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Intervista ad Adam Rudolph

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Durante la Settimana di Musica Contemporanea del Festival 'Namusica abbiamo avuto modo di approfondire alcuni concetti che stanno alla base del lavoro di Adam Rudolph grazie ad una serie di iniziative che lo hanno visto protagonista del progetto Murmuration.

All About Jazz: Come definiresti la tua Go: Organic Orchestra e come l'hai adattato per le collaborazioni con Dissonanzen e con l'Improart Orchestra.

Adam Rudolph: La Go: Organic Orchestra è un ensemble aperto, ma allo stesso è un concetto filosofico. Il concetto mi ha permesso nel corso di questi anni di aprirmi e ospitare ogni tipo di musicista, con qualsiasi livello di esperienza e background musicale, che fosse in grado di partecipare a qualcosa di collettivo e riguandante l'improvvisazione. Questa idea mi ha consentito dunque di lavorare con musicisti provenienti un po' da tutto il mondo: dal Giappone, all'Africa, la Turchia, la Mongolia, l'India. Il concetto della Go: Organic Orchestra consente di abbracciare musiche che provengono da ogni parte del mondo.

Quando sono arrivato in Italia - Murmuration è il mio secondo progetto con l'Ensemble Dissonanzen - i musicisti hanno dovuto assimilare questo concetto nel processo di preparazione del concerto, oltre che i materiali che gli avevo dato; ma anch'io ho dovuto conoscerli. Mentre ci preparavamo, li ho ascoltati e ho dovuto imparare a riconoscere le loro inclinazioni, l'approccio che avevano i singoli musicisti al materiale su cui stavamo lavorando. Alla fine la Go: Organic Orchestra è stata per loro un mezzo per esprimere dei sentimenti e un'occasione per suonare qualcosa che non avevano mai (credo) potuto suonare prima di allora.

AAJ: Una parte importante della Go: Organic Orchestra si realizza nella pratica preliminare che ciascun musicista deve fare prima delle prove e del concerto sulle tue matrici. Hai voglia di spiegare di cosa si tratta?

A.R.: La mia idea con la Go: Organic Orchestra è quella di avere un'attenzione massima sull'estetica che lasci la maggior libertà possibile nella musica. Credo che quando un artista sviluppa un nuovo processo creativo, il risultato di questo sia una sorta di arte "prototipica": ossia un nuovo processo creativo che porta a un'arte originale. Alla base della Go: Organic Orchestra ci sono sostanzialmente tre elementi: 1) le partiture, le matrici che hai stampato e i cosmogrammi che hanno a che fare con i materiali melodici ed armonici, 2) il concetto ritmico che ho chiamato "verticalismo cicliclo," 3) infine i segnali delle mani, cioè la mia "conduzione improvvisativa".

I musicisti che suonano con me devono prendere dimestichezza con questi tre elementi. Per quanto riguarda le matrici e i cosmogrammi si tratta di materiali melodici ed armonici ciascuno dei quali presenta suoni molto distinti l'uno dall'altro, così da poterli usare come aree dentro le quali i musicisti possono improvvisare oppure io stesso posso orchestrare dei gruppi attraverso di essi. Quel che è interessante è che sono dei disegni: dunque non è tanto questione di come li suoni - non si sbaglia quasi mai, infatti, nel suonarli - quanto piuttosto nell'estetica e nel colore che gli dai.

Volevo ancora dire una cosa sulle matrici. È importante ricordare che il pubblico durante il concerto non veda le matrici che hanno davanti i musicisti. Nella tradizione della notazione musicale occidentale queste sono in genere lineari e i musicisti leggono le partiture che hanno davanti in senso orizzontale, da sinistra a destra. Per quanto riguarda le matrici del mio sistema di notazione questo non succede, perché si possono leggere da sinistra a destra (e viceversa) e dall'alto in basso (e viceversa). Questo è molto importante perché durante il concerto l'interplay tra i musicisti e me è massimo. Sono io che dò loro istruzioni su cosa suonare.

