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Intervista ad Arve Henriksen

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Dopo tre album usciti per la piccola etichetta sperimentale Rune Grammofon e diverse apparizioni in dischi altrui usciti per la ECM, Arve Henriksen decide di operare una svolta significativa per la sua carriera pubblicando, proprio con l’etichetta di Manfred Eicher, il nuovo album Cartography.

40 anni, nato a Stryn, sulla costa ovest della Norvegia, è da anni alla ribalta della scena norvegese con progetti a nome suo, con Supersilent e con diverse collaborazioni importanti (Jon Balke, Christian Wallumrød, Trigve Seim, Arild Andersen, David Sylvian, ecc.). Si è sempre contraddistinto per l’originale timbro della sua tromba e per un uso della voce altrettanto originale, ma anche per la sensibilità mostrata nei molti progetti a cui ha partecipato.

Legato alla natura in modo molto forte è spesso, assieme all’amico Terje Isungset, artefice di vere e proprie esperienze in contesti naturali di grande impatto: dalle frequenti performance con strumenti di ghiaccio all’Ice Festival di Geilo in Norvegia o a Hokkaido in Giappone all’ultima, in ordine di tempo, ai piedi di una cascata a Steindalsfossen.

Realizzato in collaborazione con Jan Bang ed Eirk Honorè, il disco vede il contributo di diversi ospiti di grande rilevanza (David Sylvian, Lars Danielsson, Anna Maria Frimann,ecc.): Henriksen mette così a frutto le tante collaborazioni di questi anni e dà vita a paesaggi sonori di grande poesia e lirismo, senza per questo rinunciare alla sperimentazione, facendo anzi uso di acustica ed elettronica insieme con grande equilibrio e maestria.

Il disco è stato presentato il 17 ottobre a Oslo, al Nasjonal Jazzscene, con un concerto che ha visto una folta schiera di amici come ospiti (Jan Bang, Erik Honorè, Eivind Aarset, Morten Qvenild e Trio Medieval) e ha dato inizio a un tour che toccherà anche l’Italia: l’1 novembre Parma (Parma Frontiere), il 3 vicino Bolzano (Laives Jazz Festival - DDT) e il 16 Cagliari (Jazz in Sardegna).

Abbiamo incontrato Henriksen a Kristansand, durante l’edizione 2008 del Punkt Festival, e ci siamo fatti raccontare di lui e di questo nuovo disco.

All About Jazz: Dopo i tre album da solista usciti per la Rune Grammofon e diversi dischi con la ECM, ma con gruppi altrui, come è venuta la decisione di pubblicare questo tuo quarto album proprio con ECM?

Arve Henriksen: Ne avevo parlato con Rune Kristofferson (fondatore dell’etichetta della Rune Grammofon - N.d.R.), gli avevo chiesto se era interessato a produrlo e così avevamo deciso assieme che sarebbe uscito per la Rune Grammofon.

Cinque o sei mesi fa ho cambiato idea: Manfred Eicher, ascoltando il disco, si era mostrato molto interessato a produrlo per la sua etichetta, e così ho pensato che fosse giunto il momento di cambiare. Dopo anni di collaborazioni con diversi musicisti usciti per la ECM, dieci o forse più, e tre album da solista usciti per la Rune, era giunto il momento di dare corso ad una svolta nella mia vita di musicista.

È stata una scelta personale e voluta, ma non drastica nei confronti della Rune Grammofon, con cui continuerò a lavorare con Supersilent. Penso e spero che la ECM possa offrire a questo mio album una maggiore visibilità e una più ampia distribuzione internazionale. Spero che possa offrirmi nuove opportunità e nuovi orizzonti verso una scena geografica musicale più vasta.

AAJ: Questo Cartography chiude il ciclo avviato con Chiaroscuro o ne apre uno nuovo?

