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Steven Bernstein - Millennial Territory Orchestra

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Teatro Dal Verme - Milano - 02.03.2008

Cartellone tormentato, quello della stagione jazzistica degli Arcimboldi. Dapprima annunciato, poi revocato per dissidi interni all'organizzazione, poi confermato in due soli appuntamenti, di cui uno cancellato a causa delle cattive condizioni di salute di Charlie Mariano.

Di tutto il programma previsto, è rimasto dunque solo il concerto di Steven Bernstein con la sua Millennial Territory Orchestra (oltre al leader alla tromba, Clark Gayton al trombone, Doug Wieselman al clarinetto, Peter Apfelbaum ai sassofoni, Erik Lawrence ai sassofoni, Charlie Burnham al violino, Matt Munisteri a chitarra e voce, Ben Allison al contrabbasso, Ben Perowsky alla batteria). Concerto che ha avuto luogo in una sede diversa da quella annunciata inizialmente, e che naturalmente è stato penalizzato, in termini di visibilità, dalle peripezie di cui sopra.

Pubblico quindi non particolarmente numeroso (circa un centinaio di persone), per un ottimo concerto che avrebbe meritato dalla città una risposta ed un'attenzione migliore.

Come d'abitudine, l'Orchestra ha incentrato il programma della serata su brani ed atmosfere degli anni '20 e '30 (sia pure con qualche eccezione), rivisitati applicando su di essi le evoluzioni linguistiche ed estetiche che hanno attraversato il jazz, e più in generale la musica tutta, nel corso del ventesimo secolo. Il dixie convive dunque con il free, gli echi metropolitani di new york con qualche contaminazione rock. Molto forti gli echi klezmer (basta scorrere i nomi dei musicisti per cogliere la matrice ebraica), resi particolarmente evidenti dal clarinetto e dal violino. Una musica ironica ma al tempo stesso rigorosa, che mescola sapientemente partitura scritta ed invenzioni istantanee, e che trova la sua forza nel collettivo.

Contrariamente a quanto avviene solitamente nel jazz, la musica della Millennial Territory Orchestra vive infatti più degli arrangiamenti, dell'originalità degli impasti timbrici ed armonici, che non degli interventi solistici, peraltro non indimenticabili. Il tutto, supportato da una sezione ritmica formidabile (Ben Allison e Ben Perowski), che fornisce un motore fantasioso e solidissimo.

Un concerto molto divertente, che ha accontentato sia il nostalgico del jazz dei bei tempi andati, che il jazzofilo più attento alla contemporaneità.

Foto di Claudio Casanova

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