AAJ: Le prove con la Go: Organic Orchestra rappresentano dunque un momento molto importante. Quali insegnamenti e quali informazioni dai alla Go: Organic Orchestra e al musicista, in questo caso un ensemble, ospite nei giorni delle prove?

A.R.: Non so dire cosa davvero sia più importante. Probabilmente è fondamentale staccarsi dai materiali scritti. Spostarsi dal materiale all'immateriale. È qualcosa che ha a che fare con la filosofia, qualcosa di complesso, che senza dubbio riguarda il mio modo di vedere e sentire la musica. Mi auguro che attraverso questo metodo i musicisti possano arrivare a parlare di loro.

Posso dire loro, ad esempio, che il popolo Dogon del Mali ha una parola, mi, che descrive lo spirito interiore di una persona espresso attraverso la voce del suo strumento musicale. Questo è quello che percepiamo, ad esempio, quando sentiamo suonare musicisti come Yusef Lateef, Miles Davis, Elvin Jones. Ho visto Yusef suonare tutta la storia moderna del sax tenore in un assolo. Sono stato molte volte testimone sia del pubblico che di musicisti commossi fino alle lacrime dal suo flauto. Questo è mi. Spero dunque che quando suonano, abbiano delle ispirazioni o che io possa dare loro l'ispirazione per farli pensare su come proiettare loro stessi nella musica, affinché loro suonino come vogliono, come sono loro.

Posso parlare loro di nada brahma, che è un suono libero - ne abbiamo parlato l'altro giorno al Conservatorio San Pietro a Majella, del movimento dal silenzio al suono. Portare una vibrazione nell'essere è come una nascita e togliere il suono è come una morte. Quando i musicisti cominciano a pensare in modo diverso, suonano diversamente, sentono in modo diverso.

A volte parlo loro anche dello yoga. Io pratico lo yoga da tantissimi anni, da metà degli anni Settanta. Più recentemente ho cominciato a praticare un tipo di yoga che si chiama Ashtanga Vinyasa Yoga. Yoga significa unità di mente, corpo e spirito. Questo concetto si può riprodurre anche in musica, anzi direi che riguarda profondamente la musica.

AAJ: Hai discusso di questo con Yusef Lateef?

A.R.: Yusef Lateef definisce la sua musica auto-fisio-psichica [autophysiosychic music], ossia musica dal proprio sé fisico, mentale e spirituale. Ha elaborato una sua terminologia, con la quale posso essere d'accordo. Mi piace. Anche se la musica auto-fisio-psichica è una grammatica, il che non vuol dire parole, serve come se fosse una voce che denota un carattere, è questa una dimensione drammatica della musica auto-psico-fisica. Quando condividi una esperienza con dei musicisti, condividi anche il loro linguaggio, il loro modo di agire. Ti muovi tra l'ascolto delle loro parole e dei loro gesti, e quel che invece provi tu, frutto della tua esperienza. Nell'esperienza della Go: Organic Orchestra è molto importante che ci sia un ascolto dei musicisti. Questo rende unico anche il suono che si crea in gruppo.

AAJ: Perchè è stato importante nel CD "Pietrasanta project" documentare anche le prove?

A.R.: Non sono io ad ever scelto di documentare anche il momento delle prove nel CD "Pietrasanta Project"; è stata una scelta dell'Ensemble Dissonanzen, che ho condiviso perché ho pensato che fosse una buona idea. Quando prepari una musica come questa e lavori con questo metodo di conduzione orchestrale, ogni cosa che fai non la puoi ripetere ed è in qualche modo unica perchè non è replicabile. Anche se non era il concerto, non c'era il pubblico, che differenza c'era? Ecco perché si è scelto di includere nel CD anche le prove.

AAJ: Qual è il significato del termine Murmuration? Da cosa ti è venuta l'ispirazione per questo particolare progetto?

A.R.: Ho visto dei video dove c'erano migliaia di storni che si riunivano assieme durante il volo e, muovendosi, creavano dei disegni nel cielo. Ne sono rimasto affascinato e ho pensato che fosse davvero una delle cose più belle che avessi mai visto. Ho poi scoperto che chiamano questo movimento murmuration. Sono rimasto colpito anche da come si muovono insieme gli uccelli e dalla loro capacità di creare delle bellissime "calligrafie" nel cielo con una grazia davvero particolare, dal mistero di come riescono a creare quelle figure con un sorta di esattezza organica che mi ha davvero ispirato. Ho dunque usato il termine murmuration per descrivere il mio desiderio di un particolare modo di muoversi insieme e come un insieme.

