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Josh Roseman: tanta carne al fuoco

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Di R.J. DeLuke

Josh Roseman è un uomo impegnato. Molto impegnato. E anche estremamente energetico, il che è un bene, perché altrimenti si sarebbe portati a pensare che tutte quelle attività lo possano sfiancare. Si dedica infatti a mille progetti, tutti di spessore, e pervasi dalla sua inarrestabile creatività.

Trombonista, compositore, arrangiatore, pensatore cosmico, Roseman ha un proprio studio di produzione con annesso spazio per esibirsi a Brooklyn. Gestisce cinque band che suonano diversi generi musicali, due delle quali impegnate a registrare dischi in uscita nei prossimi mesi. E oltre a questo si esibisce spesso nelle band di altri colleghi.

"Una condizione patologica. O il riflesso di una condizione patologica," commenta Roseman con arguzia e nonchalance, a proposito di tutto ciò che bolle in pentola. "Una delle due."

Roseman, cresciuto a Boston ma a New York dal 1990, è uno che pensa avanti, non c'è dubbio. E parlando con lui ci si rende conto di come, nonostante il suo talento e la sua energia, riesca comunque a non prendersi troppo sul serio. Il che non significa—assolutamente—che sia indifferente. E nonostante si dedichi a mille attività affidandosi all'intuito e lasciando che le cose e la musica si sviluppino liberamente, è attento a non ignorare le tradizioni sulle quali la musica Jazz si fonda. Ha il più profondo rispetto per chi lo ha preceduto aprendo strade nuove nel mondo della musica.

Ma Roseman è, senza dubbio, un musicista del suo tempo, di quelli che lasciano il segno. La sua musica raccoglie diverse influenze, quali lo Ska e il Dub, ma allo stesso tempo incarna lo spirito del be-bop. Gli piace anche la musica elettronica, e come un alchimista musicale è in grado di creare un mix che è allo stesso tempo coinvolgente, irritante, imprevedibile, controverso e tuttavia credibile. Queste influenze funky sono palesi ascoltando dischi quali New Constellations: Live in Vienna (Scrootable Labs/Accurate, 2007) e Treats for the Nightwalker (Enja, 2003). E non disdegna il genere Straight-ahead, essendosi esibito con la Big Band di Dave Holland e, una volta, con il SF Jazz Collective.

"Mi piace l'approccio free. Mi piacciono le cose forti, anche se tranquille. Anche se è solo una questione di lasciare dei grandi spazi, mi piacerebbe che fossero significativi, offrendo un ventaglio di scelte a chi ascolta," dice Roseman. "Non si tratta di basarsi sul Caos per il solo piacere di farlo. Ma mi accorgo che mi piacciono le situazioni che presentino dei contorni netti e dettagli decisi, che abbiano un loro intento preciso. Quindi o le scrivo io, o devo creare le condizioni che le facciano emergere. E non al solo scopo di fare qualcosa che suoni diversamente da quello che si ascolta di solito per radio, o qualcosa di anarchico. Cerco qualcosa che abbia dei meta-contenuti, che ci consenta di mostrare le relazioni tra dinamiche, colori, approcci e forme di espressioni differenti. Per me è istintivo cercare di integrare le esperienze con le mie influenze: focalizzarsi su un solo elemento alla volta non fa per me.

Come tutti i grandi artisti, Roseman compone facendo affidamento non solo sui mezzi che la musica gli offre. "Viviamo a New York. Si incontra un sacco di gente, capitano un sacco di cose. Magari vivi in un bellissimo quartiere, che però non è sicuro. O in un quartiere allucinante, dove però la gente è incredibilmente autentica. Salti su un treno e in un attimo sei in un altro posto. O ascolti della musica che è nuova per te, ma in realtà non lo è. O ascolti un brano conosciuto, e avverti una dissonanza in sottofondo, ma è comunque irresistibile. Provi a destrutturare, capendo come cose così diverse possano capitare contemporaneamente. Come tutto ciò sfidi le nostre aspettative. Ecco cosa mi coinvolge davvero. Questo è ciò che cerco nella musica."

