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Libri e musica: pagine da regalare e da regalarsi
Gunther Schuller
Il Jazz - L'età dello swing - I grandi solisti
EDT - 280 pp. - 18 euro
Apriamo con l'atteso quinto volume dell'edizione italiana - curata da Marcello Piras per Edt - del monumentale e meritorio lavoro di Gunther Schuller sui primi decenni della storia del jazz. In questa parte del lavoro il musicista e musicologo americano si sofferma sulle grandi figure solistiche pre-parkeriane, a partire dai tre maestri del sax tenore, Ben Webster, Coleman Hawkins e Lester Young, per continuare con altri indimenticati giganti di un tempo che sembra ora lontanissimo e che invece conteneva già tutti i germi musicali e le contraddizioni del presente.
Ecco dunque Roy Eldridge e Billy Holiday, Jack Teagarden e Art Tatum, Teddy Wilson e Charlie Christian, di cui emerge dai tanti esempi musicali e dalle parole di Schuller tutta la straordinaria peculiarità espressiva. Il libro, arricchito da un ottimo glossario e da una discografia aggiornata [ma nell'epoca del tramonto del disco e del file sharing, serviranno ancora a qualcosa?], è assolutamente consigliabile, fatte salve le annotazioni che sono già state da più parti espresse nei confronti dell'intero lavoro, cioè quelle riguardanti un'approccio che alla profondità dell'analisi musicale non ha associato un'altrettanto profonda contestualizzazione socio-culturale. Una volta noto questo - e potendo completare con altre fonti - il libro è da avere.
Count Basie - Albert Murray
Good Morning Blues - l'autobiografia
Minimum Fax - 540 pp. - 17 euro
Anche Minimum Fax continua nella sua mappatura delle biografie e autobiografie dei grandi jazzmen e Good Morning Blues è di certo tra le più godibili e ben scritte, forse anche perché "narrata", sebbene in prima persona, da una penna di grande valore come quella del critico e saggista Albert Murray, che di Count Basie ha raccolto preziosamente le memorie.
Le cinquecento e passa pagine scorrono via che è un piacere, ricche ovviamente di aneddoti e di annotazioni, di personaggi piccoli e grandi che compongono un affresco americano [geografico, sociale e umano] di saporita vivacità. La musica di Basie sembra quasi materializzarsi nella sua gioiosa brillantezza, così come i tanti orchestrali che si affacciano accanto ai grandi solisti sui palcoscenici. Da accompagnare, se si regala, a un disco del "conte".
Howard Mandel
Miles - Ornette - Cecil
Routledge - 292 pp.
La possibilità di acquistare libri on-line [o nei negozi specializzati] dà un facile accesso anche alle ultime uscite in lingua inglese: molte sarebbero da segnalare [una su tutte il saggio di George Lewis sull'AACM], ne scegliamo una di sicuro appeal, oltre che notevolissima dal punto di vista critico, cioè il bel lavoro che il critico Howard Mandel ha scritto su tre figure fondamentali del jazz contemporaneo, qui felicemente accostate, come Miles Davis, Ornette Coleman e Cecil Taylor.
Tre figure che sono accomunate non solo dal fatto di avere rivoluzionato, ognuno alla sua maniera, il linguaggio del jazz, ma anche da una costante e contraddittoria tensione critica con quanto girava o gira attorno a loro, le persone, la stampa, i discorsi, lo stesso concetto di jazz.
Mandel lavora su un importante serbatoio personale di interviste e articoli su questi artisti, concentrandosi per la maggior parte del lavoro su Davis [con pagine interessanti sul periodo elettrico] e Coleman, lasciando a Taylor un segmento finale meno corposo, ma non privo di uno sguardo d'insieme mai banale.
Scrittore tra i più abili e attenti a comunicare ai lettori in modo accattivante, Mandel trova con questo libro, dopo il successo di Future Jazz, una interessante chiave di lettura di quello che alla fine è uno dei temi centrali del linguaggio jazz, cioè il rapporto tra l'innovazione e il consolidamento stilistico.
