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Ottetto di Gianluigi Trovesi & Stefano Bollani
ByTeatro President - Piacenza - 13.03.2006
Nel ricco e variegato percorso musicale di Gianluigi Trovesi si può individuare una direttrice maestra improntata ad una costante, tenace, ricerca: quella di un possibile incontro tra radici popolari fatte di danze, saltarelli, mazurke e la musica improvvisata, colta anche nei suoi aspetti più radicali. La formazione con la quale il polistrumentista bergamasco riesce ad esprimere compiutamente questa visione musicale, sia in studio che nelle esibizioni live, è senza dubbio l'ottetto.
Due contrabbassi, un violoncello, un set di percussioni e una batteria la dicono lunga sulla spinta propulsiva di cui è dotata questa formazione; ma non si pensi ad una semplice esasperazione della componente ritmica. Tutt'altro, ad essere esaltate sono le dinamiche di gruppo, gli incredibili impasti timbrici prodotti, gli stop and go mozzafiato che trasformano gli umori e le atmosfere di un brano; ma soprattutto corde, pelli e metalli costituiscono un formidabile tappeto sonoro che funge da ideale trampolino di lancio per le evoluzioni dei tre fiati.
Risulta così del tutto naturale che su una scansione quasi funky dettata dal basso elettrico di Marco Micheli, il trombone di Beppe Caruso, la tromba di Massimo Greco e il sax alto di Trovesi intreccino un dialogo dagli accesi connotati free. Oppure che familiari motivetti folklorici si trasformino in torridi blues ricchi di colori o in grasse polifonie tipiche delle marchin' band di New Orleans.
La musica proposta dall'ensemble è viva, vivace, moderna e ricca di sorprese; non deve quindi stupire se Marco Remondini riesce a trasformare il suo violoncello nella chitarra di Jimi Hendrix o se Fulvio Maras crea effetti stranianti dal suo arsenale percussivo con tanto di drum machine o se Greco, da scoppiettante trombettista, si trasforma in scatenato manipolatore di live electronics. Aggiungendo a ciò, la capacità dell'ottetto di suonare con la pienezza, il vigore e la ricchezza di una grande orchestra e nello stesso tempo di essere agile, sensibile e delicato come un classico combo acustico.
E la special guest Stefano Bollani? Lo spazio solistico che il pianista si ritaglia nella seconda parte del concerto conferma (ma non avevamo dubbi) tutte le qualità che gli si riconoscono: conoscenza enciclopedica degli stilemi pianistici, padronanza assoluta su ogni parte dello strumento, grande virtuosismo e fantasia interpretativa, abilità nel fornire al pubblico riferimenti che ne favoriscano un pieno coinvolgimento emotivo.
Ma alla fine rimane la sensazione di un corpo un po' ai margini, non particolarmente decisivo sulle dinamiche di un gruppo perfettamente oliato, dal suono unico e immediatamente riconoscibile, e che, quanto a presenza scenica e qualità della musica proposta, trova poche riscontri nell'attuale panorama jazzistico, non solo italiano.
Foto di Danilo Codazzi [per ulteriori immagini tratte da questo concerto visita la galleria immagini]
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