Il disco New Constellations registrato al Birdland di Joe Zawinul, a Vienna, e remixato quel poco che basta in studio, è un ottimo esempio per cogliere l'essenza musicale di Roseman. Grazie a sperimentatori del calibro di Peter Apfelbaum e Barney McAll, la musica è ora densa, ora libera, melodica e sparpagliata. Ma sta insieme. "Salta Massaganna" è un reggae irresistibile sul quale danza il sound del trombone di Roseman. Le note sono come sciroppo colato su deliziose frittelle. Evoca un sentimento. "Olsen Twins Subpoena" è ricco di allusioni al Funk e al Cosmic. Gli strumenti di Roseman, Apfelbaum e Ambrose Akinmusire esplodono in improvvisazioni Jazz basate su trame differenti.

Quella band non si è esibita granché dal vivo nell'ultimo anno, ma Roseman spera di rimediare presto. "Il disco New Constellations è un'analisi delle radici dello Ska. Cercando il modo di combinarlo con un tipo di performance più moderno... Avendo a che fare con musica elettronica. Modi diversi di intendere il tempo e lo spazio," dice. "Se ci penso è buffo, perché i musicisti che a quei tempi improvvisavano, in Giamaica, avevano un approccio molto aperto al tempo e allo spazio. Ne senti il lignaggio. Senti come si è evoluta nella musica Dub. La premessa era la combinazione di un concetto di ritmo intuitivo leggero, agile, martellante, disegnato usando una tavolozza molto ampia, che sfruttasse anche la musica elettronica, con una prima linea molto accattivante. Tre strumenti a fiato. Una specie di post-post-post Jazz Messengers [ammicca] che includesse tutto ciò che si sapeva sulla composizione per tre strumenti, combinato con le basi dello Ska, della musica elettronica e di altre influenze Progressive e di avanguardia. Mescolando il tutto per vedere cosa ne potesse venir fuori."

Il James Carney Group, alla Knitting Factory, 2008

Da sinistra: James Carney, Josh Roseman, Ted Poor, Noah Jarrett

Già immagina cosa accadrà quando il gruppo si riunirà per suonare. "Una suite importante che combini musica nuova, che comprenda una composizione armonica estesa per i fiati, con ritmi ballabili Reggae che siano iper minimalisti e funky. Nasty. Insomma, hai questa base solida, profonda, un sound duro e super innovativo. Sul quale si costruisce, si espande il resto. Di solito con la musica da ballo hai una forte componente politonale. Il groove si sviluppa in una chiave, e altri dialoghi si sovrappongono, sfruttando differenti zone armoniche. Molto minimalista. È coinvolgente, e porta gli ascoltatori a rivolgere la loro attenzione in una nuova direzione. E se riesci a spingerli verso qualcosa di nuovo, verso un livello superiore, dove parti intenzionalmente da un punto di vista politonale, puoi immaginare quali possibilità si aprono."

L'immaginare le possibilità ha una grande importanza nella filosofia di Roseman. "Sto lavorando per passare al livello successivo," commenta. "Fare in modo di conservare una sensibilità di fondo, riconoscibile. Imparare da persone come Madlib, prendere spunto dalla musica hip-hop intensa e coinvolgente così in voga oggigiorno. Mettere tutto insieme e presentarlo sfruttando le molteplici opzioni che la tecnologia ci mette a disposizione. Nelle mie esibizioni ho cominciato a usare le percussioni elettroniche, i sequencer e altre tecniche, che combinate permettono una flessibilità notevole. Talvolta quelle diavolerie fanno impazzire, ma alla fine ti danno delle belle soddisfazioni."

Al momento Roseman ha un progetto discografico che vede impegnata una band estesa, i King Froopy Allstars. Include altri due tromboni—Jacob Garchik e Curtis Hasselbring—e tre trombe, ed è composta in totale da undici elementi. Altra carne al fuoco per Roseman, che può scatenare la sua creatività su qualcosa di nuovo. Ammette che lanciarsi in un progetto del genere in questi tempi di crisi è un po' folle. Ma nulla può fermare la sua ricerca di nuovi orizzonti musicali.

"Quel che voglio è abbinare persone, elementi, situazioni, suoni, strategie emergenti, creando combinazioni e forme che siano più grandi della somma delle singole parti," dice Roseman. "Perciò questa band estesa è un progetto rischioso per definizione. La composizione è rischiosa. Ci sono aspetti armonici, ritmici, dinamici e strategici di non facile soluzione. È come voler offrire materiale grezzo all'ensemble, dando l'opportunità di lavorarci sopra, di plasmarlo. L'esatto contrario di una situazione prefabbricata, guidata, che faccia però una bella impressione.