A.H.: Credo che includa entrambe le componenti, direi che è un’estensione del lavoro fatto su Chiaroscuro, ma rappresenta anche qualcosa di nuovo, un'estensione, un passo verso il futuro. Credo e spero che questo disco sia il frutto di maggiore concentrazione e positività rispetto a Chiaroscuro, espressione di un periodo molto turbolento nella mia vita privata.

Ora sono più tranquillo e concentrato, e sento che va meglio, il periodo che mi accingo a vivere mi sembra splendido.

AAJ: Com’è nato questo nuovo disco Cartography, puoi raccontarci qualcosa in merito all’idea e alla sua realizzazione?

A.H.: È stato un lungo processo che mi ha impegnato per due anni e mezzo, da quando Jan Bang mi ha mostrato alcuni estratti dei brani, e su quelli abbiamo lavorato, suonandoli anche dal vivo. Il brano di apertura del disco, ad esempio, è stato anche il brano di apertura della prima edizione di Punkt Festival nel 2005.

Quest’album è un mix tra parti registrate in studio e altre dal vivo, alle quali poi in studio abbiamo aggiunto tromba, elettronica, voci, campionamenti... un processo realizzato interamente qui a Kristiansand e lavorare in studio con Jan ed Erik (Bang ed Honorè - N.d.R.) è stato davvero emozionante. Se dovessi compararlo con Chiaroscuro direi che probabilmente questa volta si è trattato di una autentica co-produzione con Jan ed Erik. Il lavoro è stato molto interessante e questi ultimi due anni si sono rivelati un periodo di grande apprendimento e ispirazione per me.

AAJ: Quale tra registrazione in studio e live ritieni sia stata la componente principale?

A.H.: È difficile a dirsi, penso che sia un vero mix, ma probabilmente la parte in studio è predominante.

AAJ: Com’è il tuo rapporto con David Sylvian: prima tu hai suonato e cantato in due suoi dischi, ora è lui a partecipare al tuo Cartography? Come è nata questa collaborazione?

A.H.: Tutto ha avuto inizio quando Jan spedì Chiaroscuro a David, che disse: "album fantastico"!. Da quel momento è venuto a conoscenza della mia musica e mi ha chiesto di partecipare alla registrazione di alcuni suoi lavori (Snow Borne Sorrow e When Loud Weather Buffeted Naoshima).

Ho incontrato David per la prima volta lo scorso anno durante il suo "The World Is Everything Tour", perché suonava a Oslo e mi chiese se volevo unirmi a loro, e così è stato.

Prima d’allora ci eravamo sentiti solo tramite e-mail, scambiando files, finché non mi ha chiesto di suonare alcune cose con la tromba su di un suo poema, “Before and Afterlife”, che intendeva pubblicare su una rivista d’arte, in America. C'è stato uno scambio di files e alla fine mi sono detto “sì, così funziona”, e gli ho chiesto se potevo inserirlo in questo mio nuovo album, a cui stavo lavorando. Da quel momento ha avuto inizio un’intensa interazione, tanto che è stato lui a suggerirmi il titolo dell'album, Cartography, e dei brani in esso contenuti. Gli ho detto che apprezzavo molto il contributo che stava dando alla produzione di questo disco e lui si è mostrato assai generoso. Sono molto grato a David per il tempo che mi ha dedicato, per i suoi due brani inseriti nel disco e soprattutto per la generosità con cui ha partecipato. Tutto ciò non può che rendermi felice.

AAJ: Farai un tour per promuovere Cartography? Verrai anche in Italia?

A.H.: Sì, il mio management sta cercando di organizzare un tour in ottobre e novembre, andremo prima in Inghilterra, poi in Germania. Verremo anche in Italia, a Parma e a Bolzano. Mi piacerebbe andare anche Roma e ci stiamo provando, ma è sempre piuttosto difficile organizzare concerti in Italia. Per me è sempre fantastico venire, sia con Supersilent che con progetti miei che di altri… o in vacanza! (ride)

AAJ: Quest’anno sei stato molto attivo in molteplici direzioni: l’uscita di Supersilent8 e il tour di promozione, il quartetto PoolPlayers (con Delbecq, ecc.), il duo con Jan Bang, il trio visto a Bergamo, Sketches of Spain con Maria Schneider, Wallumrød Ensemble, la collaborazione con il Trio Medieva e con Gavin Bryars e la registrazione di questo nuovo album. Se dovessi ipotizzare le direttrici del tuo futuro di qui a un anno, quali indicheresti?

