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Ariele Monti: la filosofia inclusiva di Area Sismica

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A Ravaldino in Monte, pochi chilometri a sud di Forlì, in una rustica e isolata casa di campagna ai piedi delle colline romagnole, per la precisione una Casa del Popolo costruita nel 1947, ha sede Area Sismica, uno dei locali più vivaci, autentici e accoglienti in cui ascoltare musica dal vivo con poche preclusioni di genere. Il circolo è gestito da un'Associazione di Promozione Sociale senza fini di lucro, attiva dal 1991 ma trasferitasi nel 2001 in questa sede, allestita con lo scopo "di trasmettere tutte le emozioni che uno spettacolo dal vivo può dare." Ed è vero: il pubblico si trova a strettissimo contatto con gli esecutori e l'acustica è talmente avvolgente che ci si sente direttamente immersi nel processo creativo e partecipi del suo divenire. Nella serie d'interviste dedicate ai direttori artistici dei festival italiani non poteva mancare quindi la voce di Ariele Monti, coordinatore entusiasta della programmazione di Area Sismica. Con lui abbiamo parlato della visione estetica che intende perseguire, di come si articola la programmazione nell'arco dell'anno e delle scelte che caratterizzano il calendario del prossimo futuro. Il tutto nel quadro di questa epoca così pesantemente condizionata dalla pandemia, dalla quale ci si augura di uscire gradatamente ma, prima o poi, definitivamente.

All About Jazz: Partiamo dall''identità di Area Sismica: quali sono la sua filosofia, gli obiettivi e i criteri della sua programmazione, gli ambiti musicali di riferimento?

Ariele Monti: Area Sismica rivolge il suo sguardo alla musica del presente al di là degli steccati di genere. È lo snodo tra arte e vita l'aspetto che ricerchiamo maggiormente, non nel senso di militanza politica manifesta, ma come urgenza espressiva scaturita dal vissuto contemporaneo. Sia le rassegne, sia i vari festival che organizziamo inseguono questo comune denominatore, un filo rosso che unisce una sequenza di concerti solo apparentemente lontani tra loro. Non abbiamo un ambito di riferimento, in questi tre decenni abbiamo coinvolto musicisti appartenenti ai più diversi mondi musicali, da Fred Frith a David S. Ware, da Otomo Yoshihide a Hamid Drake, da Rob Mazurek a Bob Ostertag a Irvine Arditti...

AAJ: In particolare, dal 2011 ha preso il via anche il Festival di Musica Contemporanea Italiana. Cosa ti preme mettere in evidenza a tale proposito?

AM: Consideriamo gli ambiti legati alla cosiddetta musica contemporanea la lente più trasparente sull'oggi e fu Stefano Scodanibbio, che abbiamo avuto l'onore di avere sul nostro palco un paio di volte, che ci spronò in maniera convincente a creare una rassegna ad hoc. Abbiamo avuto da sempre la percezione che molti compositori e interpreti italiani godessero della giusta considerazione soprattutto all'estero e così abbiamo creato il FMCI per evidenziarne la reale portata. L'intento perciò è fortemente divulgativo e abbiamo coinvolto fin da subito gli istituti musicali forlivesi, in modo da offrire anche una panoramica della musica degli ultimi decenni dimenticata dai programmi didattici ufficiali. È stata una meraviglia vedere appassionarsi adolescenti che ora sono talenti riconosciuti, come Rocco Castellani, contrabbassista da tempo entrato a far parte degli iperbolici Ludus Gravis di Daniele Roccato.

AAJ: Dal 2015 poi, in spazi restaurati e prestigiosi di Forlì, si sono concentrate le giornate del Forlì Open Music, che mi pare costituisca la punta dell'iceberg della vostra attività attuale, perseguendo sempre la stessa trasversalità e compresenza di generi diversi.