"Gli altri brani sono molto intricati e di difficile esecuzione," commenta. "Nella band, alcuni sono assolutamente stabili, granitici, altri sono argento vivo. Ho l'opportunità di lasciarli a briglia sciolta. Come elefanti in una cristalleria, provando a immaginare che disastri faranno. Ma facendo i conti solo dopo. Ecco come l'ho pensata." Gli piace che la musica sia spinta all'estremo, per ottenere una reazione viscerale dall'ascoltatore dando modo alle persone di avere "modi diversi di pensare alle cose."

Aggiunge, "Ho scritto gli arrangiamenti pensando ad una band composta da undici elementi. Talvolta introduciamo dei nuovi elementi, come ad esempio è capitato con Peter Apfelbaum. Una specie di X-factor. Peter è avvantaggiato dall'avere acquisito una certa familiarità con lo spartito suonando in diversi ruoli. È a suo agio con le tastiere, ha suonato con la band estesa alle percussioni e anche al sax. Quindi ha esperienza con la disposizione degli elementi. E mi piace il suo modo di reagire alle situazioni. So come sia sviluppato il suo senso musicale e talvolta, per ricompensarlo dello sforzo titanico che ha fatto per imparare tutte quelle parti, lo piazzo nel bel mezzo del gruppo, gli porto via lo spartito: come lasciarlo lì bendato, e lo lascio libero di esprimersi. In quel caso, è un gruppo da dodici elementi."

Finora i King Froopy Allstars non si sono esibiti granché, ma le cose stanno cambiando. Potrebbero esserci concerti allo studio di Brooklyn, e altri eventi in Australia e sulla West Coast nel corso del 2011. "Stiamo cercando di organizzare concerti anche a New York, al di fuori del nostro piccolo studio-laboratorio."

Il suo "piccolo studio-laboratorio" è il 58 North Six MediaLabs, dove Roseman e il suo staff sono impegnati a produrre, organizzare spettacoli e dar vita ai progetti musicali di innumerevoli artisti.

"È uno studio, ma ci piace definirlo un laboratorio audio/visuale. Organizzato come una comunità. Al momento fungiamo da studio di registrazione semi-commerciale," spiega. "Compresa la parte video." Ci stiamo organizzando per passare ad un modello di produzione aperto. Penso ci sia un enorme potenziale da scoprire. Grande quanto la voglia di supportare tutto quel che bolle in pentola. Dobbiamo impegnarci a sviluppare strumenti per permettere alle persone di interagire con i progetti che ritengono importanti. E se riusciamo a farlo, allora il nostro diventerà uno spazio per esibirsi, per produrre, un luogo dove poter finanziare e realizzare i progetti dalla A alla Z. Ci stiamo lavorando da un po,' e si imparano un sacco di cose, davvero.

"Trascorro le mie giornate tra il lavoro di composizione, l'esercizio con il trombone, il coordinamento e l'esecuzione delle sessioni dello studio. Mi sembra di essere una piovra nel bel mezzo di Brooklyn! Ma mi piace poter aiutare gli altri a far cose cui tengo. Questo è il punto. E stiamo cercando di arrivare a farlo in maniera ancora più flessibile."

Roseman non si è mai risparmiato, sin dai tempi di Boston, quando suonava in molte band. Frequentò la Berklee School of Music in contemporanea con le Superiori, e in seguito vinse una borsa di studi per il New England Conservatory of Music. Alla fine degli anni Ottanta iniziò il suo lungo sodalizio con Oliver Lake, che lo portò a collaborare con Greg Osby, Frank Lacy, Marty Ehrlich, Michele Rosewoman e altri.

Si trasferì a New York nel 1990, dove si fece conoscere e cominciò a lavorare con il clarinettista Don Byron, con Joey Baron, Uri Caine e Dave Douglas. Quel suo modo accattivante di suonare il trombone e la sua abilità tecnica gli hanno aperto le porte di svariate band, come quelle di Roswell Rudd e Steve Turre, entrambi suonatori di trombone. Robin Eubanks gli procurò un ingaggio per esibirsi con la Dave Holland Big Band. E, nonostante questi impegni, Roseman ha trovato il tempo, insieme ad altri musicisti creativi come lui, di sviluppare la sua musica, così ricca di influssi da vari generi. Come ad esempio il Groove Collective, attivo negli anni Novanta, che annoverava anche DJ e rapper nelle sue fila.