A.H.: Dipende, è una domanda complessa a cui non è facile rispondere. Vorrei lavorare un po’ di meno! (ride) perché negli ultimi cinque anni ho lavorato molto intensamente. Vorrei ritrovare il tempo per fare ricerca, per provare, esplorare… fare cose nuove, esercitarmi sul piano strumentale con la mia tromba per provare a muovermi verso nuovi orizzonti, ma allo stesso tempo ho necessità di lavorare per guadagnarmi da vivere. Quello di cui ho realmente bisogno è ritrovare maggiore concentrazione sui miei progetti, cercando di non essere ovunque! (ride).

Ho detto a Christian Wallumrød che continuerò a lavorare con il suo quartetto, ma non potrò fare altrettanto con il sestetto, continuerò a lavorare con Supersilent, con solo/duo/trio a mio nome e cercherò di contenere le collaborazioni.

Cartography uscirà in Europa a ottobre e in America all’inizio di gennaio, per cui vedrò come andrà, forse tutto questo mi consentirà di lavorare di più sui miei “concept”.

Non sarà facile, ma devo imparare a dire anche di no, ogni tanto… Trigve Seim vuole registrare un altro disco con la ECM e probabilmente parteciperò a questo gruppo. Forse, da fuori, sembra che voglia fare troppe cose, ma da dentro è diverso, la verità è che con lui è da più di due anni che non lavoro e ci siamo presi una pausa, invece con Maria Schneider e Sketches of Spain è stata probabilmente l’ultima volta, e non proseguirò.

AAJ: È da qualche tempo che collabori con il Trio Medieval, farete un disco in futuro?

A.H.: A dire il vero non lo so, ma credo di no, penso che loro si concentreranno e lavoreranno su materiale loro. Abbiamo idea di andare in tour negli Stati Uniti nel 2010 con Per Oddvar Johansen, il batterista, per dar vita un mix tra cose che ho fatto con Per Oddvar e cose che ho fatto col Trio, ma non so se registreremo… vedremo.

AAJ: Com’è stato suonare Sketches of Spain alla nuova Opera House di Oslo, con Maria Schneider?

A.H.: È stato Fantastico! Quando il governo norvegese ha deciso di spendere 9 miliardi di corone norvegesi, o forse più, la cosa mi ha entusiasmato, da subito. Ero ansioso di vedere questa Opera House, nata principalmente per eseguire musica acustica, e mi sembrava fantastica l’idea che avremmo eseguitoSketches of Spaincon il Norvegian Wind Ensemble diretto da Maria Schneider di fronte a 1400 persone. Ho sentito una gran bella energia…

AAJ: Hai mai pensato di dar vita a una tua etichetta, come hanno fatto Wesseltoft, Molvaer e altri?

A.H.: Sì, certo, mi piacerebbe registrare e produrre molta musica, non per denaro, ma per poter fare, creare musica e incontrare altri artisti.

Trovo tutto ciò molto interessante e penso che una piccola etichetta sia molto flessibile e ti consenta di lavorare velocemente, ma la macchina organizzativa e la distribuzione della ECM sono una gran cosa. Vorrei aggiungere che a onor del vero per questo disco hanno svolto un lavoro fantastico in tempi inimmaginabili e a un livello qualitativo molto elevato.

Non ho ragione per criticare etichette come la ECM, ma poter decidere cosa, con chi e quando pubblicarlo, che immagine dare alla copertina, ecc., è un’altra cosa, per cui è innegabile che ci ho pensato, ma richiede molto lavoro e denaro per cui forse un giorno farò una sub-sub etichetta o mi appoggerò a canali distributivi esistenti che mi consentano di lavorare molto con il download da Internet, magari di uno o due brani solamente.

