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Zeno De Rossi Trio al Pinocchio di Firenze
Zeno De Rossi Trio
Pinocchio Live Jazz
Firenze
14.12.2019
A cinque anni dal concerto di presentazione del loro primo disco Kepos (clicca qui per leggerne la recensione), il trio di Zeno De Rossi è tornato sul palco del Pinocchio Jazz, stavolta a presentare il suo secondo lavoro, Elpis, in uscita il 20 gennaio 2020 per l'etichetta statunitense gestita da Chris Speed, Skirl Records.
La musica del trio, prevalentemente originale (oltre ai brani del leader e di Francesco Bigoni in scaletta ce n'erano uno di Bill Frisell e, sorprendentemente, uno di Erik Satie), ha conservato la cifra generale che lo caratterizzava già nel lavoro precedente, pur presentando di brano in brano una forte varietà, evidenziata in particolare dal mutare degli strumenti usati da Bigoni e Giorgio Pacorig, ma anche dal modo in cui venivano da loro utilizzati.
Bigoni era impegnato soprattutto al sax tenore, ma in un paio di brani ha usato anche il clarinetto; con quest'ultimo si è mosso in prevalenza su territori astratti, con fraseggi frammentati e spigolosi, mentre con il primo ha alternato narrazioni da autentico balladeur a passaggi più liberi e dissonanti, prossimi alla poetica dell'amico e maestro Chris Speed. Pacorig ha a sua volta alternato il Fender Rhodes al pianoforte, quest'ultimo impiegato soprattutto in modo libero, contemporaneo, in alcuni passaggi anche percussivamente, l'altro invece usato ora in modo liricamente immediato, ora per pennellare la scena sonora di stirature acide, in questo caso intervenendo su manopole e distorsori.
De Rossi ha dal canto suo diretto dalla batteria il procedere della musica, assecondandone i mutamenti con la consueta sensibilità e l'infinita serie si modalità percussive di cui è padrone. Il tutto in un clima di grande affiatamento musicale e umano (quest'ultimo reso tangibile dalle scherzose comunicazioni con il pubblico) che favoriva il fluido passaggio da un'atmosfera all'altra, conservando la personale cifra artistica della formazione al mutare degli scenari.
Una musica matura, affrancata dalla necessità di inventarsi sempre qualcosa di nuovo o di esibire effetti speciali e perciò libera di muoversi a piacimento, ora presso la tradizione lirico-narrativa, ora vicina alla libera improvvisazione, ora perfino pescando nella classica, come nel brano di Satie, perfettamente adeguato al repertorio del trio. Sontuosa presentazione di un disco che si preannunzia maiuscolo.
Foto: Annamaria Lucchetti.
Pinocchio Live Jazz
Firenze
14.12.2019
A cinque anni dal concerto di presentazione del loro primo disco Kepos (clicca qui per leggerne la recensione), il trio di Zeno De Rossi è tornato sul palco del Pinocchio Jazz, stavolta a presentare il suo secondo lavoro, Elpis, in uscita il 20 gennaio 2020 per l'etichetta statunitense gestita da Chris Speed, Skirl Records.
La musica del trio, prevalentemente originale (oltre ai brani del leader e di Francesco Bigoni in scaletta ce n'erano uno di Bill Frisell e, sorprendentemente, uno di Erik Satie), ha conservato la cifra generale che lo caratterizzava già nel lavoro precedente, pur presentando di brano in brano una forte varietà, evidenziata in particolare dal mutare degli strumenti usati da Bigoni e Giorgio Pacorig, ma anche dal modo in cui venivano da loro utilizzati.
Bigoni era impegnato soprattutto al sax tenore, ma in un paio di brani ha usato anche il clarinetto; con quest'ultimo si è mosso in prevalenza su territori astratti, con fraseggi frammentati e spigolosi, mentre con il primo ha alternato narrazioni da autentico balladeur a passaggi più liberi e dissonanti, prossimi alla poetica dell'amico e maestro Chris Speed. Pacorig ha a sua volta alternato il Fender Rhodes al pianoforte, quest'ultimo impiegato soprattutto in modo libero, contemporaneo, in alcuni passaggi anche percussivamente, l'altro invece usato ora in modo liricamente immediato, ora per pennellare la scena sonora di stirature acide, in questo caso intervenendo su manopole e distorsori.
De Rossi ha dal canto suo diretto dalla batteria il procedere della musica, assecondandone i mutamenti con la consueta sensibilità e l'infinita serie si modalità percussive di cui è padrone. Il tutto in un clima di grande affiatamento musicale e umano (quest'ultimo reso tangibile dalle scherzose comunicazioni con il pubblico) che favoriva il fluido passaggio da un'atmosfera all'altra, conservando la personale cifra artistica della formazione al mutare degli scenari.
Una musica matura, affrancata dalla necessità di inventarsi sempre qualcosa di nuovo o di esibire effetti speciali e perciò libera di muoversi a piacimento, ora presso la tradizione lirico-narrativa, ora vicina alla libera improvvisazione, ora perfino pescando nella classica, come nel brano di Satie, perfettamente adeguato al repertorio del trio. Sontuosa presentazione di un disco che si preannunzia maiuscolo.
Foto: Annamaria Lucchetti.
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