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Jason Stein: Anchors

Jason Stein: Anchors
Il clarinetto basso vanta nel jazz contemporaneo una rosa di solisti eccellenti, a partire da Eric Dolphy, che ha letteralmente inventato un modo di interpretare lo strumento, di valorizzarne colori e incisività espressiva. Però la sua frequentazione, con lo stesso Dolphy e con personalità quali Michel Portal, John Surman, Vinny Golia, Marty Ehrlich, Don Byron, si è sempre affiancata ad altri strumenti, alla ricerca di una duttilità tipica degli esploratori di tavolozze timbriche aperte e audaci. Tra i rari musicisti che si sono dedicati in modo completo e profondo al clarinetto basso, spicca Jason Stein, autentico indagatore dello strumento, la cui dedizione è stata opportunamente paragonata a quella di Steve Lacy nei confronti del sax soprano.

Pur essendo attivo in una quantità di formazioni, in particolare sulla scena di Chicago, con la presenza in una copiosa serie di incisioni sia come leader che in significative complicità, Stein non firmava un progetto completamente a proprio nome da qualche anno, al momento di questo Anchors, registrato nel 2022 e pubblicato nel settembre del 2024, tuttora degno di attenzione e di segnalazione.

Nelle sue precedenti avventure abbiamo apprezzato la propensione a spaziare con facilità da uno stile all'altro, approdando spesso nei suoi lavori allo sperimentalismo sobrio, ricco di contrappunti (spesso con il sax tenore di Keefe Jackson) e di tessuti ritmici swinganti, con riferimenti a Lennie Tristano, ma pure alla West Coast degli anni Cinquanta, al Jimmy Giuffre più ardito. Ma spiccando pure il volo nel mare avventuroso dell'improvvisazione più aperta, con il tenore di Ivo Perelman in Spiritual Prayers del 2018, poi con Damon Smith al contrabbasso e Adam Shead alla batteria in Volumes & Surfaces, registrato nel 2021. E ancora con la stessa coppia ritmica e la straordinaria Marilyn Crispell al pianoforte in una registrazione del 2023, Spi-raling Horn, di forza magmatica.

Questo CD rappresenta una vera perla, aggiunta alla collana. Vi si respira una coerenza e una focalizzazione profonde, scaturite dalla motivazione descritta nelle note di copertina, dove si narra il collegamento tra attività musicale e discipline legate alla salute, nella via tracciata dal grande Milford Graves. Tale disposizione agisce senza dubbio sulla musica di Stein, che si sviluppa come una sorta di suite in cui la serie di brani si lega con fili sottili, attraverso la complicità di due musicisti intimamente sintonizzati, quali Joshua Abrams al contrabbasso e Gerald Cleaver alla batteria.

Con il primo, Stein ha maturato una tenace frequentazione, sfociata nel 2017 nel gruppo a organico variabile Natural Information Society, che persegue itinerari non dissimili (nello spirito) da quello di Anchors, attraverso una musica che fonde tessiture iterative, fitto interplay e intenzioni terapeutiche. Tra le pubblicazioni di tale organico, si apprezza particolarmente Descension, del 2019, con la presenza del sax soprano di Evan Parker. Per quanto riguarda Cleaver, il batterista che lavora qui per la prima volta con Stein rappresenta quanto di più congruo oggi si possa incontrare nella sintesi di rigore ed elasticità, nella capacità di aprire spazi sui quali la musica si possa sviluppare, possa pulsare.

Introdotto e concluso come in una cornice dal pezzo eponimo, "Anchor," una riflessione che abbina al clarinetto basso del leader la chitarra di Boon, il lavoro si inoltra in una serie di brani che si configurano come tessere di un unico mosaico. La melodia di "Boon" (anche produttore di questo lavoro), esposta dal clarinetto basso sui registri acuti, lascia un'impronta nella mente che resta viva in tutto lo svolgimento del CD. Già qui si avverte la sintonia dei tre protagonisti, nel tessere una fitta ragnatela di rimandi e richiami.

Il modo in cui Stein modella la forma della frase in "Boon" sembra comunicare nel contempo un senso di mistero e una chiarezza trasparente. Può essere che questo derivi dal processo di scoperta della "connessione tra corpo e strumento seguita all'infortunio sconcertante che ha minacciato di mettere fine alla sua carriera," di cui si parla nelle note di copertina. Noi ci limitiamo a registrarne il risultato artistico, molto alto.

"Crystalline" si innesta in quel discorso di corrispondenze, di reciproca suggestione, che in questo caso si accende e si frantuma poi nelle linee convulse, arroventate di "Cold Water," alla maniera di Evan Parker e Roscoe Mitchell. "An Origin" ha l'andamento di una meditazione zen, con il clarinetto basso fermo a lungo su una sola nota, che evoca le suggestioni del didgeridoo. Il lungo "Holding Breath" si dipana in un crescendo che dal pianissimo iniziale di fruscii e sussurri porta a un'atmosfera blues, di lirismo liberatorio. Nella versione finale, "Anchor" è sospesa e rallentata: lascia spazio agli echi di un percorso nella profondità. Pietra miliare nel lavoro di Stein. Trio esemplare.

Album della settimana.

Track Listing

Anchor I; Boon; Crystalline; Cold Water; An Origin; Holding Breath; Anchor II.

Personnel

Jason Stein
clarinet, bass
Joshua Abrams
bass, acoustic
Additional Instrumentation

Boon: guitar (1,7).

Album information

Title: Anchors | Year Released: 2024 | Record Label: Tao Forms

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