AAJ: Le tue origini sembrerebbero più di area jazz mentre le produzioni da solista più vicine alla musica colta contemporanea di Messiaen e Ligeti. Che idea hai della tua musica, come la definiresti?

A.H.: Sì, cerco di essere aperto e mi piace trarre ispirazione da molte cose. Certo, sento che, lavorando con Christian Wallumrød, i suoi riferimenti a Ligeti e Messiaen mi portano a improvvisare secondo il linguaggio atonale e la nostra musica è più vicina alla contemporanea colta che al jazz, ma in realtà lavorando con band differenti faccio cose molto diverse tra loro.

Definire quello che faccio con i miei progetti non è semplice, ma probabilmente quello che più mi piace è adattarmi al meglio al contesto, per cui suono con Supersilent e mi preoccupo di alcuni aspetti legati alla ritmica della mia batteria, suono canzoni e melodie con la tromba, uso una forte componente elettronica o suono la tromba completamente acustica come con Christian.

Credo che la mia musica sia contemporanea, fatta di paesaggi sonori e musiche per film, e mi piace molto quello che faccio. Quando lavoro con Trigve sono uno dei nove o dieci componenti di un ensemble, ed è diverso, è come avere diversi punti di vista o direttrici e non c'è una cosa che vorrei fare, ma una “palette” di cose.

In linea di principio mi sento a mio agio in tutte le band quando posso essere spontaneo e improvvisare, ma non è sempre così facile.

Mi piace molto anche la musica dei film western di Alison Krauss… chissà, magari un giorno farò un disco “country and western”! (ride).

AAJ: Hai un suono molto bello e originale. Come ci sei arrivato?

A.H.: È una lunga storia, ma potrei riassumerla con un incontro avvenuto ieri all’Art Museum: ero seduto con Jon Hassell e Nils-Petter Molvaer e parlavamo assieme. È stata una cosa speciale ritrovarmi seduto allo stesso tavolo con Nils Petter, il mio idolo del periodo del conservatorio, e colui che a sua volta aveva ispirato lui. Ho pensato: da qui è partito tutto, da questi due signori e da molta loro musica è scaturita la mia musica di oggi.

È stato quasi commovente vedere lo sguardo di Jon quando, sentendo le note di “The Flash of the Spirit” (famoso brano di Hassell del periodo in cui collaborava con i Farafina - N.d.R.) io e Nils Petter ci siamo messi a cantarlo: “dum dum dum…” (mima le percussioni - N.d.R.), tanto che ha esclamato: è troppo per me! Capisci, dev’essere stato strano per lui, quasi come trovarsi di fronte due studenti che conoscono il suo lavoro alla perfezione.

Ho ascoltato molto anche Don Cherry e Miles Davis, ma Nils-Petter e Jon sono coloro a cui mi sono ispirato maggiormente: loro avevano un suono molto personale e io no, ma un giorno Nils mi fece ascoltare lo shakuhachy giapponese, e lì capii che quella era la strada che stavo cercando con la mia tromba.

È stato un lungo, lento percorso di trasformazione, passato attraverso il duro lavoro e le tante collaborazioni con altri artisti come Balke, Wallumrød, Jormin, ecc. che mi hanno aiutato in questi 25 anni di crescita.

AAJ: Pensi sia possibile sintetizzare la tua carriera in alcune tappe salienti e significative?

A.H.: La prima svolta è avvenuta a 12 anni, quando a orecchio, senza spartito, ho imparato a suonare il repertorio di Dixieland; la seconda quando ho incontrato la musica delle big band e ho iniziato a studiare e a improvvisare sugli accordi. Successivamente, durante il periodo del conservatorio di Trondheim, sono rimasto molto colpito dalla musica dei Masqualero e, poi, da quella di Jon Hassell.

