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Cristina Zavalloni: fra canzone e ricerca

Cristina Zavalloni: fra canzone e ricerca

Courtesy Luciano Rossetti

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L'ecclettismo, la vitalità creativa e l'intelligenza interpretativa di Cristina Zavalloni ci hanno abituato a sorprese continue, sia in concerto che nelle edizioni discografiche. È significativa la successione delle sue incisioni degli ultimissimi anni, a cominciare da For the Living (Encore, 2020), lavoro "impegnato" realizzato nel primo anno del Covid a capo di una formazione italo-scandinava da sogno, a cui inaspettatamente ha fatto seguito Popoff! (Tuk music, 2021), una selezione di famose canzoni dello Zecchino d'Oro, condividendone la titolarità con Paolo Fresu; recentemente il progetto è stato replicato a Berchidda sul main stage di Time in Jazz. In Parlami di me (Egea, 2022), invece, Cristina è accompagnata dal ClaraEnsemble per affrontare con la consueta motivazione alcune canzoni scritte da Nino Rota. Nel giugno di quest'anno infine la Encore Music ha prodotto due brevi CD in duo, o se si preferisce due EP, che ci presentano facce complementari della cantante e che per questo motivo è consigliabile ascoltare uno di seguito all'altro. Con coerenza lapidaria i 19 minuti di Lontanissimo, in duo con il pianista Manuel Magrini, presentano cinque canzoni, due delle quali original della stessa Zavalloni, mentre Twisted—in tutto 26 minuti—vede la cantante bolognese duettare con Michel Godard in un repertorio relativamente più sperimentale, in buona parte dovuto alla firma del comprimario francese.

Le collaborazioni fra la cantante e i due strumentisti sono nate in tempi e per ragioni diverse. "Michel è l'ospite che chiamai da ragazzina—precisa Cristina -per nobilitare il mio primissimo CD in quartetto! Da allora, abbiamo suonato insieme in diversi progetti, suoi, miei, fino all'attuale estrema sintesi del duo. Mi diverte molto la triangolazione che si è creata spontaneamente con questi due ultimi dischi: M-C-M (ossia Michel, Cristina, Manuel in ordine decrescente di età e frequentazione)."

Ben più recente è l'incontro con Magrini: "Il primo a parlarmi bene di Manuel fu Roberto Lioli, di Encore Label, diversi anni fa. Poi anche Gabriele Mirabassi mi consigliò di collaborarci. Finché tre anni fa si è presentata l'occasione giusta, quando gli ho proposto un concerto in duo, a Cesena. Ci siamo divertiti, è stato un buon battesimo e da allora siamo diventati inseparabili."

Un dato significativo e sorprendente che accomuna i due CD dell'Encore, in controtendenza rispetto alle abituali consuetudini dell'editoria discografica, è il breve intervallo di tempo intercorso fra la data di incisione e quella di pubblicazione. Twisted è stato registrato a febbraio ed è uscito a giugno; Cristina e Manuel sono invece entrati negli studi della Fonoprint di Bologna addirittura a metà marzo per Lontanissimo, che è comparso sul mercato alla fine di giugno. C'è una profonda ragione affettiva che giustifica l'urgenza di arrivare alla pubblicazione dei dischi, soprattutto di Lontanissimo, che rappresenta un amorevole omaggio al padre Paolo, ormai provato da un repentino declino fisico. "Sentivo che il tempo stringeva. Papà mi sembrava ogni giorno più lontano, Lontanissimo, appunto." La preoccupazione di Cristina era legittima: il padre è infatti deceduto il 20 giugno—si veda il nostro ricordo pubblicato per l'occasione su questa rivista on line—e ha fatto appena in tempo ad ascoltare un'anteprima della registrazione.

L'obiettivo motivante di questo CD, il perno attorno al quale è ruotata la scelta degli altri quattro brani, era quello di giungere alla pubblicazione di "Restiamo amici," di cui padre e figlia sono co-autori. La circostanza della riscoperta di questa canzone è talmente singolare e travagliata che solo le parole autentiche dell'autrice possono spiegarla, a cominciare dai fatti che hanno determinato la sua decisione di inciderla. "Avevo cantato questo brano dal vivo durante il concerto organizzato in occasione dell'ottantesimo compleanno di mio papà. Allora si trattò di una riscoperta: nessuno ricordava quel brano, di cui io abbozzai quella sera una versione struggente in piano e voce. Mio padre fu il primo a stupirsene. Diversi discografici in sala mi chiesero poi testo e musica, un provino addirittura, con l'intento di proporlo ad alcune voci di richiamo della scena pop. Non se ne fece nulla. Si vede che non era ancora il momento o che toccava a me occuparmene... "Restiamo amici" tornò nel cassetto fino al novembre scorso quando, durante la festa del mio compleanno, questa volta, l'amica di lungo corso e splendida cantante Cristina Renzetti si mise a parlarne in modo scherzoso con mio papà. Lei ricordava bene il brano perché era stata presente a quella festa di quasi undici anni fa. Sentendoli parlare, ho pensato fosse giunto il momento di inciderlo. Quel brano mi ossessiona da quando ero ragazzina, in qualche modo mi appartiene. Lo renderò pubblico, ho pensato, sarà per me come un atto catartico."

