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Intervista a Steven Bernstein
BySteven Bernstein - trombettista, compositore e arrangiatore - rappresenta dagli anni ottanta, da quando cioè ha lasciato la California per trasferirsi a New York, una delle personalità musicali più prolifiche della scena downtown.
Oltre ad aver suonato praticamente con tutti, è stato membro dei Lounge Lizards di John Lurie, e co-leader del trio Spanish Fly. L'incontro con il produttore e manager Hal Willner (ai tempi del primo disco degli Spanish Fly), ha dato vita ad un sodalizio che continua fino ad oggi. Bernstein è diventato l'indispensabile direttore e arrangiatore di vari eventi artistici che hanno Willner come deus ex machina, come i tributi a Doc Pomus, Harold Arlen e Leonard Cohen. Inoltre ha lavorato alle musiche di film, programmi televisisi, spot pubblicitari, e collaborato con cantanti come Lou Reed, Marianne Faithfull e Sting. Anche se non avete mai sentito neanche un brano di jazz, probabilmente vi sarà capitato di sentirlo suonare senza saperlo. Questa sua versatilità, sempre convincente in qualsiasi contesto musicale si manifesti, lo ha messo in condizione di poter suonare tutto quello che vuole.
Nel 1995 Bernstein forma il quartetto Sex Mob, il primo gruppo nel quale suona la tromba-slide, uno strumento che sembra (e si suona come) un piccolo trombone. Di recente i Sex Mob hanno realizzato il loro quinto album, Sexotica, con l'etichetta Thirsty Ear. L'altro gruppo, formato nel 1999, che Bernstein dirige attualmente è la Millenial Territory Orchestra. Composta di nove elementi, la MTO era nata come conseguenza della passione del leader verso i gruppi jazz degli anni venti e trenta, e anche in questo caso troviamo lo zampino di Willner [come si puo' leggere nella recensione del disco - per farlo clicca qui]. Di fatto il loro repertorio è molto più vasto e include brani attuali come "Darling Nikki" di Prince. La versione proposta, presente nel recente CD MTO - Volume 1, ha attirato l'attenzione dei media, di solito poco interessati alla scena jazz downtown.
Bernstein è facile da intervistare: è un narratore spontaneo e un grande ascoltatore di musica, oltre che un grande musicista. Abbiamo parlato assieme dei Sex Mob, della MTO, del suo progetto Baby Loves Jazz, del suo ruolo nella Levon Helm Band e di altro ancora.
AAJ: Sei pronto per l'intervista?
Steven Bernstein: Aspetta un attimo, vado un attimo là dietro a mettere qualcosa sul giradischi. Non riesco a smettere di acquistare dischi. Continuo a dirmi che dovrei smettere, ma poi sono finito in queste bancarelle in strada e ho trovato cose tipo Duane Allman: An Anthology (Polydor, 1972). E' ottima musica, veramente. E che dire di questo vecchio album di Geoge Duke? Ho così tanti dischi, credo di essere un tantino fissato.
AAJ: Compri solo vinili di seconda mano?
S.B.: Beh, compro anche CD. Mi dico anche che non comprerò più CD, ma poi quando sono in giro vedo questi grandi negozi... Di recente sono stato a Chicago per un giorno... avevamo tre ore libere prima dello show. Mi sono detto: "Dovrei essere a due passi da Jazz Record Mart" e, guarda caso, era proprio così. Ci ho passato tre quarti d'ora lì dentro.
AAJ: Beh, io vivo a Chicago, quindi so per esperienza che tre quarti d'ora possono voler dire una spesa di 450 dollari se non si fa attenzione.
S.B.: Lo so bene, sono uscito con una pila di dischi. Solo prendendone uno per ogni categoria, ne viene fuori una pila notevole.
AAJ: Fa piacere parlare con un musicista che compra ancora dischi. Molti di quelli che mi è capitato di intervistare non comprano più dischi.
S.B.: La gente mi chiede: "Come fai a scrivere così tante cose, e così diverse?". La mia filosofia è quella di assimilare tutto e poi tirarlo fuori. Mi vengono sempre nuove idee perchè compro nuovi dischi e ascolto musica in continuazione. E mentre lo faccio mi vengono in mente cose tipo: "dovrei scrivere un arrangiamento di questa canzone", oppure "dovrei prendere questo passaggio e metterlo nel prossimo pezzo che scriverò".
AAJ: E' un ottimo modo di fare.
S.B.: Sicuro! E' il modo in cui ti crei un linguaggio tuo. Senti qualcosa, lo assimili e poi lo usi, ma quando lo traduci in qualcosa di tuo, viene fuori in maniera diversa. Succede con i Sex Mob: facciamo un pezzo e magari la gente non lo riconosce. E tieni conto che lo suoniamo esattamente com'è sul disco. L'approccio può essere diverso, ma dal punto di vista armonico facciamo le stesse identiche note, e se la gente non lo riconosce è perchè sono abituati a sentire il disco, e quello che noi prendiamo dal disco sono solo le note.
AAJ: C'è anche da dire che molti ascoltano solo rock e altri solo jazz, e se tu suoni qualcosa che si colloca diversamente da quello che hanno sentito fino a quel momento non riescono più a raccappezzarsi.
S.B.: Ti dirò qualcosa di interessante. La Millennial Territory Orchestra è stata un fenomeno newyorkese, nel senso che molti ci conoscono in questa piccola comunità. Ma adesso che la cosa ha superato questi angusti confini, la gente ha iniziato - così come è solita fare - a incasellarci in una categoria. Penso che la gente abbia iniziato ad ascoltare quello che io e tanti altri stiamo facendo a New York, e credo che con questo disco della MTO sia in qualche modo arrivato a creare una combinazione di tutto. Ed è così che siamo cresciuti: assimilando di tutto. Siamo la generazione da assimilazione pre-computer.
AAJ: Giusto. La musica arriva direttamente nell'hard-disc posto tra le tue orecchie.
S.B.: Proprio così. D'altra parte c'è sempre molto da imparare e tenere a mente, e spesso sono in difficoltà. Ieri ad esempio, avevo un pò di tempo libero e sono andato nell'unico negozio di abbigliamento che mi piaccia a New York. Sono gli unici ad avere dei vestiti veramente eleganti che vengono dall'Inghilterra. Ad ogni modo, nel negozio sentivo una canzone conosciuta, sapevo che era famosissima. Non riuscivo a sentire le parole e così non potevo dedurne il titolo dal testo. Mi sono rivolto ai proprietari, una coppia molto in gamba, e gli ho detto: "Questa canzone è famosissima, no? Come si intitola?", e loro "Whole Lotta Love". "Degli Who", dico io. Loro mi danno un'occhiata e quasi seccati mi rispondono: "No, Led Zeppelin". Ci sono un sacco di cose che tutti sanno e che io invece ignoro. Non ho mai seguito i Led Zeppelin o gli Who, così quando ho sentito quella roba sapevo che era qualcosa loro, ma non sapevo di quale dei due.