Quando ho iniziato a suonare con Supersilent è avvenuta la mia prima svolta da musicista, e più recentemente quando ho avuto l’opportunità di lavorare con Jan e Erik nella produzione di Chiaroscuro. Credo che queste siano le tappe salienti del mio percorso musicale.

AAJ: A cosa si ispira la tua musica? Dove fonda le sue radici?

A.H.: Quando ho iniziato a suonare la tromba mi affascinava la musica di Dixieland, che avevo imparato alla scuola di musica estiva del mio paese, sulla costa occidentale della Norvegia. Lì avevo conosciuto alcuni musicisti con cui suonai nei Brass Brothers e nella Dixieland Orchestra, molto swing e diversi standard, ma credo che la cosa importante fosse la possibilità di esprimere felicità suonando, e sono molto contento di averlo imparato, per me è stato come ripercorrere la storia del jazz. Poi, con i Supersilent e l’uso dell’elettronica, è stato come seguire il processo evolutivo del jazz, ho seguito un percorso naturale attraverso i miei musicisti e la mia musica, che viene dalla tradizione folk norvegese. Il fatto è che io non sono americano, non sono nato e vissuto in America ma in Norvegia, e ho ascoltato molta musica folk quando ero piccolo, e quando suono con Nils Okland sento il legame con l’eredità norvegese: è una cosa di cui mi sono reso conto dopo diversi anni.

Tutto ha avuto inizio a Stryn, il villaggio dove sono nato, le bande, le fanfare, una crescita graduale ascoltando tante cose diverse e poi anni alla ricerca di scoperte da realizzare… è stato divertente! (ride)

AAJ: Quale ritieni essere la tua maggiore dote o abilità?

A.H.: L’improvvisazione!

AAJ: E il tuo peggior difetto? Se pensi di averne uno.

A.H.: Vorrei essere migliore come trombettista sul piano strumentale e tecnico. Vorrei poter fare intervalli musicali più difficili e rischiosi per riuscire ad essere creativo nei cambi bruschi e repentini, non come un musicista BeBop ma con abilità tecniche più tipiche della musica contemporanea, perché in questo modo potrei essere più spontaneo. Vorrei anche essere un compositore migliore per creare musica per la gente: in passato gli ho dedicato troppo poco tempo, ma al tempo stesso non so se ne sarei capace. E poi vorrei trascorrere più tempo a casa con i miei figli.

AAJ: Hai altri progetti per il futuro?

A.H.: Mi piacerebbe registrare un altro disco con la ECM, magari tra un paio d’anni, con musica più acustica e un ensemble di archi. Ma con calma, perché ho già diverse cose all’orizzonte. Sarebbe fantastico entrare a far parte di un ensemble di musica contemporanea e fare il solista.

Da 3 o 4 anni ho avviato una collaborazione con Peter Tornquist, il compositore di “Crossing Images Piece”, visto a Punkt lo scorso anno, e sono molto contento perché quest’anno suonerò al Festival di Londra con la London Sinfonietta, e forse farò qualcosa con la Bergen Philarmonic Orchestra.

Ho anche avviato un progetto con un caro amico d’infanzia, Helge Sunde: è un ottimo compositore e arrangiatore per diverse band, orchestre sinfoniche e per la NRK Oslo Orchestra.

So di essere circondato da persone fantastiche, Jan, Erik, management, ECM, mi danno sempre degli ottimi consigli e mi aiutano a far sì che le cose accadano e io possa concentrarmi sui miei progetti trovando la giusta via.

AAJ: Che componente ha l’improvvisazione nella tua musica?

A.H.: Ha una componente molto importante. Sai, quando suono con Balke, Wallumrød e Seim, devo avere maggiore disciplina che nei miei progetti, e gli sono molto grato perché mi hanno insegnato a focalizzarmi sul mio lavoro, altrimenti mi sarei probabilmente perso diversi anni fa. Con loro è stato tutto più semplice perché l’improvvisazione è molto importante, ma lo è anche l’interazione con gli altri.

