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Mike Taylor: Trio, Quartet & Composer Revisited

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Mike Taylor: Trio, Quartet & Composer Revisited
Nella tomba numero 23588 del cimitero di Sutton Road di Southend on Sea, nell'Essex a circa 71 km da Londra è sepolto dal 1969 il corpo di Michael Ronald Taylor, conosciuto nel mondo con il nome di Mike e che i grandi appassionati di rock e pop forse ricordano quale autore di alcuni brani di un seminale lavoro dei Cream.

Mai praticamente compreso per la sua grandezza—anche per il fatto di essere morto a soli 31 anni affogato nei pressi dell'estuario del Tamigi prima che la le sue qualità venissero riconosciute—Mike Taylor è il protagonista di una splendida ristampa curata da Hat Hut nella sua sorta di sotto-etichetta specializzata in ristampe, la "Ezz-thethics." Il CD raccoglie otto registrazioni tratte dal disco del suo trio (che poi era un quartetto con due bassisti che si alternavano), una versione di "A Night in Tunisia" registrata dal suo quartetto, e tre celebri brani prodotti per i già citati Cream di Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker, per il loro importante ed amatissimo Wheels on Fire del 1968.

Considerato al tempo come un autentico pazzoide, con gran parte del merito di tale follia dovuto all'esagerato uso di droghe allucinogene, è solo grazie al lavoro di Neil Ardley con la New Jazz Orchestra (big band britannica attiva per poco meno di dieci anni dal 1963 al 1970) che il nome di Taylor fu elevato al rango di piccolo grande genio nascosto del "new jazz" inglese.

Taylor incise in realtà solo una manciata di dischi (tre in quartetto e uno a testa in trio e in quintetto), trovando notorietà nel circuito modernista della scena jazz della terra d'Albione fine Sessanta solo con le incisioni del trio e di uno dei dischi in quartetto (Pendulum) per la Columbia locale.

In modo impressionante il tocco è avvicinabile a quello di Bill Evans, indubbiamente "avanti" per il tempo europeo di allora e capace di avvalersi di una tavolozza di colori musicali in qualche modo filosoficamente estesa al verbo del rock che stava prendendo il sopravvento. E il fatto che nelle sue formazioni girasse gente del calibro di Jack Bruce o Jon Hiseman lo può certificare in modo eminente.

Il suo eccentrico modo di vivere lo avvicinava di certo più a quel mondo che a quello più compassato del jazz. Lo si trovava in giro per il centro di Londra con un piccolo tamburo di argilla, viveva all'addiaccio nel Richmond Park e, spesso durante session o registrazioni, si fermava nelle pause con i colleghi raccontando di avere avuto interessanti discussioni con i cervi reali del parco.

È nelle spire dei brani in trio e nella lunga versione in quartetto di "A Night in Tunisia" che si riesce a posteriori a comprendere il valore dell'inclinazione creativa di Taylor. Standard mainstream quali "All the Things You Are" o "Stella by Starlight" che nessuno avrebbe potuto toccare, subiscono un maquillage singolare e lui riesce ad agire proprio laddove tutti gli improvvisatori del tempo (non statunitensi) si tirano regolarmente indietro.

Forse, sostiene qualche studioso capace di alzare lo sguardo oltre ai paletti, Taylor comprende prima di molti altri che il jazz ha bisogno di reagire creativamente alle sfide poste dal rock e adattarsi ai "tempi moderni" mantenendo integrità. Dietro l'angolo ci sono la svolta elettrica di Davis e, restando in Inghilterra, la straordinaria ricchezza di Elastic Rock che i Nucleus di Ian Carr metteranno in scena proprio agli albori di un nuovo fondamentale decennio.

Ovvio che un personaggio del genere abbia un fascino tutto suo. E in quel periodo non fu il solo: Nick Drake e Syd Barrett hanno una storia troppo simile per non essere accostata alla sua.

Nel 1965, Ornette Coleman volle solo una formazione di Taylor ad aprire quale side-band un suo concerto a Londra.

Racconta il diario di Ron Rubin (uno dei due bassisti del famoso trio citato e forse la persona che lo conosceva meglio) che Taylor si presentò a piedi nudi lunedì 28 agosto 1967 ad un concerto al Ronnie Scott's di Gerrard Street. "Quasi in trance si sedette al pianoforte e senza mai toccare la tastiera parlando in modo incomprensibile. Gli dissi che non riuscivo a capire cosa stesse dicendo e lui mi rispose "Va tutto bene, Ron, sto parlando con l'altoparlante."

Come raccontano le righe finali di Brian Morton, autore nel gennaio 2021 delle note di copertina di questo lavoro, probabilmente disgustato dal mondo commerciale che stava prendendo forma lasciando l'arte dietro di sé (ma sarebbe accaduto almeno due lustri dopo), ..."nel gennaio del 1969, Mike andò dritto dietro l'angolo e non tornò mai più."

Album della settimana.

Track Listing

All the Things You Are; Just a Blues; While My Lady Sleeps; The End of a Love Affair; Two Autumns; Guru; Stella by Starlight; Abena; A Night in Tunisia; Passing the Time; Pressed Rat and Warthog; Those Were the Days.

Personnel

Ron Rubin
bass, acoustic
Jack Bruce
bass, acoustic
Tony Reeves
bass, acoustic
Dave Tomlin
saxophone, soprano
Eric Clapton
guitar, electric
Additional Instrumentation

Mike Taylor; piano (1-9); Ron Rubin: double bass (1-6, 8); Jack Bruce: double bass (3, 5-7), bass guitar (10-12); Tony Reeves: double bass (9); Jon Hiseman: drums (1-9); Dave Tomlin: soprano saxophone (9); Eric Clapton: guitar (10-12); Ginger Baker: drums (10-12).

Album information

Title: Trio, Quartet & Composer Revisited | Year Released: 2021 | Record Label: Ezz-thetics

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