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Bruno Tommaso: La Scuola che sognavo

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La Scuola che sognavo
Bruno Tommaso con Alfredo Gasponi
209 pagine
ISBN: 978-88-905478-3-6
EDI-PAN Edizioni Musicali
2020

Questa non è una biografia, anche se è composta da un mosaico di tessere biografiche. Bruno Tommaso definisce il testo un libello, ma c'è molto di più: una serie di riflessioni su un percorso artistico e umano, un bilancio in progress, un repertorio di composizioni, un vademecum che si accompagna a vicende esemplari, legate alle attività del contrabbassista. Uno dei nostri musicisti più preziosi per esperienza, per coerenza, per quantità e qualità di iniziative, legate non solo al fare musica, ma pure alla didattica e alla promozione della cultura musicale, a ogni livello.

Redatto con il linguaggio screziato di ironia e autoironia, con il tono semiserio, eppure sempre così acuto e focalizzato, che bene conosce chi ha avuto la fortunata occasione di frequentare il musicista, il volume La scuola che sognavo, con sottotitolo La musica come bene comune, il jazz come dialogo, condensa e dichiara già in copertina il senso del testo, la cui realizzazione ha accompagnato l'autore per molti anni. Scavando e riflettendo sulle vicende, certo, ma in particolare ponendosi continuamente nella condizione di chi queste vicende vuole interpretare, mettendole in reciproca relazione, soppesandole, per inserirle in un bilancio critico non certo definitivo, da condividere con chi apprezza il suo lavoro, ma anche con i suoi numerosi allievi, con chi ha fruito del suo contributo prezioso nella propria formazione.

Si sorride già al titolo del primo capitoletto, un incipit che recita "Fine e Principio," mettendo insieme una coppia di opposti che, considerata nella sua più vasta area semantica, si avvicina con fatale attrazione. Qui si parla proprio della fine (appunto al femminile) dei primi corsi di jazz al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, promossi da Giorgio Gaslini nel 1971, che dopo soli due anni furono interrotti. Tommaso era tra gli allievi del conservatorio -di contrabbasso nella sezione classica— che avevano creduto in quella "bella avventura," la cui conclusione arrivò per le ovvie ragioni di rigetto di un corpo estraneo alla struttura rigidamente accademia. Ma proprio questo evento portò al principio della pregnante esperienza successiva, che rappresentò un ulteriore, decisivo passo verso la scuola che Tommaso sognava: "una scuola di musica senza barriere."

Nasceva così, nel 1975, attraverso la sinergia di giovani e risoluti musicisti, tra cui Giovanna Marini, Eugenio Colombo, Giancarlo Schiaffini, Maurizio Giammarco, la Scuola Popolare di Musica di Testaccio. "L'evento che indirizzò la mia vita," dice Tommaso. Ecco, dunque, il secondo capitolo del libro, La scuola che sognavo, dove sono tracciate con precisa memoria le tappe che portarono alla realizzazione del sogno didattico e culturale del Testaccio: "Senza bisogno di tanti giri di parole ecco realizzato il tanto perseguito e quasi mai odiernamente raggiunto rapporto di contiguità tra scuola e società," afferma Tommaso.

I due primi, brevi ma densi capitoli fanno la staffetta alla lettura molto piacevole dell'ampia sezione intitolata L'alfabeto di Bruno Tommaso, dove sono elencati "Storie, incontri, luoghi, gruppi musicali," con tante considerazioni sulle esperienze del musicista e soprattutto dell'uomo. Anche qui con squisita ironia, si parte dalla "A" di "Acqua Calda" per approdare alla "Zeta" di "Zètema," in una cinquantina di pagine ricchissime, che percorrono non solo una vicenda personale, ma un autentico itinerario collettivo, in cui compaiono le avventure spesso picaresche, le aspirazioni e le scoperte di un'intera generazione, che ha reso grande il jazz e la cultura in senso lato in Italia. Basta spulciare alcune voci dell'alfabeto, per rendersi conto della sua articolazione: "Cinema Muto," "Emozione," "Folkstudio," "Gruppo Musica Insieme," "Italian Instabile Orchestra," "Nuove Forme Sonore," "Questioni Ministeriali," "Siena Jazz," "Vesuvio," "Xalapa." Quest'ultima è una città messicana, dove Tommaso trovò, durante una tournée con il quintetto di Gaslini nel 1991, un magnifico contrabbasso "costruito da un liutaio che aveva studiato a Cremona e che mi sarei portato volentieri in Italia."