Alla fine degli anni Novanta ha realizzato progetti, tra gli altri, con John Medeski, Ben Monder e Lester Bowie. Uno di questi gruppi era la Josh Roseman Unit (JRU), che esiste tuttora. Un'altra delle sue molteplici attività.

"Era partito come un ennesimo progetto compositivo-espansivo, una cosa che adoro mettere in piedi. Il problema è che ad un certo punto diventano tutti quasi ingestibili," dice ammiccando. "Non voglio che diventi uno di quei progetti dove ognuno arriva con pagine e pagine di musica che non si riescono a mettere insieme per far sì che l'insieme funzioni una volta sul palco." Per Roseman si tratta di "definire delle linee guida e fare in modo che l'ensemble le segua, dinamicamente, dal punto di vista dell'evoluzione dell'armonia e della tonalità, della dinamica propria di quel genere e utilizzando la giustapposizione di diversi elementi. E sto cercando il modo più leggero, semplice, piacevole e immediato di farlo. Sfruttando il vantaggio che deriva dal suonare con musicisti esperti, con colleghi che la pensano esattamente come me.

"Mi sono allenato a comporre frammenti di musica molto velocemente. La sfida è proprio la velocità. Scrivere di getto. Nessuna revisione. Ma devono essere frammenti utili e utilizzabili. Qualcosa che esca così, senza ripensamenti a posteriori. Non che questo sia il mio modus operandi abituale. Di solito costruisco dei pezzetti e li assemblo fino ad avere la ricchezza di dettagli, trama e contorno che desidero. Ma comunque è un'ottima cosa da fare, una specie di antidoto."

La JRU sta facendo sempre più esibizioni a New York. E in parallelo è attiva, per ora limitatamente a Brooklyn, un'altra formazione—i Water Surgeons—composta da tastiere e tre tromboni (anche se chi suona il trombone suona talvolta anche il contrabbasso, la fisarmonica e la chitarra). Il gruppo, formato da Roseman, Hasselbring, Garchik e McAll, registrerà un disco nel corso del 2011.

"Siamo in piena fase creativa, al secondo giro di sessioni, prendiamo i vari elementi e li combiniamo, li distilliamo, li giustapponiamo," spiega Roseman. "Per il momento abbiamo messo il progetto a fermentare. L'abbiamo registrato, messo in un vasetto e lasciato lì per un po.' Ora lasciamo che interagisca con i diversi tipi di muffe. È stato un progetto incredibile sul quale lavorare, perché combina tre tromboni, che formano un coro. E quando metti insieme più tromboni succede qualcosa di speciale. Quando suonano insieme, le armoniche superiori che ne risultano generano effetti imprevedibili, per merito del registro e della ricchezza armonica dello strumento. Ottieni degli ululati; delle note che non hai veramente suonato, ma che scaturiscono da sole. Sono come gli UFO. Oggetti sonori non identificati. Non-linearità meravigliose. Un effetto unico. Comporre ed eseguire musica per un ensemble del genere è grandioso."

Aggiunge, "stiamo combinando il concetto del coro di tromboni con le potenzialità di una rock band, dato che tutti sappiamo suonare più strumenti. Io suono il contrabbasso. Hasselbring, la chitarra e il trombone. Garchik suona le tastiere, la fisarmonica e il trombone. Barney McAll è l'unico che non suona il trombone. Suona il piano, e ci sa fare con elettronica e campionatori. E anche io ho un discreto equipaggiamento elettronico. Sequencer, analog sense, analog drums e cose del genere. Tutte cose che usiamo nelle composizioni. È proprio previsto che si passi da una configurazione all'altra. E riuscire a farlo nel bel mezzo di una esibizione dal vivo è incredibile. E anche farlo al volo in studio con un pubblico che assiste, perché è così che abbiamo registrato, è altrettanto forte."

Dice che l'ispirazione per la band gli venne da un gruppo di Roswell Rudd con cui suonò alla Knitting Factory di New York qualche anno prima. "Il ventaglio di contesti che Rudd aveva organizzato mi ispirò profondamente. Passò da situazioni tipo Ellingtonia a Herbie Nichols, dalla musica Caraibica a quella da chiesa. Il tutto, tieni presente, nello stesso concerto, cambiando di volta in volta il gruppo che lo accompagnava. E per finire in bellezza invitò i Sonic Youth, con i quali si confrontò per ben 15, incredibili minuti. Una cosa da pazzi. Ecco, lui è per me un'ispirazione continua."