AAJ: Beh, ci eri molto vicino.
S.B.: Sapevo che era qualcosa del genere. Con i Sex Mob facciamo da tre anni "I Can See For Miles". Un giorno mentre ero in macchina con mia moglie - e a lei piace il rock - sento questo pezzo e dico: "Wow, bella roba. Cos'è?". Lei si gira e mi risponde: "The Who. I Can See for Miles". E' stato come chiedere a qualcuno cosa fosse quel segnale rosso con la scritta Stop. Ora il brano è nel nostro album, dato che in seguito ho comprato un cofanetto degli Who, ho trovato il brano e l'ho trascritto la notte stessa. E' proprio un bel pezzo.
AAJ: E' una delle loro canzoni migliori. Mi piace molto l'assolo da una nota sola alla chitarra.
S.B.: Si. Ad ogni modo, non abbiamo ancora iniziato l'intervista.
AAJ: Come no? Questa è l'intevista, ma forse dovremmo prenderla un pò più sul serio. Iniziamo a parlare della Millennial Territory Orchestra, che ha finalmente realizzato il suo primo disco con la Sunnyside, MTO - Volume 1. Il gruppo, in un certo senso, riflette il tuo interesse verso le jazz band della fine anni venti-inizio anni trenta, le cosidette territory bands.
S.B.: Si. Ho appena comprato un'altra compilation e i primi tre brani che ho trascritto per la band erano tutti di Chicago. Due di Tiny Parnhams e uno di Preston Jackson, un trombonista che ha suonato con Louis Armstrong. A Chicago molte band avevano anche un violinista che, per qualche motivo, aveva una certa importanza negli anni venti. Ho vagliato appositamente delle band che avevano il violino.
AAJ: Beh, certo, tu stesso hai un violinista nel gruppo.
S.B.: Ho ascoltato uno dei dischi che ho preso al Jazz Record Mart a Chicago, credo che si intitoli qualcosa come Black Chicago Bands of the Twenties. [In realtà, Hot Stuff: Black Chicago Bands 1922-29, Frog Records], in cui c'era una band chiamata Fess Williams and his Joy Boys che aveva tre violini. Due trombe, trombone, tre sax, tre violini, tuba, pianoforte e batteria. Ed è incredibile.
AAJ: Beh, se hai tre violini, a che servono?
S.B.: A volte suonano le melodie all'unisono, a volte suonano dei piccoli assoli come fossero dei sax. E' un sound incredibile, mi fa pensare ai club che ci dovevano essere, dove si ballava su questi brani. Ad ogni modo, la MTO ha iniziato con queste cose anni venti, dato che mi interessava il suono. Sapevo che esisteva qualcosa del genere perchè avevo visto centinaia di fotografie in tutti i libri di storia del jazz che ho letto, foto con tutti questi tipi in smoking con in mano violini, sax, clarinetti. Così ho pensato: "Proviamo a riproporre questo sound e vediamo che succede". Ne abbiamo preso il sound, ma non come in alcune operazioni didattiche per i programmi scolastici.
AAJ: Beh, posso dire che la MTO non somiglia a nessuna band-tributo che miri solo a ricreare uno stile.
S.B.: No No, è una vera band di amici e di improvvisatori.
AAJ: Raccontami come avete iniziato e come fate a rimanere una realtà stabile.
S.B.: Tutto è iniziato perchè suonavo con i Sex Mob al Tonic sin da quando ha aperto. Le cose andavano alla grande, talmente bene che si era arrivati ad avere una fila di persone che premeva per entrare, e il locale era sempre pieno, non ci si riusciva a muovere. Era diventato un must estivo: andare a sentire i Sex Mob a mezzanotte. Sto parlando del periodo prima del divieto di fumare, e Giuliani non aveva ancora stretto la morsa su New York. Eravamo alla fine di un'era in cui aveva ancora senso dire: "Sei a New York, puoi fare tutto quello che ti pare". E' l'una del mattino e questa è la nostra zona: attori, modelle e via dicendo. Persone che volevano solo essere libere di fare qualsiasi cosa gli veniva in mente. Poi il bassista Tony Scherr e il batterista Ken Wollesen hanno iniziato a lavorare con Bill Frisell, diventando due terzi del suo trio. Il pratica Bill si è portato via la mia sezione ritmica.
AAJ: Ti ha fregato, insomma...
S.B.: [ride] Al tempo la pensavo all'incirca così. Sono anche arrivato ad apprezzare la cosa, ma al tempo il mio stato d'animo era più che altro: "Fanculo". Volevo rimettermi a suonare e basta, mentre continuavo a rimuginare su quel tipo di musica. Ho comprato un sacco di dischi e sono stato risucchiato in una specie di buco nero, alla continua ricerca di qualche nuovo disco anni venti e trenta, e usando tutto il mio tempo ascoltarli. Alla fine pensai: "Metterò su una nuova band con questa strumentazione". Non avevo idea di che tipo di musicisti avrei avuto, però sapevo che avrei avuto un clarinetto, un tenore, e qualcuno che suonasse sia il baritono che il soprano.
La prima sera provammo in pratica poco prima del concerto. Avevamo due arrangiamenti e abbiamo improvvisato per il resto della serata. Per il secondo spettacolo facemmo lo stesso. Era la sera del funerale di Lester Bowie, alcuni di noi ci erano andati ed eravamo emotivamente provati. Iniziammo il concerto con "St. Louis Blues" e proseguimmo con una grande serata, alla fine della quale (tenete conto che era la seconda serata, non avevamo ancora un gruppo stabile, nessuna prova e tre o quattro brani certi) mi avvicina un tipo e mi fa: "Dirigo un festival in Norvegia, e dovete assolutamente esserci per quest'estate. Vi procurerò anche un tour". Io ho detto "Okay". Insomma, dopo due serate avevamo già pronto un mini tour europeo. Quell'estate facemmo tre grossi festival in Europa.
Da quel momento la cosa andò da sola. Gli unici cambiamenti furono quando qualcuno dovette andare in tour per lungo tempo. Arrivarono altri musicisti e la musica cambiò un poco attorno a loro. Io non ho mai licenziato nessuno, ma quando qualcuno tornava indietro mi dispiaceva dirgli che non poteva riprendere il suo posto, dato che la musica nel frattempo si era evoluta, riscritta in certa misura dal nuovo membro. All'inizio Chris Speed suonava il clarino, poi si trasferì in Italia per tre o quattro mesi. Arrivò Doug Wieselman ed era perfetto. La musica cambiò. Lo stesso accadde con Roberto Rodriguez, il primo batterista. Quando andò in tour con Joe Jackson, Ben Perowsky prese il suo posto.