Un altro gustoso titolo, Memorie di uno smemorato, ci porta al quarto capitolo del libro, col repertorio dei lavori musicali ideati da Tommaso. Una grande quantità, suddivisa nelle due sezioni "Progetti" e "Sogni" per quanto riguarda il materiale non registrato e con la definizione "Retroscena Discografici" per quelli documentati da un supporto sonoro. Deliziosa è la descrizione, dettagliata e spesso condita di aneddoti, della genesi, delle motivazioni, di organici strumentali, desideri. Dove sono protagoniste ancora alcune esperienze fondamentali, come i corsi e i laboratori di Siena Jazz e naturalmente quelli della Scuola di Testaccio, ma pure occasioni che spaziano ad ampio raggio nella Penisola, con l'Orchestra Jazz del Parco della Musica di Roma, l'Orchestra Jazz della Sardegna, la New Project Jazz Orchestra di Trento e Bolzano. E naturalmente le collaborazioni con tutti i maggiori musicisti della scena nazionale e oltre, dei quali è inutile riportare l'elenco: ricordiamo solo, per la sua unicità, un progetto con Albert Mangelsdorff e Franco D'Andrea, promosso dagli Itinerari Jazz di Trento e mai ripetuto.

Un album fotografico eloquente nella propria concisione fa da sipario al successivo capitolo, Percorsi. Cinquanta suggerimenti per giovani musicisti. Anche qui saggezza e ironia si compenetrano e sono letti volentieri anche dai non diretti destinatari, fino alla conclusione acuminata: "Forse è meglio lasciar perdere, il Jazz non fa per voi." Una sorta di invito a nozze per gli spiriti arditi. "Sette peccati di vecchiaia" descrive altrettante sfide affrontate dal musicista tra il 2012 e il 2017. Composizioni nate dalla collaborazione con Conservatori e laboratori, e addirittura un'opera lirica basata su Moby Dick, che attende tuttora una messa in scena. Il capitolo Questioni morali traccia un gustoso, brevissimo bilancio in forma tripartita con una coda, riflettendo su Bartók ("in pochi mesi divenne il mio musicista preferito"), sul narcisismo dell'artista e sulla reale opportunità di una didattica del jazz: "Siamo sicuri di avere la coscienza a posto? No, non ne sono affatto sicuro, ma per fortuna sono alla frutta e tanti danni ormai non ne posso più fare."

Un'affermazione, quest'ultima, che va senz'altro bilanciata dalle parole di Alfredo Gasponi, accreditato come coautore nel titolo, del quale compare un'intervista breve ma pregnante con Tommaso, prima della dettagliata Discografia ragionata che completa il prezioso volumetto pubblicato da EDI-PAN. Dice Gasponi: "Oggi Bruno raccoglie quello che ha seminato: i suoi allievi hanno seguito il suo esempio e per trasmetterlo ai loro allievi continuano a chiedere la sua collaborazione. Ha realizzato, insomma la scuola che voleva, sostenuto dalla tenacia di chi crede nei sogni." Stefano Zenni, nella prefazione, rinforza il concetto: "(Bruno Tommaso) ha formato i migliori arrangiatori e compositori di oggi."

Questa non è una biografia. E non ha nulla a che fare con Magritte. O forse sì?

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