Questo concetto è senz'altro qualcosa che ha che fare con il rapporto tra leader e non-leader. Anche se io sono il direttore, non sento di voler forzare i musicisti a seguire le mie idee, piuttosto sono io che seguo loro. Quando mi trovo davanti all'orchestra ed è il momento di cominciare, non ho un piano preciso. Abbiamo una serie di cose che dobbiamo fare. Ma appena cominciamo, mi lascio ispirare da come i musicisti interpretano i materiali: sono loro che guidano me e la musica può prendere diverse direzioni. Esattamente come gli storni di cui ti parlavo.

AAJ: Murmuration non ha a che fare dunque con mormorare... in italiano sarebbe una delle possibili traduzioni.

A.R.: In effetti ci ho pensato. Ma ho imparato il significato di questo termine poco tempo fa! Durante le prove ho detto che murmuring è davvero diverso da murmuration! L'ho imparato io stesso qualche mese fa quando ho appreso che murmuration erano quelle migliaia di storni che volavano nel cielo. In ogni caso quello che è davvero importante per me è il concetto e che questo sia stata una fonte di ispirazione per la musica.

C'è una cosa importante che devo dirti e che sta anche alla base della Go: Organic Orchestra. La natura è assolutamente alla radice della mia musica e della mia concezione della vita ed è per me una fonte di ispirazione imprescindibile. Scopriamo continuamente cose in natura che ci ispirano, sia sul piano estetico che su quello delle strutture. L'energia della natura passa attraverso la musica. Io sono particolarmente interessanto a cosa accade quando si suona, a quella energia, a quelle vibrazioni, all'umanità di quell'atto.

Quello che è unico dell'Ensemble Dissonanzen sono gli esseri umani che lo compongono e che sono qui, i loro spiriti e i loro caratteri. Nei giorni in cui abbiamo lavorato insieme ho pian piano imparato a conoscerli. Non conosco ancora tutti i loro nomi, ma conosco per certi versi ciascuno di loro, tirando fuori la loro natura...

AAJ: ... un metodo molto maieutico...

A.R.: Senza dubbio! Educare, tirare fuori, non insegnare. Un altro aspetto importante per me è la condivisione. Quando convido il metodo di notazione, il concetto sui ritmi, i diagrammi, i musicisti in qualche modo "mi appartengono," non so se mi spiego. Io sono il "curatore," per alcuni versi, quello incaricato, per adesso, di diffondere e passare loro delle idee. Spero di condividere con loro i valori che ci sono dietro di esse. Perché ogni idea, vibrazione, suono, appartiene in fondo all'universo. Dipende dalla capacità dei musicisti cogliere tutto ciò. E questo si ricollega a quello di cui parlavamo prima riguardo a murmuration.

Come vedi, il mio modo di condurre l'orchestra è molto diverso dal modo occidentale di conduzione orchestrale.

AAJ: Usi la parola conducting anziché conduction per la conduzione orchestrale. Vorrei chiederti un approfondimento su questo.

A.R.: Io uso la parola Go: Organic Orchestra perché è un concetto che racchiude in sé un po' tutto, i materiali melodici ed armonici, il ritmo e i segni delle mani. Tutto questo insieme è la Go: Organic Orchestra. È parte di un'idea più generale di creatività, ne abbiamo parlato l'altro giorno in Conservatorio con gli studenti. Io provo a ispirare l'immaginazione creativa dei musicisti. Qualsiasi cosa possono immaginare, la possono suonare. Imparare ad immaginare, suonare, imparare ad ascoltarsi l'un l'altro, ascoltare profondamente. E ... questa idea di condivisione...condivisione delle idee!

Foto di Jan Hangeland (la seconda), Sabrina Cirillo (la quarta e l'ultima) e Parthasarathi Vallur (la quinta).

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