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Igor Butman: dalla Russia con Jazz.

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La mia generazione e quelle future hanno l'opportunità e il dovere di rendere la musica jazz più aperta e popolare
Igor Butman è il jazzista russo di maggiore visbilità internazionale, grazie ad una carriera di successo che lo ha visto protagonista, in particolare, della costruzione di un ponte tra la scena Moscovita e quella Newyorchese. Grazie ad una mentalità globale ha trovato un equilibrio tra conoscenza della tradizione e immersione nel presente, che ha sviluppato anche attraverso fruttuose collaborazioni con i più influenti musicisti del nostro tempo.

All About Jazz: Hai suonato con musicisti del livello di Dave Brubeck, Lionel Hampton, Wynton Marsalis o Pat Metheny, solo per citarne alcuni. Qual è stato il più importante nel dare forma alla tua anima musicale?

Igor Butman: Sono stati tutti importanti. Mi sento molto fortunato ad aver avuto l'oppurtinità di incontrare musicisti che sono entrati nella storia della musica e di aver potuto collaborare con alcuni di essi. Ricordo la prima volta che ho ascoltato Dave Brubeck: è stato così emozionante. Ho anche incontrato David Bowie, che mi diede in dono alcune copie del suo White Album.

A livello di ispirazione, uno dei musicisti più determinanti per me è stato Grover Washington, Jr., che divenne mio amico e mentore e che mi invitò a suonare nel suo album Then and Now. Devo molto anche a Gary Burton, che mi ha presentato al Berklee College of Music di Boston, che riuscii poi a frequentare grazie a una borsa di studio. Ho anche suonato con la Lionel Hampton Orchestra. Era il 1992, Lionel era già molto anziano ma suonava e cantava ancora magnificamente e potevo imparare così tanto da lui! Questi sono splendidi ricordi per me, ma ho anche dei rimpianti. Ho avuto per esempio una lunga corrispondenza con Chick Corea: avevamo programmato un tour per suonare insieme dal vivo in Russia, ma alla fine non si è potuto fare nulla per via della sua improvvisa scomparsa.

AAJ: La contaminazione tra jazz e musica classica e gli scambi fra diverse tradizioni musicali sono sempre state le fondamenta della tua musica. Come consideri il livello attuale di fusione fra diversi generi e culture musicali?

IB: Stiamo ottenendo molto su questo fronte ma c'è ancora tanto da fare per unire le persone e le culture attraverso la musica. Dobbiamo aprire le nostre menti al mondo perché non esistono peggiori barriere di quelle invisibili. Innanzitutto, ognuno deve esplorare a fondo la propria musica. Bisogna riuscire a trasmettere qualcosa di interessante e di speciale. Questo vale soprattutto per il jazz, che è un genere musicale fondato sulla libertà di spirito e in cui l'elemento improvvisativo è fondamentale. Anche l'esecuzione musicale deve poi essere di un livello altissimo. Per esserci dialogo, ognuno deve diventare maestro nella propria arte. Solo così ci potrà essere fiducia fra i musicisti, che potranno credere profondamente in quello che ascoltano e aggiungere qualcosa di speciale alla musica altrui. La mia generazione e quelle future hanno l'opportunità e il dovere di rendere la musica jazz più aperta e popolare.

AAJ: Qual è il messaggio che vuoi trasmettere attraverso la tua musica?

IB: Il messaggio è che la vita è meravigliosa. Si tratta di un messaggio semplice quanto importante. Lo abbiamo imparato nelle fasi più critiche della pandemia. Prima era come se tutti noi stessimo dando troppe cose per scontate. Ora è diverso. Oggi le persone tendono a godersi con semplicità ciò che hanno: l'amore, l'amicizia, la musica e la cultura.

AAJ: Com'è stato tornare a suonare dal vivo con altri musicisti e di fronte al pubblico dopo un periodo così terribile delle nostre vite?

IB: È straordinario. Ogni volta che salgo sul palco penso a quanto io sia fortunato ad avere ancora la possibilità di condividere le emozioni che mi dà la musica con il pubblico e con altri musicisti. È il mio modo di rendere felici le persone ed è un qualcosa che mi dà speranza in un futuro migliore per tutti.

AAJ: Nel corso degli anni, hai contributo enormemente a rendere internazionale il contesto musicale del tuo Paese. Qual è lo stato attuale della scena jazz in Russia?

IB: In Russia ora ci sono più concerti e festival rispetto al passato e c'è un numero sempre maggiore di giovani interessati a imparare a suonare il jazz. Ciò nonostante, abbiamo ancora la necessità di superare certi limiti nel sistema di insegnamento della musica, dal quale il jazz è quasi totalmente escluso. Dal 2019 ricopro il ruolo di Direttore della prima accademia di jazz nella storia della Russia. Prima di questo mio incarico, l'accademia era una scuola in cui si studiavano prevalentemente gli strumenti a fiato, con un approccio molto classico per giunta. Io ho trasformato la scuola in un accademia di jazz e sto cercando di renderla il più possibile aperta e accessibile. L'intento è quello di avvicinare le nuove generazioni alla musica jazz.

AAJ: Riguardo il futuro imminente, cos'hai in programma? Su cosa stai lavorando in particolare?

IB: Il mio nuovo album è uscito da poco ma ho molto materiale registrato negli ultimi sette anni. Devo andare in studio, aggiungere gli assoli e completare questi miei lavori sospesi per vari motivi.

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