AM: Il Forlì Open Music è una sorta di compendio della nostra attività con un elemento in più, un occhio rivolto alla musica classica tout court. È un'idea nata proprio per via della collocazione del festival, in pieno centro a Forlì, che avrebbe attratto un pubblico più ampio e più casuale, appassionati di musica di svariati generi. Perciò l'intenzione è stata fin da subito di creare un percorso, un cammino tra i diversi mondi musicali fino ad arrivare a quelli del presente. Così facendo siamo riusciti a far toccare con mano l'evoluzione e la parcellizzazione subita dalla musica nel corso dei secoli e dei decenni. Spostandoci in sedi così centrali siamo riusciti anche a raggiungere una notevole affluenza di spettatori a musiche lontane dalla logica del grande evento o del concerto mainstream. L'edizione di quest'anno sarà prevalentemente composta da musicisti italiani per via delle limitazioni agli spostamenti e avverrà in uno spazio all'aperto, per avere una ragionevole certezza di poterlo organizzare, anche se saranno stravolti gli orari abituali, spostando tutto il programma nella fascia serale.

AAJ: Veniamo appunto al presente. In questa situazione pandemica ancora difficile e fluida, quale atteggiamento organizzativo vi ha guidati?

AM: Il protocollo anticovid uscito nel maggio 2020 aveva un approccio scientifico stringente, che imponeva la riduzione a 1/3 dei posti disponibili. Non abbiamo visto altre opzioni se non quella di riaprire il prima possibile, consapevoli che qualche forma di sostegno da parte di enti locali e ministeriali sarebbe arrivata a noi organizzatori, innescando l'obbligo morale di mettere in circolo questi contributi per sostenere tutti gli appartenenti al nostro mondo rimasti col cerino in mano. Questo nostro approccio non cambierà nel corso del 2021, a meno di stravolgimenti del protocollo sanitario da adottare. Siamo pronti a ripartire in presenza di pubblico con una stagione estiva nello spazio esterno di Area Sismica e in altre Arene, come quella del complesso dei Musei San Domenico di Forlì, che ospiterà il Forlì Open Music il 26 e 27 giugno, e l'Arena Hesperia di Meldola per un evento ancora da definire.

AAJ: In base alle restrizioni di norma prevedibili, quale sarà la capienza massima, sia all'interno della sede sia all'aperto dove si svolgerà l'attività estiva?

AM: Immagino che siano ribaditi i protocolli del 2020, con la capienza ridotta a circa 1/3 rispetto a quella possibile in tempi normali. Nel nostro caso saranno disponibili 33 posti all'interno della sede e 66 nello spazio esterno. Quanto agli altri spazi istituzionali in cui opereremo la prossima estate, conterranno 198 posti distanziati l'Arena San Domenico e 99 l'Arena Hesperia. Non voglio neanche pensare a un protocollo ancor più restrittivo o che in autunno ci impongano una nuova chiusura. È stata una scelta incomprensibile quella adottata dallo scorso ottobre, soprattutto in relazione a quali altre attività sono state lasciate aperte.

AAJ: Come sarà strutturata quindi tutta l'attività del 2021?

AM: Abbiamo previsto di ripartire ai primi di giugno, con il Forlì Open Music fissato il 26 e 27 di quel mese. Anche l'attività nella sede di Area Sismica sarà un'altra stagione estiva con una prevalenza di artisti italiani. La 32ma stagione dovrebbe invece partire in ottobre e sono previsti recuperi di concerti di formazioni straniere, ma in questo caso il punto interrogativo è d'obbligo.

AAJ: Ci puoi dare qualche anticipazione sugli ambiti musicali e sui nomi che caratterizzeranno la prossima programmazione?