All'inizio si trattava solo di musica anni venti e primi anni trenta. Un giorno Doug Wamble si propone di cantare "The Refeer Song" di Fats Waller. Noi iniziamo a suonarla e la gente dimostra di gradire la sua voce. Doug è un giovane di Memphis, non è mai stato parte della scena downtown, e sta venendo fuori adesso. E' stato a Chicago e poi si è trasferito a New York per suonare con Wynton Marsalis. E' un talento sbalorditivo, perchè è di un'altra generazione, la generazione post-Wynton. Io sono della generazione psichedelica, la Art Ensemble generation. La generazione di Rahsaan Roland Kirk. Insomma, un giorno che ho in mente "Signed, Sealed, Delivered" di Stevie Wonder, chiedo a Doug : "Hey, puoi cantare questa canzone?". Lui dice di si e allora scrivo gli arrangiamenti. Una volta finito ho realizzato che da quel momento potevamo fare qualsiasi tipo di musica.
AAJ: Non sei mai tornato sui tuoi passi.
S.B.: Ho pensato che non era importante quale canzone mi piacesse, la potevo riscrivere e avrebbe avuto il suono di questa band. Ora quando scelgo un pezzo, ne prendo uno degli anni venti e uno attuale, cerco di alternarli. Se mi capitano due pezzi moderni, allora mi dico: "Okay, devo andare un indietro negli anni venti a prendere qualcosa". Farò un pezzo di Harry James del 1938 o '39 che, anche se è un pò più avanti, si rifà agli anni precedenti. Pensavo anche un brano del 1928 intitolato "Nightmare", della Elgar Creole Orchestra, veramente incredibile.
AAJ: Non lo conosce nessuno, se non tu.
S.B.: No [ride], è vero. Forse non ci sono molte persone, ma ci sono storici del jazz come Will Friedwald che li conoscono tutti.
AAJ: Ho notato però che non appena la fama del gruppo ha superato l'ambito cittadino, pare che molti abbiano apprezzato i pezzi moderni.
S.B.: Naturalmente, perchè sono quelli che riconoscono.
AAJ: Fanno da traino.
S.B.: Si. "Darling Nikki" di Prince è il primo. E' una hit e ora devo assolutamente farla ogni settimana perchè la gente la richiede. Inoltre ha un arrangiamento catartico che la gente adora, un vero e proprio viaggio.
AAJ: E' un arrangiamento veramente eccellente. Ha molti colori e voci differenti usati in modo efficace, e questo vale anche per il brano originale. Hey, ho sentito due chitarre all'inizio di quel brano.
S.B.: No. è un violino. Charlie Burnham.
AAJ: Ah, certo. E' stato registrato quasi tutto dal vivo.
S.B.: Tutto dal vivo, senza nessuna sovraincisione.
AAJ: E gli arrangiamenti sono tutti tuoi.
S.B.: Alcuni sono delle trascrizioni, anche se non sono mai esattamente uguali all'originale. Ci sono persone come Don Byron o Dave Berger che fanno delle trascrizioni perfette. Io di solito prendo la melodia principale e la secondaria, dopo di che mi chiedo: "Okay, come penso che funzionerà nel mio contesto?" Ad esempio, "Pennies From Heaven" è dannatamente vicino all'arrangiamento di Don Redman. Non è l'esatta trascrizione, ma se lo ascolti riconosci che si tratta dell'arrangiamento di Redman.
AAJ: E' un modo onesto di lavorare, senza essere letterale.
S.B.: E' il modo in cui mi piace lavorare. E' come se dicessi a qualcuno: il compito di ogni musicista è di rifare la musica a modo suo. Non sento la necessità di una trascrizione esatta, non corrisponderebbe a quello che sono. Ci sono persone che sono molto pignole e vivono in quel modo, ma io non sono proprio così [ride].
AAJ: Beh, ognuno dovrebbe poter fare quello che vuole, lavorare alla sua maniera. Hai detto che il sound del gruppo è cambiato nel corso degli anni, e mi pare di capire che molto è dovuto ai due nuovi musicisti che sono arrivati. Ma secondo te è cambiato in qualche altro modo?
S.B.: Vorrei dire che quello che penso sia veramente sorprendente in questo disco, è che si tratta del primo disco fatto con persone che suonano questa musica da molto tempo. Le sezioni si sono evolute, perchè più la gente suona la musica e più la personalizza allontanandosi da ciò che è scritto sulla carta, e diventando parte di una espressività personale. Più la suonano e più la musica si allontana dalla concezione originaria e si trasforma in quello che loro la fanno diventare. E questo è qualcosa di grandioso. Certo, a molti non piace questo modo di fare, ma la mia idea è che mi trovo ad avere questi grandi musicisti, e quindi lasciamoli liberi di fare qualcosa in più.
Mi piace dire di avere questa teoria chiamata "superharmony". Uso molti intervalli di terza e lascio che la gente vada da sola, dietro l'armonia. Questo non riguarda molto l'armonia convenzionale. Non se hai un tipo come Peter Apfelbaum al tenore. E' curioso, ma le recensioni non lo menzionano mai, eppure è ben presente in ogni brano.
AAJ: Penso anche che le recensioni non parlino dei singoli musicisti presenti sul disco perchè nel libretto non c'è scritto chi suona cosa e in quale brano lo fa. Quindi i critici hanno paura di affermare: "meraviglioso assolo di Apfelbaum", e se invece si trattasse di Doug Wieselman?
S.B.: Giusto. Tieni conto che Peter è la nostra arma segreta. Lo conosco da tantissimo e quindi so quando sta per fare qualcosa che solo lui è in grado di fare. E' interessante, perchè quando nessuno suona lo spartito, non c'è modo che le cose accadano, dato che si tratta di qualcosa che solo lui può fare. Lui non riesce a metterlo per iscritto, ma se io gli scrivo qualcosa del genere, lui sa cosa deve fare [ride]. Prendi ad esempio il chorus alla fine di "Soul Serenade", proprio alla fine, dove Peter suona tutti quegli acuti, più alti della tonalità. E' una cosa che nessuna persona normale farebbe, a meno che non la pensi come Peter, perchè è così sbagliata. Ma allo stesso tempo è anche perfetta.