Un altro aspetto curioso è la ricostruzione di quando e come la cantante ha riscoperto di essere l'autrice delle parole, riavvolgendo il nastro della memoria personale, in buona parte rimossa. "Davo per scontato che si trattasse di una leggenda famigliare—ammette Cristina—di quelle di cui a volte i miei genitori tendevano ad auto-convincersi, per mitizzare mie sedicenti imprese giovanili... In più sapevo chiaramente che il titolo e il primo verso (Restiamo amici, ma cosa dici) non erano farina del mio sacco, sentivo di non averli potuti scrivere io. Quindi, per estensione, pensavo di non averne scritto alcun verso. Poi, un giorno di febbraio scorso, mia mamma mi ha fatto trovare sul pianoforte di casa loro il testo originale del brano, degli anni Settanta credo. In origine, avrebbe dovuto trattarsi di una collaborazione tra mio padre e Dino Verde. E già lı̀ è scoccata la prima scintilla, dal momento che mi sono dedicata negli ultimi due anni a un lavoro incentrato sulle canzoni di Nino Rota, contenute nel CD Parlami di me, canzoni che portano in molti casi la firma di Verde in qualità di paroliere. Del testo proposto da Verde mio padre aveva preso in realtà solo il titolo e i primi due versi (avevo ragione dunque!), mentre il resto del foglio era pieno di appunti scritti a margine a mano, corrispondenti all'attuale testo della canzone. La calligrafia era inequivocabilmente la mia (in questo avevano ragione loro!). A quel punto mi sono arresa: avevo accumulato abbastanza indizi e mi sono subito messa in moto per organizzare la registrazione."

La breve parabola di "Restiamo amici ," musica di Paolo e testo di Cristina, rappresenta un'esperienza del tutto unica, immancabile quindi il suo recupero da parte della cantante. Le accorate parole, su un registro acuto, esprimono tutta la difficoltà ad accettare la conclusione di una relazione importante che evidentemente non può continuare, mentre la bella e lenta linea melodica decanta un'inevitabile vena malinconica, evolvendo verso la repentina conclusione. Ma ad aprire Lontanissimo è "La resa," una canzone meditativa, autobiografica, di cui la stessa Zavalloni ha scritto testo e musica; il suo andamento sospeso e cullante, più che lento, e il suo testo sembrano dare voce a una dolcissima complicità nei confronti di sua figlia, venata però da un certo fatalismo. "Questo brano è molto recente. L'ho scritto per il progetto Contemporary Songs—Versi 'ammari' commissionatomi dal FontanaMix Ensemble e andato in scena per la prima volta a Bologna a dicembre scorso. Poco dopo, ho chiesto all'ensemble il permesso di inciderne una versione per piano e voce, dando cosı̀ al brano vita autonoma. Fa parte della mia produzione più intimista, piuttosto ricca negli ultimi anni... Il brano è dedicato a mia figlia Agata, che da quando è venuta al mondo, otto anni e mezzo fa, costituisce per me un'inesauribile fonte di ispirazione."

Il repertorio procede poi riesumando dall'oblio due brani dimenticati, anche se famosi a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta. Da West Side Story di Leonard Bernstein proviene la distesa, danzante melodia di "Lontanissimo," in cui le parole della versione italiana, interpretata anche da Mina, sono dovute a Alberto Curci. La dizione cadenzata, delicata ma perentoria, della voce contribuisce ad esprimere una speranza incrollabile sugli eventi del futuro, realizzando i propri sogni. Un altro recupero felice e inaspettato è "Quella cosa in Lombardia," musica di Fiorenzo Carpi su testo di Franco Fortini; il tema bipartito fa rivivere la vita difficile, tutt'altro che spensierata, di certe periferie in disordinata espansione nel dopoguerra. Dell'intenso testo poetico, che mi ricorda le situazioni dei coevi romanzi di Giovanni Testori, sono state date varie esecuzioni canore. Lontana dall'ineguagliabile, disperata amarezza delle prime versioni di Enzo Jannacci, Zavalloni ne dà un'interpretazione vibrante, fra inflessioni languide e spregiudicate, che si avvicina maggiormente a quella di Laura Betti, prima destinataria del testo stesso.