Alex Ross
The Rest Is Noise
Fourth Estate - 625 pp. - 20 sterline
Sempre tra i libri in lingua inglese, anche se decisamente più voluminoso di quello di Mandel e solo in piccola parte dedicato alla musica jazz, segnaliamo The Rest Is Noise del critico del New Yorker Alex Ross [che tiene un blog dal medesimo titolo], ambizioso tentativo di elaborare una agile quanto stimolante e a tratti scomoda storia della musica del XX secolo, tanto da spingere il New York Times a inserire il libro tra i migliori dieci del 2007.
Il mix è decisamente insolito: nelle oltre seicento pagine del libro si passa con disinvoltura da analisi musicologiche a aneddoti della più varia natura, spaziando con grande agilità dalle riflessioni più generali [spesso intelligentemente contestualizzate] ai dettagli più specifici. A partire dalla prima della "Salomè" straussiana per giungere a "Nixon in China" di John Adams, Ross si tuffa con virtuosismo e leggerezza nelle vicende [chiaramente irriducibili a una visione unica] della musica novecentesca, raccontandola a chi non la conosce o rielaborandola per chi ne conosce molti aspetti.
Nele tre lunghe sezioni del libro [quella di centro dedicata alla musica negli anni della Seconda Guerra Mondiale] prevalgono un sano antiaccademismo di base [che farà certamente storcere il naso a turno agli adepti dell'una o dell'altra corrente o compositore] e una capacità di allargare il contesto alle piccole e grandi mondanità in cui tutto il Novecento è immerso. Godibilissimo e salutare!
Cesare Brandi
La fine dell'Avanguardia
Quodlibet - 194 pp. - 16 euro
Torniamo in Italia con la quantomai benemerita riedizione, da parte di Quodlibet, di un saggio scritto nel 1949 dal critico Cesare Brandi per la rivista "L'immagine" da lui stesso diretta e intitolato "profeticamente" La fine dell'Avanguardia. Come giustamente nota Paolo D'Angelo nell'introduzione al libro, la disamina di Brandi suona a orecchie di oggi come palesemente datata e anche piuttosto sconveniente e non a caso le pagine che l'autore dedicava al jazz sono tra le più "scomode", con affermazioni quali "il jazz distribuiva agli americani il liquore che i negri vi avevano messo, ma dagli americani il jazz non riceveva nulla. Infatti, alla manifattura, alla estemporaneità negra, il jazz è decaduto nella canzonetta sentimentale, nella musica da film, nel be-bop ed è sempre più i decadenza in America"!
Il lavoro va giustamente contestualizzato nel proprio tempo e nella stessa produzione di Brandi, ma è certamente, oltre che un documento assai godibile e a tratti caustico, anche un'interessante punto di confronto tra il seguente postmodernismo e l'antimodernismo di fondo dell'autore, la condizione stessa di possibilità di avanguardia e il senso del futuro. Inadeguato quanto prezioso, da riscoprire!
Teresa Macrì
In The Mood For Show
Meltemi - 235 pp. - 20 euro
Chiudiamo la nostra carrellata con un libro che non è espressamente musicale, ma che bene si inserisce in quell'approccio multidisciplinare che da sempre consigliamo per un più ampio sguardo sulla contemporaneità. Si tratta di In the Mood for Show di Teresa Macrì, autrice da sempre attenta ai rapporti tra arte e cultura popolare.
Pur con le dovute annotazioni che ormai accompagnano questo tipo di approccio - tanto stimolante e anche "trendy", ma abbastanza a rischio divagazioni e abbinamenti che a uno sguardo più approfondito si rivelano un po' superficiali - il libro si segnala per la bella panoramica su alcuni degli artisti e dei registi più significativi dei nostri anni, da Damien Hirst a Cattelan, da South Park a Kurt Cobain. Suddiviso il sette capitoli che attraversano le diverse tematiche di questo grande "show per tutti" che è ormai l'arte contemporanea, Teresa Macrì ci svela una rete di impulsi pop che è poi l'ambiente in cui viviamo! Buone Feste!
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