C'è poi un altro progetto, un gruppo chiamato Stool Softeners, composto dal percussionista David Treut, la cantante Areni Agbabian, il chitarrista Jonathan Goldberger, e il contrabbassista, che talvolta è lo stesso Roseman. "È un contesto di libertà assoluta, dove tutto è permesso," dice. "L'idea è quella di affrontare cose che non sono di facile ascolto, e di farlo in modo molto potente. Ognuno nel gruppo è molto istintivo. Ad esempio il mio approccio al contrabbasso è quello di rimuovere tutti i suoni che si riescono a discernere. Deve rimanere solo qualcosa davvero viscerale. Da un punto di vista razionale non riuscirai a percepire nulla, ma non potrai negare che qualcosa sta succedendo.

"Areni ha un approccio al canto e alla melodia davvero stupendo, perché usa molto l'istinto. Sa sentire la melodia e reagire di conseguenza anche quando l'unica cosa a disposizione è l'intento del contesto. In effetti non ha bisogno di ascoltare nulla per poter reagire. È come se ballassimo tutti insieme. Il nucleo della musica non risulta palese per l'ascoltatore, ma le azioni—o quel che ne rimane—è coinvolgente e divertente. I componenti del gruppo hanno una forte indipendenza, e posso ridurre al minimo gli sforzi di conduzione. La cosa interessante è l'allestire condizioni e contesti, per quanto improbabili siano, e osservare le reazioni che si sviluppano.

Questi approcci che abbracciano più generi sono una parte importante del carattere creativo di Roseman, che comunque non si tira indietro quando si tratta di suonare Jazz straight-ahead. "Adoro suonare il Blues. Mi piace studiare armonia, e dedicarmici. Suonare Bach. Studiare il piano e così via. E dedicarsi in un certo modo a diverse 'scuole,' diciamo, è davvero un buon metodo per dar corpo alla tua voce. È come viaggiare. Non importa dove vai, ma anche in capo al mondo trovi gente che sarà generosa con te, e non sai perché. E sarai tu a doverti dare una risposta. E quando tornerai a casa, ti accorgerai di aver fatto dei progressi. Quindi per me è importante studiare Fred Wesley per migliorare il mio modo di suonare free, mentre lavorare su Slide Hampton mi è di aiuto per quando suono nelle band funk. Lavorare con persone come Roswell, o ascoltare George Lewis o Julian Priester con Dave Holland, o poter lavorare con Ray Anderson e Craig Harris. Essere a 360 gradi. E imparare da chi ha lavorato così efficacemente per stabilire una propria identità ti lascia un sensazione di coraggio e di responsabilità."

Josh Roseman (a destra), e 'The Execution Quintet'

La forma non è così importante quanto lo spirito che ci sta dietro.

"Penso che ci sia stata un'evoluzione," commenta Roseman. "Ma comunque ascolto Sonny Rollins ogni giorno. I miei musicisti preferiti, personaggi la cui maestria ha raggiunto i livelli più alti, sono comunque inarrivabili. È come dire che Charlie Parker è un be-bopper. Non è un be-bopper—è Charile Parker e basta. La sua musica è come un fiume in piena. E parlare di generi passa in secondo piano, è solo un effetto collaterale di ciò che ha fatto. Sonny Rollins è un monumento nazionale. E per certi versi è anche profondamente sottovalutato, proprio perché trascende qualsiasi classificazione."

"Il vero significato della musica non ha nulla a che fare con le classificazioni. È una questione di intenzioni. Di spirito. Di cuore. Di spirito di coraggiosa generosità."

Un concetto vero sin dalle origini, che fu già proprio di Louis Armstrong. "È il padre di questa musica. Non era solo un infaticabile, energico virtuoso, sapeva anche infondere nella sua musica un che di spirituale che fa restare a bocca aperta e andar fuori di testa," dice. "Cambierà il tuo punto di vista sulle cose. Riuscirai a trovare traccia di questo DNA emozionale, di questa luce, in ogni stadio della storia del Jazz. basta sentir suonare Sonny Rollins. O ascoltare Sun Ra. O ancora John Coltrane e ovviamente Miles. E secondo me si percepisce nettamente quando si ascolta Roswell."