Se ascolti Richard Manuel o Rick Danko, probabilmene capisci quello che intendo. Oppure prendi i Beatles che cantano in falsetto. Non è intonato, e John Lennon cantava sempre sopra le righe, per non parlare di Burning Spears. E' come un modo umano di suonare uno strumento. Una delle caratteristiche di questa band è che ognuno suona il suo strumento in maniera umana appunto. Quasi tutti quelli di questa generazione hanno sviluppato un modo un pò automatico di suonare, concentrandosi di più su melodie lunghe e complesse.
AAJ: Si sono un pò Berklee-izzati.
S.B.: Non saprei. Non si tratta solo di Berklee, e non è poi così negativo. Il mio è solo un parere. Prendi ad esempio Steve Coleman, John Coltrane, Woody Shaw. Shaw è il musicista che preferisco in assoluto, uno che metteva molta espressività nel modo di suonare. Ma aveva anche creato un modello che poi altri hanno ricalcato senza però riuscire ad essere originali come lui. Steve Coleman poi ha creato uno standard che ha parecchi seguaci. Quelli della mia band, invece, si concentrano su ogni singola nota. Ciò che veramente importa è far venir fuori quella singola nota.
AAJ: Questo è importante per una band, che i componenti siano legati uno all'altro. Questa coesione fa si che alcuni gruppi rock siano meglio di altri del mondo del jazz.
S.B.: Sono assolutamente d'accordo. Sono appunto una band. Questo mi riporta ai Sex Mob, perchè noi lo siamo veramente, siamo una specie di rock band per il modo in cui ci rapportiamo uno all'altro. Nella MTO, dato che siamo nove elementi, si può dire che ci sia sempre un sostituto per vari motivi, c'è sempre uno da sostituire. Ma con i Sex Mob non potremmo farlo.
AAJ: E' quasi tempo di parlare dei Sex Mob, ma prima un chiarimento sulla MTO. I nove brani del CD MTO Volume 1, sono solo una parte di una serie più ampia?
S.B.: Si, abbiamo registrato due album di musica validissima. Abbiamo registrato per due giorni, e quindi c'è già un altro album pronto. Ma da quando abbiamo ultimato il tutto, circa un anno fa, ho scritto così tanti arrangiamenti che mi verrebbe voglia di ritornare in studio.
AAJ: Quindi uscirà un Volume 2, anche se non ti preoccupa molto quando.
S.B.: Non lo faccio mai. Ho sempre fatto tutto da solo, nessuno mi ha mai pagato per fare un disco. Quindi, quando ho tempo, mi occupo semplicemente del prossimo progetto.
AAJ: E' giunto il momento di parlare un pò dei Sex Mob, cioè del quartetto di lunga data composto dal sassofonista Briggan Krauss, dal bassista Tony Scherr e dal batterista Wollesen, oltre che da te stesso. E' un gruppo famoso e si potrebbe definire come la miglior party band di tutti i tempi. Il nuovo CD, Sexotica, è uscito per la Thirsty Ear lo stesso giorno di quello della MTO, giusto?
S.B.: Si, proprio lo stesso giorno.
AAJ: Prima di parlare di quest'ultima realizzazione, parlami un pò di loro. Che stimoli ti dà suonare con i tre componenti dei Sex Mob?
S.B.: Abbiamo creato un linguaggio tutto nostro. E' un pò come se ognuno di noi sentisse che il modo in cui suona nella band sia quello più vero, che deve necessariamente cambiare quando suona con qualcun'altro. Così tutti sono estremamente naturali quando suonano. E' incredibile, io e Briggan abbiamo sviluppato insieme un linguaggio unico. Ora, quando lui suona il sax lo fa a volte come se fosse una slide trumpet, muovendosi tra le note in questo modo assurdo. Ha sempre avuto un linguaggio suo, che ho percepito subito e ho incorporato nel sound della band. Poi c'è Tony, al suo über-bass, sul quale può suonare quello che vuole: può essere chitarrista, pianista, batterista, trombettista. Kenny, infine, conosce i ritmi più disparati, e noi li suoniamo tutti, compresi quelli più marcati e più rock. E' divertente che poi qualcuno venga dirmi che i Sex Mob siano la mia funk band. Io non ho una funk band, non ho nessuna band con uno stile preciso. Ho solo delle band.
AAJ: Hai una band Sex-Mob-style.
S.B.: Si, una band Sex-Mob-style. E' solo una band con questi componenti con un repertorio di centinaia e centinaia di brani. Da poco - non ci vedevamo da due mesi - siamo stati in Europa in un festival molto carino dove si suonava in questi vecchi granai all'aperto, in un paese, e la gente si spostava da un posto all'altro in bicicletta. E' stato bello, perchè quando suoni in un grande concerto o in un festival, devi fare le tue hits, perchè sei davanti a mille o duemila persone e devi fare le cose in grande. Qui, invece, eravamo in un ambito ridotto, davanti a cento o duecento persone, e nei quattro concerti che abbiamo fatto non abbiamo mai ripetuto un pezzo. E non ci vedevamo da due mesi. Prima di suonare io dicevo solo: "Hey, vi ricordare questo? Si, e le parti di quest'altro?".
Abbiamo veramente un sacco di canzoni. Dopo undici anni, c'è una enorme quantità di materiale in questa band. Ho scritto parecchie cose e questi ragazzi hanno una memoria incredibile, si ricordano tutto. Briggan è l'unico che, di tanto in tanto, si porta appresso gli spartiti, e anche io a volte mi porto quelli dei nuovi pezzi. Tony e Kenny non si portano niente, hanno tutto in testa. Incredibile, ma in undici anni non abbiamo mai fatto una prova, una vera prova in un vero studio prove, intendo. Prima di realizzare Sex Mob Does Bond siamo andati giù al club nel pomeriggio e buttar giù qualche schema. In effetti una volta abbiamo fatto un concerto di musiche di Strauss, e io avevo uno spartito di dodici pagine con le esatte trascrizioni dei valzer. Era abbastanza complesso, bisognava procedere da una sezione ad un'altra, per cui dissi: " Eh si, dobbiamo proprio fare qualche prova". In undici anni, è stata la nostra unica vera sessione di prova.
AAJ: Doveva proprio essere necessaria...
S.B.: Si. La nostra è una band che si è formata sul palco. E' stato così per entrambi i gruppi, ma ancor di più per i Sex Mob, dato che siamo sul palco da undici anni.
AAJ: Sembra che sia stata proprio una relazione fortunata.
