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Guitar Heroes alla Casa del Jazz

Guitar Heroes alla Casa del Jazz

Courtesy Ebru Yildiz

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Guitar Heroes
Casa del Jazz
Roma
10-13.7.2023

Sotto il nome collettivo di "Guitar Heroes" si sono tenuti alla Casa del Jazz di Roma tre concerti consecutivi aventi come protagonisti altrettanti grandi chitarristi per i quali l'appellativo scelto non risulta esagerato, trattandosi di Bill Frisell, Marc Ribot e Julian Lage. Se i primi due, quasi coetanei, possono considerarsi dei veterani della scena jazzistica e hanno contribuito con il proprio apporto personale (soprattutto il primo) alla ridefinizione del moderno linguaggio dello strumento, anche Lage, nonostante la giovane età, si è conquistato un posto di rilievo sulla ribalta chitarristica in virtù del suo pirotecnico virtuosismo. Da notare che tutti e tre sono nell'orbita di John Zorn, che ha sempre dimostrato una spiccata abilità a individuare musicisti di talento di cui circondarsi per poterne utilizzare le caratteristiche individuali nelle proprie composizioni.

Julian Lage Trio
10.7.2023

Il primo a esibirsi è stato Lage con il suo trio, completato dal contrabbassista Jorge Roeder e dal batterista Rudy Royston, che ha recentemente sostituito Dave King ed era al suo primo tour col chitarrista. Il trio ha cominciato presentando tre brani dall'album Speak to Me da poco registrato ma non ancora pubblicato, presentato dal chitarrista come "gospel d'avanguardia." "Two and One," "Song for the Road" e la title-track introducono al pubblico il virtuosismo chitarristico di Lage, che ha le sue radici nel country e nel blues, allargatosi poi al jazz e al rock.

Il suo è uno stile molto pulito ed elegante, dove la tecnica stratosferica non prende mai il sopravvento, ma rimane al servizio di una grande espressività, pur non presentando spunti particolarmente originali. È il tipico chitarrista che non puo' non piacere, e che non vuole rischiare di perdere l'apprezzamento del pubblico, per cui anche dal vivo non si lascia andare completamente, rimanendo sempre all'interno di una sua comfort zone, peraltro piacevolissima. Seguono alcuni brani tratti da View with a Room, dove era accompagnato da Bill Frisell: "Castle Park," "Auditorium," "Word for Word" e "Tributary." In mezzo trova spazio anche "Emily," il bel brano di Johnny Mandel reso famoso dall'interpretazione di Bill Evans, che il chitarrista ha inciso sull'album Squint, e che qui fa precedere da una lunga introduzione di sola chitarra. Solido l'accompagnamento al contrabbasso di Roeder, che si concede anche un paio di assoli, mentre più di ordinaria routine appare il contributo di Royston, che forse deve ancora trovare il suo equilibrio nel trio. Dopo il brano conclusivo, i tre tornano sul palco per il bis con "Call of the Canyon," un classico country degli anni '40.

Lage si conferma chitarrista dal potenziale immenso, non ancora completamente sfruttato. Ma è giovane, e può ancora riuscire a stupirci con qualcosa di più del pur piacevolissimo intrattenimento.

Marc Ribot's Ceramic Dog
12.7.2023

Il concerto successivo è affidato a Marc Ribot con i suoi Ceramic Dog, ossia il bassista Shahzad Ismaily (anche percussioni e tastiere elettroniche) e il batterista Ches Smith, con i quali ha pubblicato cinque album di studio in 15 anni. Il quinto, in uscita in questi giorni, intitolato Connection, ha fornito la maggior parte della scaletta del concerto, ultimo di un breve tour europeo. Ribot è un chitarrista impossibile da inquadrare in un genere, avendo suonato di tutto, dal blues rurale all'avanguardia più radicale, passando dalle canzoni della resistenza alla chitarra classica contemporanea, il tutto senza mai abbandonare la propria personalità. Il trio attuale è uno dei suoi progetti più estremi, in cui fa confluire gran parte delle proprie esperienze in un contesto principalmente di rock duro con frequenti sconfinamenti nel punk condito con un po' di elettronica.

Fondamentale l'apporto dei due compagni (fenomenale Smith, scatenato e travolgente per tutto il concerto), con i quali mostra un perfetto affiatamento che permette al trio di suonare come un tutto unico. Il set alterna momenti di relativa quiete con altri decisamente più energici. Per il bis, che arriva dopo un'ora e mezza di concerto con poche pause, Ribot propone un brano ballabile di sapore latino, che rimanda alle sue esperienze con Los Cubanos Postizos. Interessante il confronto indiretto tra i due chitarristi.

L'approccio di Ribot alla chitarra è esattamente l'opposto di quello di Lage, ascoltato un paio di sere prima; tanto questo è morbido, pulito e rassicurante nel suo tocco, quanto l'altro è ruvido, sporco e scioccante. Dove Lage accarezza e blandisce, Ribot schiaffeggia e stimola, e il suo set si svolge all'insegna della sorpresa continua, mentre quello di Lage cerca una continua conferma che risulta in una certa prevedibilità.

Bill Frisell Four
13.7.2023

Terza e ultima serata all'insegna della chitarra con Bill Frisell, ospite frequente (e sempre gradito) dei programmi estivi alla Casa del Jazz, con il suo più recente progetto Four, in cui è accompagnato da Gerald Clayton al piano, Greg Tardy ai clarinetti e sax tenore, e Johnathan Blake alla batteria. Il suo è un jazz da camera raffinato ed elegante, senza troppi sussulti, fondato sull'interazione degli strumenti che sta alla base delle sue composizioni, che continuano la sua esplorazione della tradizione musicale americana, in cui confluiscono e si mescolano influenze jazz, blues, gospel, folk, country e bluegrass. Come chitarrista Frisell si mantiene un po' in disparte, lasciando lo spazio solistico prevalentemente ai compagni (soprattutto Tardy, eccellente in particolare al clarinetto), limitandosi a far da collante per la musica del gruppo, anche in virtù dell'assenza del basso, e prendendo pochi assoli col suo stile dimesso, poco spettacolare ma personale ed efficace. I brani presentati provengono dall'album omonimo pubblicato lo scorso anno, che comprende anche alcune classiche composizioni del chitarrista come "Lookout for Hope," per concludere col bis di "What the World Needs Now Is Love" di Burt Bacharach.

Meno immediato di Lage, meno energetico di Ribot, Frisell rimane un chitarrista per palati fini, in grado di apprezzare la sua sofisticata ricerca sul suono sia dello strumento che dei gruppi che guida.

Questo trittico di concerti ha permesso di confrontare tre modi diversi di concepire la moderna chitarra jazz (e zone limitrofe), non per stilare una improbabile classifica, ma per rendersi conto di quanto diverse possano essere le possibilità offerte dallo strumento in mano ad artisti di differente sensibilità.

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