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Sisifo – la fatica della ricerca
BySi tratta di un volume, che include dei saggi a cura di Franco Bergoglio e Davide Ielmini e una serie di fotografie scattate da Luca D'Agostino, che traccia, passando per diverse sezioni, il percorso di Barbiero servendosi di molti stralci di recensioni provenienti da rilevanti riviste o siti web di settore, opportunamente commentate dal protagonista della vicenda, il quale riguardo alla critica musicale pensa che: «Da tanti critici ho imparato molto, ma negli ultimi anni il livello è sceso parecchio, si tratta spesso di dilettantismo estremo, o peggio ancora di un target provinciale. Sembra che molti siano preoccupati di "dimostrare" di aver capito, di poter scrivere quello che scrivono, e questa sensazione è quasi palpabile. Oppure c'è la continua necessità di un paragone con qualche americano, come se quel raffronto dimostrasse una certa competenza. Da sempre, da Ciao 2001, la prima cosa che guardo in un articolo o recensione è la firma; il bravo giornalista dovrebbe essere un garante della bellezza, dell'intelligenza, dell'onestà, ma mi sa che sono un po' ingenuo o mi piace pensare di esserlo ancora».
Quello di Barbiero è un pensiero musicale alla perenne ricerca della sperimentazione e del significato. Nel volume viene indagato anche il rapporto che ha nei confronti delle altre arti o del pensiero filosofico. Tangenti d'interesse che entrano nella sua musica portandosi spesso dietro retaggi di forte idealismo culturale. Lui però è uno che quando suona in un contesto di gruppo ha la condivisione come obiettivo primario: «È solo un mio percorso, un'idea che definisce la strada, ma i musicisti suonano se stessi, non mi permetterei mai di indicare a chiunque fosse, Tim Berne o Drake, Mandarini o Schiaffini, l'idea su cui devono suonare. Certo, E(x)stinzione è un progetto forte, con la sua idea di post-industriale, la caducità dell'uomo, ma la musica poi cammina da sola, le persone suonano se stessi, si possono creare delle condizioni in cui muoversi ma non avrai mai il controllo totale su ciò che accade, né, francamente, lo vorrei».
Tra le righe del libro finiscono sotto la lente d'ingrandimento le storie e i significati di gruppi importanti come Odwalla ed Enten Eller, rari esempi di longevità e coerenza. Progetti che nel corso degli anni hanno assunto forme importanti e si sono arricchiti attraverso l'affinità umana tra i componenti e lo scambio con altre realtà che sono passate nei loro territori. Per Barbiero a legarli e a farli durare nel tempo è stata determinante: «Sia la combinazione umana sia l'idea intorno alla quale sono riuniti; inoltre c'è la voglia di rinnovarsi e aggiungere prospettive. Suoniamo poco, ma siamo consapevoli di fare cose di valore, almeno così dice da sempre la critica. Questo è consolante e motivo di orgoglio, vi è una stima reale tra le persone e gli ospiti che sono passati in Enten Eller o Odwalla». Inoltre c'è la costanza, intesa anche come modo di affrontare la vita, tra le armi vincenti di questo personaggio: «Ho una mia disciplina rigorosa: sveglia sempre alle sette, studio, sport, lezioni, organizzazione. La creatività va, come dire, "organizzata," bisogna preparare il terreno perché qualcosa possa accadere, ma sapere che un colpo di vento potrebbe cambiare tutto quello che avevi previsto; forse è questo il jazz, la vita in genere».
La sua musica prevede anche il confronto con se stesso. Una solitudine quanto mai imporatante e fondamentale, come del resto è riportato nella parte introduttiva di questo libro dove è citato Keith Jarrett: «Più un artista diventa eccellente, più solo si sentirà». Barbiero ha modo di riflettere sul suo stato di solitudine: «Credo sia una condizione essenziale per creare, per essere, o per lo meno lo è per me. Il titolo sia del CD in solo sia del libro Sisifo, in un certo senso, ne è metafora, un peso con cui convivere quotidianamente, ma non necessariamente così brutto, si può anche amare la solitudine». Probabilmente si sente ancora più solo in un panorama culturale sempre più livellato verso il basso e sempre più vuoto e uguale a se stesso. Nel libro c'è una riflessione a riguardo, dove il percussionista non si crea problemi nel fare nomi e cognomi: «Questo è il Paese di Sanremo, da cui esportiamo Arbore, Allevi, Bocelli, la Pausini». Un problema grave, riguardo al quale dichiara di: «Non avere soluzioni. Il programma per l'insegnamento della musica nelle scuole italiane rasenta la stupidità, basterebbe imparare dagli Stati Uniti, dove ci sono programmi seri già dalle elementari. Credo che il vero problema è come viene percepita e insegnata la musica, l'arte, la cultura in questo Paese, non come un valore ma come un passatempo. Questo la svilisce e la priva dei suoi contenuti. Abbiamo avuto ministri di destra che hanno detto che con la cultura non si mangia, mentre quelli di sinistra non lo dicono, ma lo pensano. Certo è che la TV degli ultimi due decenni ha grandi responsabilità, ma è la classe politica che è inadeguata al ruolo che ricopre».
