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Stefano Bollani Sheik Yer Zappa - Poggibonsi (FI)
ByEra senza dubbio nelle corde di Stefano Bollani, iconoclasta anarchico e animale da palcoscenico a trecentosessanta gradi, un lavoro sulla musica di Frank Zappa - dissacratore per eccellenza della musica della seconda metà del Novecento. Non così scontato era che il pianista trovasse dei compagni d'avventura all'altezza non solo della musica, ma anche della spettacolarità e della dissacrazione. Il progetto Sheik Yer Zappa dimostra invece che la missione è riuscita, con Josh Roseman per tutto il concerto sarcasticamente stralunato, Jason Adasiewicz intento a lavorare sul vibrafono quasi fosse un fabbro e Jim Black con un sorriso divertito quasi fosse al luna park. Il leggermente più compassato Larry Grenadier, in mezzo a tutto questo, aveva quantomeno la funzione di dare un minimo di serietà alla formazione...
In realtà, la serietà c'era eccome, visto che tutti i musicisti - Black incluso - seguivano con una certa attenzione gli spartiti. D'altronde, la musica di Zappa è sempre sembrata anarchica, mentre in realtà era attentamente studiata e rigorosamente eseguita. E qui - con la voce ridotta al minimo e in assenza di chitarre elettriche - la precisione negli stacchi, continui e drastici, e la coerenza delle strutture erano ancora più necessari che nell'originale.
Ma, accanto all'interazione attenta e alla messa in scena comunque rigorosa di alcuni classici di Zappa (non provenienti solo dall'album da cui deriva il titolo del progetto, Sheik Yerbouti, del 1979) abbondavano - e come poteva essere altrimenti? - le invenzioni ironiche e i siparietti non solo musicali. Come gli strumenti giocattolo suonati a più riprese da Roseman e Bollani - che proprio "suonando" una chitarra di plastica ha cantato "Bobby Brown Goes Down" - o come il divertito e scintillante duetto tra il pianista e Black, all'insegna dell'invenzione ritmica più estrema.
Il contrasto tra happening teatrali e passaggi di intensità e qualità musicale strepitose è risultato per la verità talvolta un po' straniante, destando a momenti l'impressione di una caduta di tensione, peraltro pronta a risalire immediatamente fino al termine, visto che il secondo bis era una splendida e tesissima "Peaches in Regalia." Eccellenti tutti i musicisti (anche se, forse a causa di un'amplificazione non perfetta, Roseman è parso a momenti sottotono), con Bollani ovviamente in gran spolvero e, inusitatamente, impegnato su due fronti: al pianoforte e al Fender Rhodes.
Ma forse decisivo per un progetto del genere è parso Jim Black, batterista davvero fuori categoria (e il confronto con gli originali lo mette in risalto ancor di più), capace delle cose più inimmaginabili e scenicamente strepitoso. Con Bollani, dunque, perfettamente accoppiato, come hanno mostrato tangibilmente i loro reiterati duetti e la loro intesa visiva.
Grande spettacolo, forse appena da perfezionare, con l'ulteriore pregio di riproporre una musica - quella di Zappa - certo mitica, ma in realtà non sufficientemente frequentata nel jazz, specie in quello di primo piano.
Foto, di repertorio, di Luciano Cifarelli (la seconda).
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