Con un cambio di rotta imprevedibile, il percorso si conclude nel segno di una corsa melodico-ritmica sfrenata con "Karate" di Egberto Gismonti: un vortice spericolato e virtuosistico in cui il vocalese della cantante e la diteggiatura puntigliosa del pianista procedono di pari passo, intrecciandosi con verve estrema e continue trovate. A parte quest'ultima, sfarzosa prova di veemenza creativa, in tutte le altre canzoni del disco prevale un'interpretazione lineare e partecipe, ora insinuante ora scanzonata ora affranta, da parte della cantante, la cui voce conduce una narrazione avvolgente, sempre aderente al contenuto del testo. Quanto a Manuel Magrini, più che una "spalla" ideale si conferma un vero e proprio comprimario. Il pianista, essenziale nelle parti di accompagnamento, dal tocco raffinatissimo ed elegante, ora cristallino ora più determinato, ha modo di ritagliarsi, soprattutto in "Lontanissimo" e in "Quella cosa in Lombardia," spazi solistici che riempie con piglio personale e una diteggiatura percussiva di grande efficacia.

Twisted si apre con passo felpato e riflessivo: sull'avvolgente linea melodica di "Mira la Madrugada," a firma di entrambi i comprimari, la cantante sovrappone un suo testo in spagnolo, dipanando un canto dolente e volatile, sostenuto dall'espressività scura e "soffiata" della tuba, che nella parte centrale presenta un sussulto più scontroso. Non molto diverso è l'andamento pacato di altri due brani di Godard i cui testi sono dovuti a Linda Bsiri: "Sull'onda dell'amore" e "A Trace of Grace," che vedono entrambi la sovrincisione del serpentone e di un delicatissimo basso elettrico da parte di Godard. Il semplice e carezzevole impianto melodico della prima canzone si basa su poche parole in italiano che esprimono un'ottimistica voglia di vivere; la seconda invece, che sembra voler chiudere il cd sulla stessa lunghezza d'onda di come era iniziato, eleva un canto estatico in francese, che si apre ad una visione radiosa e conciliante. Godard è poi l'autore di musica e parole di "Sulla scala delle sfere," in cui la proiezione quasi mistica del testo trova uno svolgimento melodico più contrastato, fino ad arrivare nella parte finale ad una diafana sovrapposizione di più voci della cantante. Quest'ultima firma invece "Idea," dove le appena accennate accelerazioni e i rallentamenti della breve parabola espositiva esaltano il suo inventivo vocalese.

Come "Karate" rappresenta l'anomalia all'interno di Lontanissimo, così "Twisted," irresistibile satira sulla psicoanalisi con testo di Annie Ross su musica di Wardell Gray, si presenta come una sorprendente deviazione rispetto al clima dominante degli altri brani del CD. Se le versione originali di Annie Ross, fra anni Cinquanta e Sessanta, spiccano per il sapiente e godibilissimo senso dello swing emanato dalle evoluzioni canore della cantante e dall'omologo contributo dei partner, questa interpretazione di Zavalloni, dopo un'introduzione dal sapore sperimentale, presenta una travolgete sequenza di invenzioni autoironiche, di impennate eccentriche, di spunti schizofrenici accennati fra sé e sé con un evidente risultato umoristico, ricorrendo a registri e a lingue diverse. La tuba di Godard riveste una funzione di sostegno, fornendo ora un morbido sottofondo ora un audace controcanto. A proposito del contributo strumentale di quest'ultimo in tutto il CD, possiamo aggiungere un'ulteriore considerazione: una personale tecnica cangiante sulla sua tuba Yamaha dona alla sonorità un piglio forse meno rotondo e pieno di quelli tipici dello strumento; certamente conferisce al sound e al fraseggio colori e toni madreperlacei e riverberanti, ricchi di bagliori traslucidi e languidi.

Come si è detto i due dischi risultano fra loro complementari, non certo contrapposti; anzi a ben vedere l'approccio a una ricerca autentica e gli spunti sperimentali non sono prerogativa solo del dialogo fra voce e tuba, che anzi al suo interno presenta molti momenti di intimismo e di distesa pacatezza. In ambedue i lavori senso melodico e invenzioni ritmiche e timbriche si coniugano, come convivono poesia e ironia, meditazione e verve smaliziata, dissacrazione e nostalgia, umorismo e impegno. La loro uscita più o meno contemporanea risponde dunque a un'evidente ragione logico-estetica, oltre che a esigenze di produzione, ed è frutto di un progetto ben preciso da parte dell'autrice. "La post-produzione di questi due lavori è stata lunga e accurata. Me ne sono occupata personalmente, insieme a quello che doveva essere solo un fonico ma si è rivelato in corso d'opera ben di più: un fidato sodale, che ha sposato il progetto con tanto amore da finire per condividerne con me diverse piccole sfumature, dal suono, naturalmente, fino al titolo, alla scaletta, ecc... Parlo di Stefano Bechini, che ringrazio ancora per il suo apporto appassionato."

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