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Sulla contaminazione: parte seconda - Quando è che la contaminazione musicale diventa velenosa?

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Quando è che la contaminazione musicale diventa velenosa?

Alla metà degli anni Ottanta, circa venticinque anni fa, al festival di Moers, in Germania, ascoltai due formazioni: il gruppo svedese Oriental Wind, gestito dalla percussionista turca Okay Temiz (che aveva già vissuto alcuni anni in Svezia, e poco più tardi anche in Finlandia) e il gruppo indiano The Karnataka College of Percussion. Sul palco i due gruppi suonavano contemporaneamente, ma non sembravano suonare insieme. Mi spaventai: "Cos'è questa roba?" In seguito molte altre volte sono rimasto interdetto e ho dovuto constatare come due gruppi, o musicisti, interessanti se suonano separatamente, in quanto espressioni delle rispettive culture, non riescono a fare una musica altrettanto interessante se suonano assieme. Quindi, come risposta preliminare, trovo che la contaminazione, o meglio l'ibridazione, l'incrocio, diventi velenosa se la qualità musicale diminuisce proprio a causa della contaminazione stessa.

Vent'anni fa, a tale proposito, l'immondizia musicale era abbastanza rara, ma dopo la commercializzazione e la mercificazione della musica cosiddetta "mondiale", world music, per noi critici e per tutti gli amanti della buona musica trovare le perle della musica creativa e "contaminata" è sempre più difficile e faticoso. Ma questa non può essere una scusa per smettere di cercarle! Anzi, vivere per decenni con la musica buona e creativa è un privilegio: significa impossessarci di qualcosa che, magari, possiamo poi trasmettere agli altri. Questo fenomeno non è nient'altro che la nostra "qualità", come ha bene chiarito lo scrittore americano Rober M. Pirsig nel suo libro Lila: se vivremo con la musica buona - contaminata o no - anche noi diventeremo "qualità". E la qualità del critico, il suo compito, è quello di essere in qualche maniera capace di distinguere la buona dalla cattiva musica - contaminata o no.

Dopo questa premessa, voglio entrare nel vivo dell'argomento. Quando a Cormòns posi la domanda: "Quando è che la contaminazione musicale diventa velenosa?", non pensavo di aprire un dibattito letterario così elevato, colto, e anche appassionato. Sicuramente senza il precedente della Torre di Babele e delle "contaminazioni linguistiche" non avrei potuto suscitare le reazioni di Libero Farnè e degli altri. Per noi finlandesi infatti il termine "contaminazione" ha un significato negativo, ma non perché preferiamo le tradizioni musicali chiuse - come hanno potuto verificare gli spettatori che al festival di Cormòns hanno partecipato al concerto del gruppo finlandese Piirpauke. Anzi, la world music è oggi fin troppo popolare se confrontata all'interesse verso il jazz, forse anche perché il jazz è considerato una musica "tradizionale" - (come diceva un bambino di cinque anni alla TV finlandese: "il jazz è il rock dei nonni e delle nonne"). Il jazz infatti ha la sua tradizione propria e autoreferenziale. D'altra parte i "veri jazzisti" finlandesi non si sentono coinvolti più di tanto dalla nostra domanda, perché sono poco interessati alla musica contemporanea contaminata - anche se quei jazzisti "veri", i puristi, sono sempre meno numerosi. Tutto ciò solo per dire che questo tipo di dibattito serio sarebbe quasi impossibile tenerlo da noi. Ma - spero che gli amici italiani siano d'accordo con me - la musica, al di là dell'ironia della musica contaminata, è una. Forse "la" qualità - come la democrazia - da difendere: la musica (buona e contaminata) o la morte!

A proposito di democrazia: nell'agosto di quest'anno sono andato nel laboratorio - sulla porta c'è scritto: "La fretta non vive qui" - dell'unica grande artista del bisso Chiara Vigo (di S. Antioco in Sardegna). Parlai per ore con lei e suo fratello, il quale a un certo punto disse: "L'umanità - non solo il popolo italiano! - non è ancora pronta per la democrazia". Questa frase mi fece pensare a come i jazzisti fossero pronti già un secolo fa! Non sono sicuro che i musicisti siano diventati più democratici durante gli ultimi decenni (forse è successo un po' il contrario); una cosa è sicura (contrariamente a quanto sostengono un paio d'interventi del dibattito): nella storia del jazz c'è stata una grande evoluzione musicale e artistica. Proprio quest'evoluzione conferma che il jazz e il cinema sono state le due forme essenziali dell' arte del Ventesimo secolo.

Ma quest'evoluzione si è fermata? E se così fosse, l'aumento della contaminazione rappresenterebbe la risposta per il ricupero dell'evoluzione? Il free è stata l'ultima espressione liberatrice. Tuttavia i protagonisti importanti del free hanno preso tutti le distanze dal free e, tramite il free stesso, hanno creato degli alvei proprii. Giorgio Gaslini, George Russell, Carla Bley, Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, Henry Threadgill e Franz Koglmann hanno creato i proprii alvei compositivi, procedendo in una visione heraclitiana della musica, cioè quella musica che, in quanto mette sempre in discussione l'identità del suo creatore, è in grado di sorprendere anche gli ascoltatori più attenti!

Il free ha inoltre liberato i musicisti "paramoderni" - come Sun Ra e Don Cherry - verso una musica (extra)terrestre, che metteva in discussione la funzione moderna della musica, in cui il compito dell'ascoltatore è quello di sedere in una sala da concerto per consumare suoni puramente spirituali. Per loro - e penso anche per noi - la musica è molto più di un oggetto da consumare, meglio, è l'aria da respirare. E quindi se l'aria è contaminata non va bene.

La terza forma di contaminazione, quella post-ayleriana, è stata ancor meno compresa; devo confessare che forse solo oggi posso ammettere che Miles Davis aveva ragione (ma lui parlava così poco che forse ogni volta che apriva bocca aveva ragione?!) quando diceva che il jazz aveva perso le sue radici folkloriche. Il jazz forse sì, ma Don Cherry certo non le aveva perse, anzi le aveva ritrovate. Miles però intendeva la contaminazione tra il jazz e il rock. Penso a John McLaughlin con la Mahavishnu Orchestra, anche nell'ultimo suo disco Floating Point; sicuramente lui è sempre stato un musicista moderno, lontano da Don Cherry, e tuttora resta per me un enigma… al contrario di Cecil Taylor, il compositore spontaneo per eccellenza, che rappresenta la grande sintesi hegeliana fra il musicista della terra e il compositore postmoderno.

Sì, per me la contaminazione è sempre velenosa. Ma il compito dell'artista è quello di sporcarsi le mani con i veleni. La differenza tra il ciarlatano e l'alchimista musicale sta nel fatto che quest'ultimo ricrea l'oro audiofonico (e l'illusione di una novità?), partendo sempre da elementi usati e sporchi. Lui crea l'organismo nuovo, che o è tutto veleno (la magìa) o privo in toto di velenosità (la spiritualità). Il periodo di sopravvivenza di questo nuovo organismo - dove gli elementi sono così organici, che sono difficili da separare (la bellezza di questa nuova creatura si basa spesso proprio sull'inseparabilità degli elementi) - dipende dal tempo e dai tempi. Ma, cosa è il tempo? Se proprio vi venisse in mente di chiedermelo.... non saprei rispondere.

Per finire, mi rallegro di tutto cuore per il primo incontro con i nuovi amici italiani, con i quali il tempo non diventa "velenoso".

(Revisione della forma italiana di Libero Farnè e Gabriella Sartini)

Foto di Fabio Gamba

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