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Orchestra Aperta: Fare musica con le mani
Abbiamo tutti la responsabilità di rendere la nostra musica il piu comunicativa possibile
Paolo Damiani
Il progetto si sviluppa intorno alla pratica della scrittura chironomica nata in Egitto nel quarto millennio A.C., rintracciabile in seguito anche nelle liturgie medievali, costituita da piccoli segni utilizzati dal precettore per dare indicazioni ai cantori in merito all'andamento melodico per mezzo di gesti della mano. Il maestro Paolo Damiani ci spiega che cosa si cela dietro la scelta di utilizzare tale pratica-"Sono stati i musicisti Walter Thompson e Butch Morris a valorizzare la conduzione chironomica all'interno della musica jazz. Quest'ultimo ha brevettato piu di 800 gesti per la conduzione chironomica. All'interno del nostro progetto ne abbiamo utilizzati appena 46. È una pratica che permette ai strumentisti di sviluppare l'improvvisazione attraverso la gestualità, con la possibilità di farlo anche in mancanza di partiture. Ho tuttavia preferito in questo contesto usare una tecnica mista abbinando i gesti alle partiture composte da pentagrammi tradizionali, citazione di brani e serie dodecafoniche."
Tale varietà di componenti compositivi ed interpretativi sono confluiti in un'articolata architettura musicale a cui, ad ogni parte designata dal singolo, corrisponde una veduta d'insieme in continuo movimento-come ci spiega ancora Damiani"Per questo progetto ho preferito parlare di conduzione invece che di direzione perché rappresenta un lavoro d'insieme. Per due settimane abbiamo lavorato sia sulle composizioni, scritte da noi docenti e dai giovani musicisti coinvolti, sia sui gesti che fanno parte della pratica chironomica. Ogni singolo gesto di conduzione rivolto ad ognuno di loro implica una completa responsabilità da parte dell'orchestrale durante l'esecuzione. Posso dargli un'indicazione riguardo all'intensità del volume o riguardo ad un'altra direzione da prendere, ma ad ognuno di loro è lasciata piena libertà di comporre mentre improvvisa. Per questo abbiamo definito l'improvvisazione eseguita dall'Orchestra "esecuzione estemporanea." La residenza è stata un laboratorio nel quale abbiamo lavorato dalle sei alle sette ore al giorno, tutti i giorni tranne la domenica, per due settimane. È stata un'esperienza dura ma straordinaria, durante la quale si è formato un vero e proprio suono di gruppo."
L'Orchestra Aperta ha riunito professionisti formatisi nei vari dipartimenti di indirizzo classico, jazzistico e di musica contemporanea dei conservatori sparsi nelle diverse regioni italiane: Giulia D'Amico alla voce, Massimiliano Trabucco alla batteria, Lucio Miele alla percussioni ed elettronica, Davide Zambon alla chitarra, Marco Centasso al contrabbasso, Anais Drago al violino, Mariasole De Pascali al flauto, Rocco Castellani al contrabbasso e Tobia Bondensan al sassofono alto e soprano.
Il timore spesso è che la musica di ricerca, espressa da progetti come questi, rimanga chiusa in una stanza accessibile a pochi. Per evitare questo rischio bisogna trovare la chiave per aprirla al pubblico, abituandolo a un certo tipo di ascolto. Paolo Damiani ha un'opinione ben precisa al riguardo-"Abbiamo tutti la responsabilità di rendere la nostra musica il più comunicativa possibile." I giovani componenti dell'Orchestra Aperta mettono in evidenza come questa residenza, con le prove prima del concerto aperte al pubblico, sia stata un'occasione per proporre una musica che si identifichi nella contemporaneità. "Spesso"ci dicono"si riscontra una sottovalutazione da parte di musicisti o organizzatori nei riguardi del pubblico nel voler scegliere l'ascolto di qualcosa di differente. Per attirare il pubblico verso una musica di ricerca come questa non è importante dare un nome o un'etichetta a ciò che si suona ma farlo con entusiasmo e soprattutto trasporto."
Riguardo ai risultati ottenuti partecipando al progetto i giovani orchestrali aggiungono -"Non è facile trovare situazioni come queste, nella quali suonare insieme ad altri condividendo idee applicate alla musica di ricerca. C'è stata una crescita collettiva che ognuno di noi ha vissuto giorno dopo giorno superando le incertezze iniziali. Anche provenendo da ambiti musicali diversi, tutti noi abbiamo messo al centro del progetto l'improvvisazione legata in maniera ancestrale ad ogni tipo di linguaggio. Alla fine la residenza si è rivelata una scoperta incredibile, permettendoci di imparare l'uno dall'altro focalizzandoci sull'ascolto reciproco e sull'approcciarsi al proprio strumento in maniera diversa." Paolo Damiani aggiunge-"abbiamo imparato ad ascoltarci di più. La maturità acquisita durante l'interno percorso dell'Orchestra Aperta è stata quella di riuscire a contribuire, come collettivo, a dare un senso alla forma della musica espressa."
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