S.B.: Si. Purtroppo, visto che siamo tutti molto occupati, non suoniamo molto assieme, ma quando succede, lo facciamo al Tonic per i nostri amici oppure in Europa per un bel pò di soldi. Difficilmente suoniamo negli States, abbiamo quasi smesso di farlo. Ho quarantaquattro anni e guadagno abbastanza come musicista. Se la gente non vuole pagarmi, semplicemente non ci vado. Posso suonare con Lou Reed, Levon Helm e Rufus Wainwright, posso scrivere musiche per jingle televisivi e mantenermi in questo modo. In passato abbiamo girato parecchio, i Sex Mob hanno pagato il loro dazio alla strada, ma ora ne siamo usciti. Non abbiamo mai avuto un tour manager. Io guido il furgone e parlo con i tizi in hotel. E' tutto autogestito. I ragazzi credono in me e la pensano così: "Se tu conduci la cosa, noi ci stiamo". Sotto questo aspetto penso che siamo proprio un gruppo in gamba, unico al mondo. Facciamo le cose senza dover dimostrare niente a nessuno.
Ci sono persone in tutto il mondo che amano la nostra musica, e questo lo so per certo. Quando suoniamo in un Festival in Europa e, per dire, la sera prima c'era il World Saxophone Quartet e quella successiva il Mingus Dinasty, allora non c'è nient'altro da aggiungere. Siamo parte della stessa comunità, e quando ci troviamo nel backstage tutti loro conoscono i Sex Mob. Penso che gli organizzatori statunitensi siano coscienti di tutto ciò, ma poi se lo dimenticano.
AAJ: E' duro andare in tournee in furgone. Ed è sempre difficile per i gruppi che suonano musica strumentale.
S.B.: Si. Ci sono poche persone che riescono a ottenere delle serate nei centri culturali, e con un nome come Sex Mob è ancora più difficile. Mia moglie dice che è colpa mia, perchè l'ho scelto io. Il bello è che ci conoscono tutti, nessuno dimentica un nome così. D'altro canto, i centri culturali sono un pò restii verso una band chiamata Sex Mob, qualcuno mi ha detto che sono anche un pò spaventati da tutto quello che dico sul palco che riguarda la politica.
AAJ: Ormai è troppo tardi per cambiare il nome in "The NYC Eclectic Improvisational Gentlemen".
S.B.: Esatto [ride]. Ogni volta ci chiedono qualcosa del genere: "Vorremmo che faceste qualcosa a scuola, ma potreste cambiare nome?", e io rispondo "certo, siamo i Love Gang". Abbiamo suonato in alcune città progressiste, come Burlington, e venivamo presentati così "i Love Gang, chiamati anche [ride] i S*x M*b."
AAJ: Il nuovo album è Sexotica. Una delle cose notevoli dei Sex Mob è che non rifate mai la stessa cosa e, come il vostro CD precedente Dime Grind Palace (Ropeadope/Atlantic, 2003), sono tutti brani originali. In questo lavoro ci sono due aspetti da sottolineare: il primo è che si tratta di una specie di tributo a Martin Denny, il musicista degli anni cinquanta autore di Exotica, un album strumentale dal sound tropicaleggiante che fu un successo al tempo. Il secondo aspetto è che il disco dopo la sua registrazione è stato ripreso dal team Good and Evil, che lo hanno tagliato, filtrato, alterato, distorto e accellerato. Allora, prima di tutto perchè Martin Denny, e poi perchè una lavoro di post-produzione con i Good and Evil?
S.B.: Beh, i Good and Evil sono nostri amici con un loro studio di registrazione dove abbiamo fatto un paio dei nostri primi dischi. Prima ancora dell'esordio discografico dei Sex Mob, c'era un brano, "Sign o' the Times" di Prince, con un remix dei Good and Evil, uno dei loro primi lavori, una decina di anni fa. Ci conosciamo da parecchio tempo. Uno di loro è un chitarrista, con il quale abbiamo suonato assieme nei Lounge Lizard prima che si dedicasse principalmente all'attività di produttore. Tempo fa sono passato da loro a ritirare dei nastri e mi fanno: "Ci piacerebbe che sentissi quello che facciamo adesso. Stiamo lavorando ad alcuni dischi per la Thirsty Ear e sarebbe bello farne uno anche con i Sex Mob". Mi hanno fatto sentire delle cose molto interessanti, della dance music commerciale e cose tipo bhangra. Avevano pensato che un connubio bhangra/Sex Mob sarebbe riuscito benissimo. Prima di andar via mi hanno detto di passare in un piccolo chiosco indiano e comprare dei dischi bhangra per pochi soldi. Così ho fatto e ho pensato: "Ma si, facciamolo questo disco".
Abbiamo organizzato un incontro con Peter Gordon della Thirsty Ear. Penso che quel tipo non avesse mai sentito i Sex Mob, anche se sapeva chi fossimo, di certo non ci aveva mai visto dal vivo. Sapeva che eravamo una band che aveva fatto vari tour, aveva avuto dei riconoscimenti, fatto dei dischi ecc... e per la sua etichetta la cosa era positiva. Peter è molto legato all'idea del concept album, per cui ogni disco dovrebbe essere concepito così. Mi disse: "Non mi piace questa idea del bhangra, non mi convince, non riuscirei a venderla". Allora ci sedemmo ad un tavolo a valutare varie idee finchè lui disse: "Martin Denny".
E' curioso, ma quando il produttore Hal Willner mi citò Martin Denny quindici anni fa, non lo avevo mai sentito. Hal, che aveva prodotto il primo disco degli Spanish Fly, mi disse: "Mi piacciono gli Spanish Fly, mi ricordano molto Martin Denny". Io al momento dissi: "Ah, fantastico", ma non avevo idea di chi stesse parlando. Però mi appuntai il nome e andai a cercare del materiale; lo ascoltai e mi piacque. Ho capito cosa intendesse Hal, si tratta di sound caldo con tutti questi ritmi che anche noi usavamo. E dato che sono un collezionista, ho finito per comprare tutti i dischi di Martin Denny.
Quando Peter disse "Martin Denny", l'ho guardato e ho detto "Sexotica". A quel punto dovevamo fare il disco, perchè avevamo un titolo. C'è da dire che i ragazzi della mia band sono sempre così occupati che non avremmo trovato un weekend disponibile da li a nove mesi. Peter era abituato a musicisti jazz che hanno sempre bisogno di qualche migliaio di dollari. Io penso di non aver pagato Tony o Kenny ancora, perchè sono sempre così occupati a fare tutte le centinaia di cose che seguono. Credo che Peter fosse shoccato da tutto ciò.
AAJ: Pensava che sareste semplicemente andati in macchina a prendere gli strumenti, pronti a registrare.