E se si tratta di definire il Jazz, o lo swing, questo giovane musicista ha una sua peculiare prospettiva che lo ispira e lo guida. "Quando si dice che lo swing è uno degli elementi principali della musica, si entra in un ambito molto interessante dove la definizione ha poco a che fare con il contenuto metrico e ritmico. E proseguendo si arriva ad un punto di vista più esoterico: che effetto ha lo swing? Lo swing fa sentire tutti bene. Lo swing mette tutti a proprio agio. Lo swing non solo fa funzionare la musica, ma fa anche funzionare le situazioni. Le rende coerenti. Immagina di ascoltare Duke Ellington al Cotton Club, che si esibisce con quei ragazzi con i quali va in giro da anni, si conoscono benissimo, si scambiano battute. Si supportano. Questo è swing ai massimi livelli. E stai bene per il solo fatto di assistere. Questo è il punto. Stai bene per il solo fatto di esser lì, perché sta succedendo qualcosa di incredibilmente intenso.

"Se si va dietro alla musica, seguendola in diversi contesti, condizioni e formazioni, si fa in modo di rafforzare la connessione. Perché a quel punto devi solo aggiungere la volontà di far funzionare la cosa, di lavorare bene, sentendo qualcosa di speciale e soprattutto comunicandolo agli altri. Non credo che la sua musica sia free, tutt'altro. È un altro modo di andare al nocciolo, togliendo il superfluo finché resta solamente l'intenzione. È un modo di rendergli onore. Ecco, si può spiegare in questo modo."

Sia come musicista creativo e attivo, sia come produttore e proprietario di uno studio, che asseconda gli sforzi creativi di altri, Roseman ha bisogno di una guida. E ce l'ha. Da quella creare la musica e farla arrivare al pubblico, è un'altra storia, dice.

"Sento di avere una responsabilità nei confronti della mia comunità, di chi mi circonda." dice, facendo una pausa per cercare le parole. "Mi hanno dato così tanto, e non solo i grandi maestri, ma anche ragazzi più giovani di me. Studenti. Un clima di collaborazione, di scambio, in città e anche a livello nazionale... Molte cose da imparare, persone che investono nella creazione di qualcosa, ecco cosa mi guida. Potrei portarti mille esempi. Prima che mi trasferissi a New York c'erano artisti e generi musicali che mi davano la sensazione che le cose avessero un senso. Ornette (Coleman) o Coltrane. Sun Ra. Sonny Rollins, di sicuro. La sensazione che siano artisti in grado di offrire delle soluzioni. Illustrate in musica con estrema chiarezza. E sono anche capaci di rappresentare la condizione umana in termini vividi e precisi. Hai la sensazione di non essere solo, non importa cosa tu stia facendo, che tu stia cercando un equilibrio o un confronto."

Quando si trasferì a New York, incontrò una comunità di musicisti entusiasti che si supportavano l'un l'altro. "Una cosa oltre i confini generazionali. Un fatto trans-generazionale. Trasferirsi in un posto del genere e lavorare con artisti che erano sulla scena da anni, con un repertorio consolidato maturato altrove. Persone come Lester Bowie e Oliver Lake. Attive anche nel genere straight-ahead. Potevi venir qui e imparare da persone che la sapevano lunga, imparavi direttamente dai maestri. È una cosa che ti dà una carica notevole. E mi sento in obbligo, per quel poco che posso, di fare la stessa cosa a mia volta."

Questo spirito di comunione è un tema ricorrente nei discorsi di questo musicista coinvolgente. Parlando di influenze o relazioni che lo hanno condizionato nel formarsi questa convinzione, Roseman è semplicemente altruista. Il suo punto di vista è particolare. Ti parla del piacere che prova guardando dei colleghi che hanno successo, piuttosto che puntualizzare come e quando questi hanno aiutato lui a crescere. Anche nei casi in cui queste benefiche influenze ci sono state.

"La cosa stupenda è osservare delle persone che trovano se stesse. Trarre delle conclusioni... capire quel che possono fare con ciò che hanno costruito. E vivendo in questa città, prima o poi ti capiterà, e sarà motivo di ispirazione. Succede di continuo. Prendi ad esempio Joshua Redman, le sue prime esibizioni. Vedere il modo in cui trova se stesso nel bel mezzo della sua carriera, da un punto di vista musicale. Cercar di capire come si voglia connotare. Oppure Don Byron. Ho avuto la possibilità di lavorare con lui agli inizi della sua carriera. E ho assistito alla sua 'auto-scoperta.' O Kurt Rosenwinkel, nel suo caso è stata una cosa di quelle che ti colpiscono. Ho avuto l'occasione di stare vicino a quella mole di informazione armonica. Informazione dinamica. Un livello di intento musicale davvero alto."

