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Craig Taborn e Peter Evans al Torrione di Ferrara

Courtesy Nicola Bortolotti
Torrione Jazz club
Ferrara
8 marzo 2025
La frequentazione fra Peter Evans e Craig Taborn risale almeno a una quindicina di anni fa; diverse le collaborazioni, tra cui quella documentata da Rocket Science, pubblicato nel 2013 dalla More Is More, disco a nome dell'intero quartetto, comprendente Evan Parker e Sam Pluta, in realtà assemblato dal trombettista e completato dal pianista.
Nell'ultimo ventennio si è avuta l'occasione di ascoltare più volte sia Taborn che Evans, anche in solo-performance, apprezzando sempre le loro apparizioni granitiche, esaltanti, ma la formula del duo impone che si debba impostare e sostenere una relazione del tutto diversa da quelle affrontate in altri contesti. La tecnica strumentale prodigiosa che accomuna entrambi, ma anche una certa affinità caratteriale e la propensione per una creatività senza limiti, pur sempre concentratissima, permette loro di concepire percorsi tortuosi e sorprendenti in cui l'improvvisazione viene governata da attente e sottostanti idee compositive. Da non perdere quindi l'opportunità offerta dal jazz club estense di ascoltare questa formazione, costituita di recente e reduce da Amsterdam, dove la sera prima si è esibita al Bimhuis.
Nella performance ferrarese si sono alternati episodi anomali e fasi concatenate, spontanei scambi di ruolo e impennate epiche; frastornanti addensamenti di energia e semplici frasi ripetute, ma coniugate sempre con le opportune variazioni, hanno lasciato il posto a distensioni narrative a volte un po' introverse, ma preparatorie e necessarie come un respiro mentale e fisico, come la delicatezza di un ripensamento intimo. Alle strutture poderose, martellanti, a tratti rapsodiche tracciate da Taborn si è sovrapposto, integrandosi pienamente, il fraseggio imprevedibile e apparentemente umorale creato da Evans, grazie anche al frequente ricorso alla respirazione circolare, sulla gamma dei suoi ottoni: oltre alla tromba, il flicorno e una speciale pocket trumpet, entrambi a quattro pistoni.
Ad un primo tempo di 45 minuti, fin dall'inizio coinvolgente per la turbolenta inventiva e per l'assoluto controllo interpretativo dei due partner, ha fatto seguito un set quasi altrettanto lungo e perfettamente organizzato nel suo svolgimento; un primo brano, intriso inizialmente di una poesia struggente, si è poi soffermato su insistite reiterazioni fino a concludersi con uno stop improvviso; il percorso è proseguito con una sequenza di situazioni ricche di un'eccezionale varietà di idee e accenti, di colori e densità sonore.
Per tutto il corso del concerto la presenza di veri e propri temi melodico-ritmici, condivisi e gestiti secondo un simbiotico interplay, ha confermato la volontà d'imbastire un duo autentico e paritario, con l'intento di evitare terreni troppo accidentati e velleitari per non perdere l'aggancio con una tradizione e una grana d'impronta "jazzistica," pur spingendosi verso confini finora inesplorati. Un sintetico bis ha concluso il dialogo fra questi due protagonisti assoluti della contemporaneità, che ha indubbiamente rappresentato uno dei momenti memorabili della stagione concertistica invernale 202425. È un vero peccato che, a differenza di quanto fosse auspicabile, alcuni degli addetti ai lavori e degli appassionati del jazz più attuale si siano lasciati sfuggire l'occasione di essere presenti.
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