S.B.: Si. Pensava che ci saremmo precipitati a registrare. Mi disse: "Quando pensate di fare il disco"? Io gli risposi: "Senti un pò, siamo tutti impegnati a fare dei soldi. Non posso venire a fare questo piccolo e modesto disco solo perchè tu lo vuoi. Appena avremo un pò di tempo libero faremo il tuo disco". Il fatto è che non sarò sempre in questa posizione, ma ora faccio un pò di soldi suonando la mia musica. Non dipendo da questi personaggi delle case discografiche e dalle loro elemosine. E' il modo attraverso il quale realizzo la mia creatività, ma non campo da quello. Sono fortunato, sono un trombettista che lavora con Lou Reed, Marianne Faithfull, Sting, questo è quello che mi fa guadagnare. Ad ogni modo, ho scritto la musica e abbiamo realizzato il disco. Kenny ha buttato giù tutti quei brani per percussioni, ed è stato divertente. In pratica ha riempito la stanza di percussioni e non aveva mai abbastanza tempo. Ogni giorno aveva due registrazioni e due serate, così lo avevamo con noi per tre o quattro ore alla volta e dovevamo affrontare tutti i brani. Il primo giorno abbiamo registrato tutte le percussioni di legno di ogni pezzo, il secondo giorno abbiamo fatto le percussioni metalliche, poi con il terzo giorno ci siamo occupati di inserire vibrafoni e suoni vari. Ogni brano aveva almeno due o tre linee di percussioni.
Alla fine i Good and Evil hanno ci hanno lavorato sopra. Sostanzialmente gli ho dato libertà totale, l'unico vincolo da osservare era che il risultato doveva essere diviso al cinquanta per cento, da spartire tra il nostro sound normale e il sound che creavano loro. Questo non era da applicare al pezzo singolo ma al lavoro intero, cosicchè un brano poteva essere lasciato quasi del tutto naturale e magari il successivo invece poteva essere completamente stravolto, ed è proprio quello che è successo.
AAJ: Ci sono anche brani che combinano le due opzioni, come in "Dick Contino's Blues", che è tutto accellerato e rallentato, tranne i break, lasciati al naturale.
S.B.: Si, lì è solo la band che suona. Hanno fatto un ottimo lavoro. Quando mi hanno dato i missaggi provvisori ho fatto solo tre commenti scarsi e ho detto: "Bene, è finito".
AAJ: Hai parlato di come Briggan può suonare a volte come una slide trumpet, e penso che voi due avete sempre mischiato i vostri modi di suonare, che è poi caratteristica del sound della band. Ma in questo disco, con tutti i rimaneggiamenti dei Good and Evil, e anche senza di questi, ci sono momenti mentre suona la band in cui non saprei dire che strumento sto ascoltando.
S.B.: Si, se non sei stato alle session di registrazione non c'è modo di saperlo. E' proprio così, perchè è stato tutto alterato ed entrambi condividiamo lo stesso linguaggio.
AAJ: A me "Kid Rock Deluxe" e "Pygmy Suite" sembrano due versioni dello stesso brano.
S.B.: Ti dico perchè lo percepisci così. La parte vocale di "Pygmy Suite" è presa da "Kid Rock Deluxe". Questo dimostra che le tue orecchie sono più aperte di qualcun altro che in una recensione ha parlato di "un infelice canto scat" in "Pygmy Suite". Canto scat! Non era un "shoo-be-do", ma un sample di un'altra canzone accellerato e alterato. Canto scat. Ovviamente questo tizio non ha capito cosa stava ascoltando [ride]. Ma va bene così, questo serve solo a mostrare da dove proviene la gente. Probabilmente questo tipo non aveva sentito molta musica elettronica, così, se sente una voce su un disco jazz, non può che trattarsi di scat.
AAJ: Come pensi di affrontare questo materiale dal vivo?
S.B.: Non lo abbiamo eseguito. Raramente suoniamo dal vivo brani dai nostri dischi, cosi come ci sono pezzi nel nostro repertorio live che non sono mai stati registrati. In effetti ho preso un paio di brani dal disco per il nuovo tour europeo, ne suoneremo una o due, "Dick Contino" è uno di questi. Il repertorio si arricchisce sempre, ma abbiamo talmente tanti pezzi che non sento la necessità di suonare il nuovo disco. Sento solo il bisogno di fare un buon spettacolo.
AAJ: Parlami un pò del progetto Baby Loves Jazz. Sono delle canzoni per bambini fatte in stile jazz: musica jazz per bambini. So che hai appena terminato il disco Go Baby Go! (Verve, 2006), che hai co-prodotto con Andy Hurwitz [produttore e direttore della Ropeadope Records].
S.B.: Da molto tempo Andy mi parlava di realizzare un disco per bambini, e io ci avevo messo la firma. L'idea originale era ambiziosa: dovevamo avere Dr. John, Cassandra Wilson, Marcy Gray. Non è andato in porto, dato che non abbiamo avuto il supporto della Blue Note, così mi son detto: "lo produco io stesso". La cosa migliore era quella di raggruppare una band che potesse suonare cose molto varie, così la prima cosa che ho detto è stata: "Devo avere il tastierista John Medeski. La gente non ha ancora realizzato quanto sia grande John Medeski, perchè tutti lo conoscono per Medeski Martin & Wood. Ma lui è uno dei migliori musicisti del pianeta, è incredibile il livello delle sue capacità. Ho suonato con molti grandi musicisti, ma lui ha un potenziale enorme. Mette il massimo dell'impegno in quello che fa e può suonare ogni tipo di musica classica, bebop, per non parlare del funk, R&B, gospel e della psychedelia.
AAJ: Si, tutti lo conoscono per l'ultima parola.
S.B.: E' vero, ma non conoscono tutto il resto. Comunque, confermato John e riunita la band, ho iniziato a scrivere gli arrangiamenti. Ovviamente, alla stessa maniera: senza prove. La cantante Sharon Jones non aveva mai incontrato nessuno della band, ma le cose sono andate meglio di quanto avessimo immaginato. E' venuto molto bene.
AAJ: Sharon Jones è una cantante fantastica, e non è meno valida di tutti quei grandi nomi che non sei riuscito ad avere.
S.B.: E' meglio di molti là fuori, perchè passa ogni giorno a cantare R&B davanti ad un folto pubblico. Non ci sono molte persone che possono dire lo stesso, anzi, penso proprio che non ci sia nessuno che lo possa dire [ride].
AAJ: Cosa piace ai bambini secondo te? Cosa cercano nella musica?
S.B.: Ai bambini piace la ripetizione, in modo che possano immaginare quello che accade dopo: se ad esempio c'è il numero uno, possono aspettarsi che dopo ci sia il numero due. Inoltre i brani devono essere concisi, non ci sono assoli nel disco. In realtà ho scritto dei piccoli assoli, tipo quelli che Dizzy Gillespie usava negli anni cinquanta. Così, invece dell'assolo viene suonato una specie di versione bebop della melodia, ma si può sempre sentire la melodia, che viene citata.
