alimentandone il successo. La Strata East fu subissata da richieste che non riusciva a soddisfare e un'etichetta concorrente creò un singolo quasi identico, enfatizzato nel ritmo per il pubblico delle discoteche.

Nell'estate del 1974 "The Bottle" fu la colonna sonora delle aree urbane statunitensi, vendette un milione di copie e resta un classico della club culture. Il New Musical Express l'ha classificato al 92° posto nella lista dei 150 migliori singoli di tutti i tempi. Winter In America va però ricordato nella sua interezza, per la capacità di ritrarre i sentimenti individuali e collettivi con testi potenti e ammalianti melodie. Impossibile non ricordare la delicatezza di "Song for Bobby Smith" e "Your Daddy Loves You" diventati dei classici. In quest'ultimo brano Gil ritrae così fedelmente i sentimenti paterni in un contesto di conflitto famigliare da far supporre un coinvolgimento personale. Invece il poeta non aveva ancora figli e diverrà padre di una bambina sono otto anni dopo.

Quel grande successo fece decollare la carriera di Scott-Heron e Jackson che iniziarono a dare concerti in tutti gli USA e in Europa con la loro Midnight Band. Riascoltando dopo mezzo secolo quei primi capolavori degli anni settanta non possiamo che rimarcarne la visionaria modernità e la forza della denuncia sociale. Una denuncia che resta attuale e si estende oltre confini del mondo afro-americano.

Il sodalizio con Brian Jackson andò avanti per tutto il decennio, finchè le loro strade si divisero portando a nuovi—anche significativi—percorsi individuali. Purtroppo l'alcol e la cocaina iniziarono a invadere la vita di Scott-Heron, in una sorta di drammatica profezia annunciata nei suoi testi. La sua influenza sulla black popular music, l'hip hop, la club culture, il jazz contemporaneo (e persino sulla slam poetry) è stata enorme, fino al testamento musicale conclusivo dell'album I'm New Here.

Brian Jackson ha continuato a suonare e produrre musica fino a oggi. Dopo la separazione da Scott—Heron collaborò con Stevie Wonder, Kool & The Gang, Roy Ayers, Gwen Guthrie continuando a rinnovarsi. Cavalcando il ritorno ai suoni degli anni settanta, nel 2021 ha pubblicato un disco con l'etichetta Linear Labs di Adrian Younge, volume 8 della serie "Jazz Is Dead" (nome volutamente provocatorio). Il titolo è Brian Jackson col flautista co-leader assieme a Younge e Ali Shaheed Muhammad in una variopinta sintesi con le nuove tendenze della black popular music; nelle prossime settimane è annunciato il suo primo album solista in oltre vent'anni: This Is Brian Jackson, prodotto da Daniel Collás e pubblicato da BBE Music. Il disco riprende un vecchio progetto del 1976 mai realizzato e riporta in superficie le suggestioni funk-soul di quel decennio, con gli indimenticabili contrappunti del suo flauto.

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