AM: Nel corso dell'estate toccheremo diversi ambiti, dalla contemporanea, alla musica elettronica, dal jazz a forme altre di rock, all'improvvisazione radicale, ecc. Anche il Forlì Open Music conserverà la trasversalità che lo caratterizza. Il programma del festival prevede la presenza sul palco di artisti del calibro di Francesco Dillon, Emanuele Torquati, il Sidera Sax Quartet, Manuel Zurria, Fabrizio Ottaviucci, Elio Martusciello, Ciro Longobardi, Enrico Malatesta, Micheal Pisaro-Liu e Alexander Hawkins.

AAJ: In particolare ci saranno proposte vicine al jazz e alla musica improvvisata?

AM: Sì, ne avremo diverse di proposte in tal senso. Oltre ad Alexander Hawkins e a Elio Martusciello presenti al FOM, nel corso dell'estate avremo gli Abacaxi di Julien Desprez e il trio formato da Sebi Tramontana, Frank Gratkowski e Steve Beresford. In autunno speriamo di confermare l'Ingrid Laubrock Quartet (con Brandon Seabrook, Michael Formanek e Tom Rainey), gli Irreversible Entanglements, gli AlasNoAxis di Jim Black e Thollem McDonas.

AAJ: Su quali produzioni originali si punta quest'anno?

AM: L'evento che illuminerà la 32ma stagione sarà la residenza e concerto dell'Istantanea Ensemble in presenza di Salvatore Sciarrino, che presenterà in prima assoluta una composizione scritta appositamente. Avremo anche la coproduzione del concerto al buio del percussionista Marco Zanotti organizzato con L'Unione Ciechi e Ipovedenti di Forlì-Cesena. Anche questo è un evento a cui teniamo particolarmente per lo stravolgimento percettivo che riesce a donare a spettatori e musicisti. Spero si concretizzino altre produzioni e coproduzioni che stanno bollendo in pentola, ma queste dipendono fortemente dall'evoluzione della pandemia e della campagna vaccinale.

AAJ: In epoca ancora di Covid, quali le difficoltà per ingaggiare e inserire in programma con il dovuto anticipo gli artisti stranieri?

AM: Nel nostro caso tutti gli artisti stranieri previsti quest'anno sono dei recuperi della stagione del trentennale, le cui date alternative sono state proposte con larghissimo anticipo, ma sempre animati più dalla speranza che da certezze. Infatti in alcuni casi sono dei recuperi di recuperi, perché dall'inverno 2020 si è passati a quello 2021 e poi al prossimo autunno. Non so quando saremo in grado di programmare concerti che non siano recuperi, perché vogliamo prima tentare di riprogrammare tutti i concerti cancellati per Covid. In ogni caso i concerti di musicisti stranieri vengono sempre rimodulati con grande anticipo secondo la previsione dell'andamento pandemico.

AAJ: Mi pare che la sosta imposta dalla pandemia abbia comportato uno stravolgimento delle scelte organizzative, cercando comunque di recuperare gran parte di quanto previsto nel passato.

AM: La scorsa estate abbiamo messo in piedi una stagione ad hoc, organizzando residenze artistiche per coinvolgere il più alto numero di musicisti italiani. Per il 2021 l'idea è quella di recuperare i concerti cancellati e sono fiducioso sulla possibilità che la rassegna estiva sia fattibile con l'adozione dei protocolli del caso, così come lo spero per la stagione musicale che partirà in autunno. Se si procedesse così fino a fine anno, il calendario sarebbe composto prevalentemente da recuperi. Auspico che almeno dal 2022 si possa tornare a programmare come prima di questo incubo. In ogni caso questo virus ha cambiato le prospettive, per cui d'ora in poi esisterà un prima e un dopo. Mai come ora la sopravvivenza delle realtà di frontiera sarà nelle mani di chi ha la responsabilità delle politiche culturali a tutti i livelli. La scelta sarà se continuare a fornire la possibilità di fruizione di molteplici linguaggi espressivi o se focalizzarsi su eventi mainstream di ogni ordine e grado, puntando su un consenso immediato e sulla fusione di cultura e turismo.

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