Un altro esempio di coerenza estrema sta nel fatto che negli ultimi venti anni Barbiero è rimasto fedele all'etichetta Splasc(H). Nel libro c'è un'ampia parte dedicata a quest'aspetto singolare, basato, come ha avuto modo di dirci, su quello che definisce come: «Un rapporto di fiducia, riconoscenza, libertà che ho sempre avuto nella realizzazione di ogni progetto, non ho mai pensato che fare un album fosse un escamotage per trovare concerti, e credo che alla Splasc(H) questo lo hanno sempre compreso e che era importante anche per loro questa coerenza». È rimasto anche fedele al suo luogo di origine, Ivrea, anziché cercare fortuna e ispirazione in posti forse più stimolanti e coinvolgenti, perché, a suo modo di vedere: «Ci vivo, ci sono nato, i miei progetti hanno musicisti che arrivano da tutta Italia, Europa, Usa; vivere a New York per fare jam non era certo il mio obiettivo, non le farei nemmeno in Italia. A me interessano i "progetti," l'importante è portarli "fuori". A Ivrea organizzo due festival che sono l'unico elemento che mi collega alla mia città; certo, il clima è da città morta in cui alle 20 sono tutti a dormire e dove non accade nulla, ma questa è la realtà. Le rovine dell'Olivetti si sentiranno ancora per anni».
Un posto dove ha forgiato la sua idea di estetica che lui descrive così: «Forse un suono il più primitivo possibile, potrei definirlo come la pittura di Modigliani o il cubismo di Picasso nelle intenzioni, questo è per come lo percepisco; i timbri, le combinazioni sia ritmiche sia armoniche dovrebbero distaccarsi il più possibile da quella sicurezza del sistema temperato, pur non rinnegandolo ovviamente, ma credo che in questi discorsi ci si impantana sempre e ci si sente stupidi, per citare Frank Zappa "parlare di musica è come ballare d'architettura"». Quella prodotta da Barbiero Musica è una musica non sempre semplice da descrivere, ed è forse per questo che il suo nome, malgrado la mole e la qualità del lavoro svolto, difficilmente risulta tra quelli più famosi e più in voga, anche solo in ambito nazionale. Ma lui, a riguardo, sente di aver commesso qualche errore particolare? «Chi lo sa, forse sì, ma nulla di cui mi pento, credo comunque che i Rava, Bollani, Fresu siano lì perché lo meritano, vivere d'invidie o altro è miserevole, preferisco cercare di capire cosa faccio e come viene percepito. E(x)stinzione ha avuto plausi ovunque, circa un centinaio di recensioni, Odwalla dovunque suoni funziona, i miei lavori più intimi, i soli o i duetti hanno avuto recensioni splendide. Non so se ho fatto scelte sbagliate, ma ho fatto "scelte," e questo è già tanto».
Soluzioni che partono spesso da un'idea di base, poi sviluppata e tradotta in musica. Sono i significati profondi a fare da sfondo ai tanti lavori prodotti da Barbiero. La musica, a suo avviso, oltre che impegno, può anche essere semplice intrattenimento? «Può essere entrambi, quando è musica di valore ha bisogno di entrambe le componenti, ma devono essere "oneste," preparate a tavolino, prima o poi, mostreranno segni di cedimento. Tutti parlano di "progetto," senza capire il reale significato di quel concetto. Un'idea dietro un gruppo, un CD deve essere reale, forte, non può limitarsi alle stravaganze, come inserire la tabla in un disco di standard, o magari mettre un attore a leggere delle poesie; ormai lo fanno tutti, è come aggiungere le ciliege sula torta, ma la torta è sempre la stessa».
Nel libro risultano molto interssanti i saggi di Bergoglio e Ielmini, mentre le tappe del cammino di Barbiero sono ben riassunte anche grazie a una dettagliata discografia. Nell'insieme emerge una figura in continuo divenire, che probabilmente ha ancora moto da esprimere, anche se lui cerca di mantenere basso il suo profilo: «Non lo so, non credo spetti a me dirlo, sarebbe quanto meno presuntuoso. È anche vero che se ho qualcosa da esprimere posso farlo "solo" attraverso la musica, poi capire se ci riesco o se ci riuscirò è un discorso più complesso».
Sisifo - la fatica della ricerca a cura di Guido Michelone e Gian Nissola Edizioni del Faro (2013) - Pagine 164 Euro 24,00
Foto di Luca D'Agostino (Phocus Agency).
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