AAJ: Quando ero piccolo mi piacevano solo le parole.
S.B.: Ci sono anche le parole, ma penso che il ritmo sia molto importante. Infatti tutti i bambini ballano naturalmente durante gli spettacoli, una specie di stile in cui Little Richard incontra il punk rock dell'hockey pokey.
AAJ: Tu hai diretto il tributo al cantautore Leonard Cohen, che poi è diventato un film, I'm Your Man, e un disco. Eri un fan di Cohen?
S.B.: No, non posso dire di averlo mai ascoltato molto. Si tratta di un altro incarico di Hal Willner. Mi chiamò per dirmi che voleva lo aiutassi a realizzare questo concerto, ben sapendo che sono un ottimo organizzatore. Doveva essere un tributo da parte di artisti di varia estrazione. Hal voleva una quarantina di canzoni, con tre giorni soli per le prove, e tieni conto che molti musicisti sarebbero arrivati solo il giorno del concerto [ride]. Avevamo nove o dieci artisti diversi.
Ho pensato che avevamo quaranta canzoni, con la prospettiva magari che David Bowie o qualche altro personaggio famoso all'ultimo momento non si presentasse. Ho messo assieme la band, composta sostanzialmente dai Sex Mob e Charlie Burnhaim della MTO al violino, poi Marc Ribot alla chitarra e Rob Burger dei Tin Hat Trio alle tastiere. Alla fine ce l'abbiamo fatta, ed è stato un grande successo, tanto che quella tizia, in qualche modo legata alla nostra famiglia di musicisti mi ha detto: "Ho visto diverse cose che hai realizzato per Hal, ma questa è diversa, è superba" ecc... Lei è quella che produce Philip Glass e Laurie Anderson.
Per tornare a Hal, tu fai un concerto per lui in pratica per pochi soldi. I musicisti sono pagati cento o duecento dollari per tre prove e una serata intera. Lo fai per il piacere di lavorare con lui, tutti lo adorano, e tutti sanno che dove ci sono soldi lui è felice di pagare bene, e quando non ci sono soldi, allora lui vuole fare un progetto per l'amore della musica.
Posso dire che questa è la prima volta in cui suono qualcosa di cui capisco tutte le parole delle canzoni. Ho pensato che fosse perchè queste non erano proprio canzoni ma storie.
AAJ: Si, Cohen era uno scrittore prima ancora che musicista.
S.B.: Per questo è facile per me capire di cosa sta parlando. Troppo spesso con le canzoni inizio ad ascoltarle e poi mi distraggo, mi metto ad ascoltare il basso o la batteria, per poi accorgermi di non avere idea di cosa abbia parlato. Con Leonard Cohen invece segui la storia, quindi è più facile mantenere l'attenzione.
AAJ: Hai anche dovuto curare l'arrangiamento delle canzoni.
S.B.: Si, ma fortunatamene c'erano al mio fianco tutti i miei ragazzi e ragazze, per cui non è stato così duro.
AAJ: Tu sei anche un membro del gruppo The Band, del cantane/batterista Levon Helm. Sei una parte importane in questo progetto svoltosi nei suoi studi di registrazione a Woodstock.
S.B.: Si incomincia a parlare di questo in giro.
AAJ: Si, pare che tutti stiano scrivendo di questo speciale, magico happening musicale. Raccontami com'è suonare con Levon.
S.B.: Negli ultimi due anni è stato una parte importante della mia vita musicale e spirituale. Il mio amico Erik Lawrence, baritonista della MTO, suonava con lui da tempo ed è molto legato a Levon. Levon non se la passava bene e non poteva cantare [ha avuto un tumore alla gola], così Erik mi ha proposto di fare qualcosa per lui chiedendomi: "Facciamo qualche concerto da lui. Non importa quello che deciderai di fare, ma se lo fai sarà magnifico". Io ho accettato, abbiamo fatto un concerto in cui ha cantato anche lui, ed è stato fantastico, perchè non lo faceva da cinque o sei anni. La cosa è finita in uno dei CD/dvd che sono usciti, nel quale è raccolto del materiale sulla prima volta che ho suonato assieme a lui. Non ricordo che brano era o in che tonalità fosse, era una sorta di improvvisazione libera. Non saprei neanche come descrivere il genere, qualcosa come folk-gospel-R&B-blues-jazz.
AAJ: Quasi tutte le musiche che mi interessano di più, insomma.
S.B.: Si, è stato incredibile. Facciamo tutte queste serate, e non abbiamo mai fatto una prova, ci ritroviamo giusto un pò prima del concerto per discutere delle canzoni da fare. Ora siamo una vera e propria band stabile. Facciamo un bel pò di brani e le cose vanno sempre meglio, con sempre maggior energia. L'ultimo spettacolo è stato notevole: c'era una folla da concerto rock - mentre prima erano più calmi, si godevano il concerto seduti - e la gente pezzo dopo pezzo dava sempre più in escandescenza. Era come stare ad un concerto dei Rolling Stones.
AAJ: Insomma, una cosa tipo Woodstock.
S.B.: All'inizio erano giusto delle serate a Woodstock alle quali venivano la gente del posto, ma ora arrivano da tutte le parti. Suonare con Levon è straordinario, prima di tutto perchè è un musicista incredibile, oltre ad essere una persona molto divertente e una personalità affascinante. Ora lo do per scontato, ma all'inizio ho dovuto rivedere il mio modo di pensare per poter suonar con lui.
La prima volta è andata bene, perchè abbiamo fatto qualcosa tipo New Orleans e mi è bastato andare in quella direzione. Ma poi quando abbiamo iniziato a fare più canzoni, blues, ho dovuto riflettere un pò. Perchè, ad esempio, mentre stavamo suonando lui fa qualcosa come [imitando l'accento dell'Arkansas] "Yeah, may-annnn, yay-ah!", poi più avanti mi guarda e fa "Nawww, may-an, naww!". Allora ho pensato "Okay, c'è lo Yeah-man e lo Naw-man, ed è meglio che ci siano pochi Naws". Ora non riceviamo più un Naw-man, riusciamo a capire quello che gli va bene e quello che non gradisce, ma a volte, mentre stai suonando qualcosa che sei sicuro sia quella giusta, lui si alza ed esclama uno dei suoi "Nawww, mann, naww!".