Roseman è stato anche influenzato dalle persone con le quali si lancia in acrobazie musicali, come Apfelbaum. "Studio con Peter Apfelbaum ormai da anni, e a diversi livelli. Mi cimento con la sua musica, e siamo in grado di agire e reagire in un modo davvero istintivo. Lui a sua volta si è cimentato con la mia musica: è stata una cosa davvero grandiosa. Il mio caro amico [e pianista Australiano] Barney McAll è uno stratega impressionante, oltre che un ottimo musicista. È bello dividere il palco con qualcuno senza sapere cosa si inventerà, ma sapendo che sarà comunque una cosa grandiosa. Questo ragazzo si personalizza gli strumenti ed è un bravissimo pianista Jazz. Sa arrangiare le cose molto bene. È come ascoltare un DJ con il tocco bebop; un DJ con un gusto cromatico molto sviluppato e tecnicamente impeccabile."

Anche l'esperienza con la "Dave Holland Big Band" è una di quelle che Roseman considera davvero preziose.

"Una band incredibile. Ho suonato nella band di Dave Holland per quasi 10 anni. È come una grande famiglia. C'è un'intesa assoluta all'interno del gruppo. Un'ispirazione che ti pervade e ti circonda. Ed è anche stata un'occasione unica per imparare un sacco di cose: per tutta la sua carriera, Dave è stato una specie di antenna, o di parafulmine se preferisci. Compone e suona ai massimi livelli. Ma come contrabbassista e band leader, comunque dal palco, è stato un catalizzatore per svariati movimenti e per diversi generi espressivi. Per me, come musicista, è stata una specie di scuola di specializzazione. Ed è la cosa migliore, perché ti costringe ad evolvere. Ti costringe ad espandere i tuoi orizzonti, perché è reale. Non c'è nulla di accademico dietro. Dai forma a questa musica in modo dinamico, insieme a colleghi che rispetti, e succede in tempo reale. Può essere un'esperienza che cresce serata dopo serata, ma ogni sera aggiungi un altro tassello. Band che funzionano e che durano nel tempo, queste sì che sono situazioni davvero speciali.

E alla base di tutte queste esperienze e questi progetti c'è sempre il trombone di solido ottone, con il quale Roseman trasforma l'aria in una trama di suoni ricchi e caldi, in un mix di anima e temeraria destrezza.

"Di tutte le cose che faccio," dice Roseman, "non c'è nulla di più impegnativo e coinvolgente di suonare il trombone. Non è affatto facile riuscire a padroneggiare quelle combinazioni di livelli. Mi impegna un sacco di energie. È una sfida continua. Ti costringe a confrontarti costantemente con le tue priorità. E ad applicare una ferma auto-disciplina. In cambio ti ritrovi in mezzo ai tuoi colleghi con un aggeggio antiquato in mano. Con una sensazione che non capisci bene da dove venga che ti dice che hai qualcosa da esprimere, qualcosa da offrire, un contributo da fornire, per aiutare a dare una forma a quel momento. Può essere qualcosa che fai. O qualcosa che fai in modo che accada. O magari ha a che fare con il tuo modo di interagire con i colleghi. Senti che stai diventando un catalizzatore per qualcosa di ampio e di utile, qualcosa che deve succedere, e che gli altri sono perfettamente consci di quel che sta succedendo. È una cosa speciale. Che vale la pena di fare."

Il suo amore per lo strumento è palese. "Il trombone è interessante nella sua semplicità. Come un violino. Devi costruirti il suono da zero. Quando ascolti qualcuno che suona il trombone, che lo suona con passione, senti qualcosa di molto personale. Ed è la cosa che adoro. È per questo che i suonatori di trombone ti danno un senso di individualità.

"Tipicamente nel Jazz si incontrano persone che hanno seguito strade molto differenti. C'è chi, con rigorosa disciplina, ha raggiunto una precisione che supera persino quella di J.J. Johnson. Il loro sound è notevole, così come la maestria nell'arte dell'articolazione e del ritmo. Persone che si preoccupano di miscelare e proporre un sound che migliori l'ambiente e la situazione. Ci sono poi altri che arrivano da una scuola più aperta, spavalda, che ricorda l'era dello swing. Non sono semplicemente virtuosi dello swing, perché hanno ereditato qualcosa anche dal pre-bop. Uno stile alla New Orleans. E anche questi sono davvero forti. È qualcosa di insito nell'identità dello strumento, assolutamente importante. Ci sono cose che riesci a fare solo con un trombone.

