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JD Allen Trio al Verona Jazz Winter 2016
Verona Jazz Winter
Teatro Ristori
03.02.2016
Sulla scia dei numerosi riconoscimenti ricevuti (il più importante è stato quello di Sonny Rollins) e delle superlative accoglienze per l'ultimo disco, JD Allen ha toccato Verona nell'ambito del suo tour europeo. Era uno degli appuntamenti più attesi di Verona Jazz Winter, assieme al concerto d'apertura di Vijay Iyer e di quello finale, che vedrà il 15 marzo l'ottetto di Steve Lehman.
Il 43enne sassofonista di Detroit ha confermato d'aver raggiunto la piena maturità stilistica, dimostrandosi capace di coinvolgere il pubblico con la poderosa energia, l'inventiva melodica e la scintillante tecnica strumentale. Nel consueto trio senza pianoforte (con i fidi partner Gregg August al contrabbasso e Rudy Royston alla batteria), JD Allen ha dato un concerto di esemplare rigore e concentrazione, disegnando lunghi e fervidi assoli con palpabile tensione. Questo trio ha il suo archetipo in quelli storici di Sonny Rollins con Oscar Pettiford e Max Roach (Freedom Suite) o Ray Brown e Shelly Manne (Way Out West) ma non ne è la copia. Lo spazio d'intervento dato ai suoi partner è maggiore mentre la relazione collettiva è sganciata dai modelli tradizionali. In questo senso l'interattivo drumming di Rudy Royston è davvero emozionante e innovativo.
La serata è iniziata con una lunga e veemente versione di "Graffiti" il brano che dà il titolo al suo ultimo album. Un brano preso a tempo serrato e più avvincente di quello inciso. Sostenuto dalla complessa e incisiva articolazione ritmica di cui s'è detto, il fraseggio di Allen ha evidenziato quella carica espressiva e quel magnetismo timbrico che hanno caratterizzato l'intero concerto.
Sullo stesso clima è seguito "Jawn Henry," altro brano dal disco Graffiti, e solo con la ballad "Where Are You" il clima s'è disteso, lasciando esprimere al sassofonista con l'autorevolezza del narratore: sound corposo e sviluppo melodico ammirevole per equilibrio e ricchezza di sfumature.
Il concerto è proseguito per quasi due ore, alternando i temi veementi del suo repertorio con altri distesi (come l'intensa ballad "If You Could See Me Now," ripresa dal disco Bloom). Tra i momenti più coinvolgenti ricordiamo "G-Dspeed, B. Morris" dedicato a Butch Morris e "Sonny Boy," omaggio a John Lee Hooker.
Foto (di repertorio)
Franz A. Matzner.
Teatro Ristori
03.02.2016
Sulla scia dei numerosi riconoscimenti ricevuti (il più importante è stato quello di Sonny Rollins) e delle superlative accoglienze per l'ultimo disco, JD Allen ha toccato Verona nell'ambito del suo tour europeo. Era uno degli appuntamenti più attesi di Verona Jazz Winter, assieme al concerto d'apertura di Vijay Iyer e di quello finale, che vedrà il 15 marzo l'ottetto di Steve Lehman.
Il 43enne sassofonista di Detroit ha confermato d'aver raggiunto la piena maturità stilistica, dimostrandosi capace di coinvolgere il pubblico con la poderosa energia, l'inventiva melodica e la scintillante tecnica strumentale. Nel consueto trio senza pianoforte (con i fidi partner Gregg August al contrabbasso e Rudy Royston alla batteria), JD Allen ha dato un concerto di esemplare rigore e concentrazione, disegnando lunghi e fervidi assoli con palpabile tensione. Questo trio ha il suo archetipo in quelli storici di Sonny Rollins con Oscar Pettiford e Max Roach (Freedom Suite) o Ray Brown e Shelly Manne (Way Out West) ma non ne è la copia. Lo spazio d'intervento dato ai suoi partner è maggiore mentre la relazione collettiva è sganciata dai modelli tradizionali. In questo senso l'interattivo drumming di Rudy Royston è davvero emozionante e innovativo.
La serata è iniziata con una lunga e veemente versione di "Graffiti" il brano che dà il titolo al suo ultimo album. Un brano preso a tempo serrato e più avvincente di quello inciso. Sostenuto dalla complessa e incisiva articolazione ritmica di cui s'è detto, il fraseggio di Allen ha evidenziato quella carica espressiva e quel magnetismo timbrico che hanno caratterizzato l'intero concerto.
Sullo stesso clima è seguito "Jawn Henry," altro brano dal disco Graffiti, e solo con la ballad "Where Are You" il clima s'è disteso, lasciando esprimere al sassofonista con l'autorevolezza del narratore: sound corposo e sviluppo melodico ammirevole per equilibrio e ricchezza di sfumature.
Il concerto è proseguito per quasi due ore, alternando i temi veementi del suo repertorio con altri distesi (come l'intensa ballad "If You Could See Me Now," ripresa dal disco Bloom). Tra i momenti più coinvolgenti ricordiamo "G-Dspeed, B. Morris" dedicato a Butch Morris e "Sonny Boy," omaggio a John Lee Hooker.
Foto (di repertorio)
Franz A. Matzner.
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