AAJ: Che componente ha l'elettronica nella tua musica?

A.H.: È importante, ma come ti accennavo prima mi piace usare elettronica e acustica al tempo stesso. Ho ascoltato molta musica acustica e molta elettronica, e l’uso dell’elettronica mi aiuta a imparare a suonare la tromba acustica. C’è una sorta di amore e odio tra le due componenti, alcune volte odio dover collegare un sacco di cavi e fare sound check molto lunghi, mentre in situazioni acustiche devo solo mettere il bocchino e posso suonare la tromba, oh è fantastico! Ma al tempo stesso ieri per mettere a punto il set del Remix ho lavorato un sacco nella ricerca provando e riprovando con l’elettronica, e anche questo mi piace e appassiona per cui credo che continuerò a lavorare con entrambe.

AAJ: La carriera di Trigve Seim e di Mathias Eick è cambiata dopo aver vinto premi importanti negli Stati Uniti. Qual è l’evento che ha cambiato maggiormente la tua carriera?

A.H.: Quando Rune Kristoffersen mi propose di realizzare il mio primo album da solista, Sakuteiki, con la sua etichetta, fu fantastico, credo sia stata la vera svolta. Sono molto grato a Rune per tutto il lavoro svolto in questi anni e per la sorta di direzione artistica che ha dato a Sakuteiki, Chiaroscuro e Strjon.

Sono molto contento per Mathias, ma che lo definiscano “il miglior trombettista al mondo” o il “miglior giovane talento” non credo gli faccia bene, perchè questo modo di pensare al talento come a un idolo del jazz è tipicamente americano e serve solo ad aumentare il denaro che guadagna, senza per questo contribuire alla crescita dell’artista.

Sono molto contento che la mia carriera abbia visto una crescita graduale assieme a un gruppo di musicisti, prima con Velsfrekk - diventati poi Supersilent, Wallumrød, Seim: sono vent’anni di lavoro ed evoluzione.

AAJ: C'è una domanda che non ti è mai stata fatta alla quale vorresti rispondere?

A.H.: Qualche tempo fa ho avuto una discussione con Supersilent in merito alla possibilità che la mia musica possa o meno avere un ruolo politico. Certo, potrei inserire qualche affermazione del tipo “Fuck Bush” o qualcosa del genere, ma sarebbe banale. Ho visto Charlie Haden e credo che con la sua Liberation Music Orchestra lui sia realmente impegnato in politica, c'è come un’aura attorno alla sua musica, ma ci sono anche colleghi che rifiutano l’idea della politica nella musica. Io non saprei rispondere ma quando sei su un palco e c’è un sacco di gente che ti ascolta, sarebbe fantastico che la tua musica potesse cambiare il mondo. Non è così, ma come Chiaroscuro ha cambiato la mia vita, che in quel periodo attraversava una fase molto buia, penso che possa aiutare le persone a stare meglio. Questa non è una grande affermazione politica, ma ho capito che la musica ha una sorta di ruolo sociale, e sarebbe importante che i politici ne prendessero coscienza. Il prossimo anno in Norvegia ci saranno le elezioni, la tendenza sembra andare a destra, e l’unica attenzione è rivolta ai tagli all’arte e alla cultura. Con la musica si possono donare felicità, e bellezza, e altro ancora, ed è questo il ruolo politico che credo possa avere la mia musica.

AAJ: E una domanda che ti fanno sempre e alla quale non ne puoi più di rispondere?

A.H.: No, non direi, anche se molto spesso mi chiedono del mio “suono” con la tromba, di come è nato, ma credo sia una delle cose più importanti della mia carriera, senza cui forse sarei un trombettista comune, e non starei qui.

Visita i siti di: Arve Henriksen, My Space e Supersilent.

Foto di: Ann-Iren Odeby (la nona), Mizuho Yabe (la seconda e l'ottava), Ole Vidar Søviknes (la terza) e Luca Vitali.

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