"Mi piacciono i musicisti capaci di far coesistere quei due aspetti fondamentali. Ce ne sono altri. Barry Rogers, ad esempio, per quello che è riuscito a fare. La musica Latina, e lo stile più prettamente Caraibico. Qualcuno come Don Drummond. Personaggi che sono eccezioni alla regola. Che hanno preso molto da svariate influenze, ma che sono arrivati a conclusioni molto personali. Il fatto è che ci sono molti musicisti che sfuggono alle classificazioni. Tra gli altri Frank Lacy, che pur avendo uno swing molto deciso suona in modo molto aperto, è molto estroverso: ed è facile entrare in sintonia con la sua musica. Un musicista brillante. Julian Priester, che si ispira chiaramente a J.J. Johnson, ma conserva una sua individualità. Dalla sua musica emerge una ricca meta-coscienza. È un maestro Zen. È la sfinge del trombone. George Lewis. Un virtuoso del trombone, sembra quasi suonare uno strumento polifonico. Ti propone le sue risposte. O in altri termini ha posto una diversa serie di domande alle quali vuole dare una risposta. Gary Valente, che ha preso il sound di Buster Copper, Phil Harris e Grachan Moncur e l'ha portato all'estremo in un modo assolutamente completo e perfettamente studiato. Nessuno gli ha chiesto di farlo. Lo ha fatto e basta.

"Roswell. Ha fatto propria l'essenza della coscienza spirituale della musica, di quel che significa suonare il trombone. ma è incredibilmente sottovalutato. Curtis Fuller è una rock star. Anche lui assolutamente sottovalutato. Le gente ascolta in prevalenza la sua musica di fine anni Cinquanta. Ma se uno lo ascoltasse oggi sul palco, sentirebbe la potenza e la ricercatezza del suo sound. Robin Eubanks lo considero il mio mentore. E anche lui ha un modo peculiare di approcciare lo strumento. Per me è un riferimento continuo. E continua a crescere."

Tra i musicisti più giovani menziona con piacere Hasselbring e Garchik, così come Rick Parker e Ryan Snow. "Ci sono così tanti giovani talenti che non è possibile fare una lista esaustiva. Anche in Europa ci sono esempi davvero notevoli. Come Nils Landgren, è davvero forte. E non solo per il modo di suonare, ma anche per come compone. Crea degli ensemble molto interessanti che fa lavorare in un modo creativo, trovando la giusta collocazione per il suo strumento. Ecco, anche io cerco di fare una cosa simile."

"Sono così tanti. È un momento magico per il trombone, e questo è molto incoraggiante. Non è un bene per lo strumento in se, ma anche per la musica nel suo complesso. È bello che il pubblico veda uno strumento rivalutato, presentato sotto una luce nuova. È una prospettiva eccitante. Pensando alla quale ho creato un network dedicato a chi come me suona il trombone, che ho chiamato New York Slideworkers Union, or NYSWU [Sindacato Suonatori di Trombone di New York, N.d.T.]. Ci esibiamo. Mettiamo insieme degli ensemble di trombone per registrare dei dischi. La sto organizzando come una organizzazione no-profit e siamo in procinto di pubblicare sul mercato alcune delle registrazioni."

Altra carne al fuoco...

Discografia selezionata

Josh Roseman, New Constellations: Live in Vienna (Scrootable Labs/Accurate, 2007)

Meshell Ndegeocello, The Spirit Music Jamia: Dance of the Infidel (Shanachie, 2008)

Dave Holland Big Band, Overtime, (Sunnyside, 2005)

SF Jazz Collective, SF Jazz Collective (Nonesuch, 2005)

Peter Apfelbaum, It Is Written (ACT, 2005)

Josh Roseman Unit, Treats for the Nightwalker (Enja, 2003)

Oliver Lake Big Band, Cloth (Passin' Thru, 2003)

Josh Roseman Unit, Cherry (Knitting Factory, 2002)

Sheryl Crow, Sheryl Crow (A&M, 1996)

Dave Douglas, In Our Lifetime (New World Records, 1994)

Foto di Dragan Tasic, Greg Aiello, per Searchandrestore.com David Bias Klaus Muempfer Stanowi Wlasnosc E per gentile concessione di Josh Roseman

Traduzione di Stefano Commodaro

Articolo riprodotto per gentile concessione di All About Jazz USA

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