AAJ: Torniamo a te. Tu suoni la tromba ma anche la slide trumpet. Ho fatto una ricerca su internet usando la parola slide trumpet e ho trovato una voce interessante. Diceva: "Attualmente la slide trumpet viene suonata seriamente di rado. L'unico musicista degno di nota che conosca suona in una band chiamata Sex Mob"
S.B.: Beh, è quasi corretto, perchè c'è anche un tipo in Francia, un italiano di nome Luca Bovini, che suona molto seriamente la slide trumpet. Era un trombonista, ma di fatto ha lasciato il trombone per questo strumento, che però suona in maniera opposta alla mia, lui è molto pulito. L'ho incontrato di recente durante un tour. Viene dall'ambito della musica classica, ma quel tipo di musica moderna che confina con l'improvvisazione. Ha una teoria: ci sono il violino e il violoncello che in pratica sono lo stesso strumento, hanno la stessa meccanica. Ma il violino è più piccolo, e chi lo suona può essere più veloce e più preciso di un violoncellista. Così ha pensato: "Io suono il trombone, ma se passo alla slide trumpet, applico lo stesso concetto: tutto sarà più maneggevole e potrò essere più preciso".
Ha fatto un disco che ha anche prodotto. Poi ci sarebbe anche Axel Dorner, che è tedesco, ma penso che utilizzi questo strumento soprattutto per l'effetto sonoro. Ultimamente si sta anche diffondendo fra i più giovani, ad esempio Brian Carpenter di Boston. Molti vengono a sentire i Sex Mob e pensano "mi comprerò una slide trumpet". Perfino qualche trombettista professionista, un pò più giovane di me, è passato di recente alla slide trumpet.
AAJ: Tu quando l'hai adottata?
S.B.: Ne ho preso una nel 1977. Al tempo questo tipo di tromba era molto economica. Era una specie di novità, risultava piccola, e spesso non era di buona fattura. Ne vidi una e la comprai per venticinque dollari. C'era anche Peter Apfelbaum e ne comprò una anche lui. Da allora me la sono sempre portata appresso, anche quando mi sono trasferito a New York. Vedevo che ci potevo suonare alcune cose in modo molto naturale, e quando ho iniziato con gli Spanish Fly la suonavo in alcuni brani. Quando la suonavo vedevo che c'era sempre molto interesse nelle persone. Credo che molto del merito vada al trombettista Dave Douglas, che ci raggiunse durante una serata in Austria. Non so se conosci Dave, se ci hai mai parlato.
AAJ: Si, abbiamo parlato.
S.B.: Una delle persone più intelligenti che abbia mai conosciuto.
AAJ: Si, cosi' tanto che a volte diventa insopportabile in quanto ti senti stupido a suo confronto.
S.B.: Si, non puoi farci niente, è fatto così. Mi disse: "Perchè non la usi come una tromba?", e io "Si, hai ragione". Ho iniziato ad usarla e ho formato i Sex Mob. perchè l'idea che c'era dietro il gruppo era appunto: come sarebbe se avessi una band dove suono solo la slide trumpet? Che potenzialità ha la slide? E' così che iniziato tutto.
AAJ: C'è qualcosa di nuovo di cui vorresti parlare?
S.B.: No, perchè tutti i prossimi progetti sono ancora abbastanza indefiniti. Mi piacerebbe fare un disco con gli Spanish Fly, perchè abbiamo ripreso a suonare assieme un anno fa, e non capitava da sei anni. Ora abbiamo un nuovo set di brani e mi piacerebbe farne un disco. Ho anche un'idea per un'altro progetto di cui però non voglio parlare ancora, perchè non ce l'ho ancora ben chiaro in testa. E' qualcosa a cui penso da molto, qualcosa di diverso, che non ho ancora fatto. Ha a che fare con la i miei vecchi amici newyorkesi degli anni ottanta, quando facevo parte della scena punk-funk. Tutta quella roba non è mai stata registrata, e mi piacerebbe riprendere alcune cose. O meglio, ci sono delle sonorità di quel periodo che mi piacerebbe ri-esplorare.
Discografia selezionata
Baby Loves Jazz, Go Baby Go! (Verve Records, 2006)
Paul Shapiro, It's In the Twilight (Tzadik, 2006)
Steven Bernstein's Millenial Territory Orchestra, MTO Volume 1 (Sunnyside, 2006)
Sex Mob, Sexotica (Thirsty Ear, 2006)
Leonard Cohen: I'm Your Man: Original Motion Picture Soundtrack (Verve, 2006)
Paul Shapiro, It's In the Twilight (Tzadik, 2006)
Mario Pavone, Deez to Blues (Playscape, 2006)
Steven Bernstein, Diaspora Hollywood (Tzadik, 2004)
Bill Frisell, Unspeakable (Nonesuch, 2004)
Medeski Martin & Wood, End of the World Party (Just in Case) (Blue Note, 2004)
Mario Pavone, Orange (Playscape, 2003)
Sex Mob, Dime Grind Palace (Ropeadope/Atlantic, 2003)
Paul Shapiro, Midnight Minyan (Tzadik, 2003)
Max Nagl, Big Four (Hat Hut, 2002)
Marc Ribot, Soundtracks II (Tzadik, 2003)
Lou Reed, The Raven (Sire/Reprise, 2003)
Steven Bernstein, Diaspora Blues (Tzadik, 2002)
Mario Pavone, Mythos (Playscape, 2002)
Oren Bloedow and Jennifer Charles, La Mar Enfortuna (Tzadik, 2001)
Sex Mob, Sex Mob Does Bond (Ropeadope/Atlantic, 2001)
Karen Mantler, Karen Mantler's Pet Project (Universal, 2000)
Lou Reed, Ecstasy (Reprise, 2000)
Sex Mob, Solid Sender (Knitting Factory, 1999)
Kamikaze Ground Crew, Covers (Koch Jazz, 1999)
Steven Bernstein, Diaspora Soul (Tzadik, 1999)
Phillip Johnston, Music For Films (Tzadik, 1998)
Sex Mob, Den of Iniquity (Columbia/Knitting Factory, 1998)
Lounge Lizards, Queen of All Ears (Strange & Beautiful Music, 1998)
Spanish Fly, Fly By Night (Accurate, 1997) John Lurie, Excess Baggage: Original Score (Prophecy Entertainment, 1997)
Dreamtime, Dreamtime (Fibre Records, 1994)
Spanish Fly, Rags to Britches (Knitting Factory, 1993)
Medeski Martin & Wood, It's a Jungle in Here (Gramavision, 1993)
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Traduzione di Stefano Sanna
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Foto di Claudio Casanova
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Steven Bernstein e i Sex Mob suoneranno in esclusiva italiana l'11 marzo al Teatro Donizetti di Bergamo, nell'ambito della 29° edizione del festival Bergamo Jazz.
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