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Il Secolo del Jazz

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Il Secolo del Jazz

di Filippo Bianchi

Bacchilega editore

248 pagine.

Com'è noto Filippo Bianchi è l'attuale direttore di "Musica Jazz", il prestigioso mensile fondato nel 1945 da Gian Carlo Testoni e poi guidato da Arrigo Polillo, Pino Candini e Claudio Sessa. In precedenza, aveva lavorato a lungo come produttore e direttore artistico e come giornalista per varie testate, principalmente l'Unità e la Repubblica ma anche il Manifesto, Jazz Magazine, Sunday Times, Diario.

In questo volume, il cui titolo ha suggerito quello della mostra sul jazz, ospitata al MART di Rovereto, l'autore ha raccolto molti suoi scritti pubblicati dagli anni Ottanta ad oggi.

Gran parte del materiale è tratto dalle pagine di "Musica Jazz": editoriali, interviste con grandi jazzmen (Rollins, Lacy, Corea, Holland, McLaughlin, Oxley, Bennink, eccetera) ed "esterni" legati al pianeta afro-americano (dal regista Bernardo Bertolucci, alla danzatrice Carolyn Carlson, dallo scrittore Geoff Dyer al produttore discografico Alan Douglas). Completa il volume un capitolo di "Pagine Sparse" con illuminanti considerazioni o testimonianze sullo stato delle cose nel mondo del jazz.

Riunito e rivisitato (togliendo qualche riferimento temporale) il materiale rinasce a nuova vita, sviluppando un coerente percorso che non ha quasi più riferimenti con gli aspetti di cronaca da cui traeva origine. Per questo motivo, crediamo, l'autore ha omesso dai testi ogni riferimento alla testata e alla data in cui sono stati pubblicati originariamente: avrebbero forse chiuso (e sviato) il lettore entro considerazioni temporali che non hanno più senso. Il corpus critico è invece quanto mai attuale e spazia all'interno dei più diversi ambiti del jazz, visto nelle sue relazioni con l'ambito storico-sociale di cui è espressione e con le altre arti del Novecento.

Frequenti sono i riferimenti ad esponenti della filosofia o delle scienze umane, da Eric Hobsbawm a Paul Virilio, da Alfred Schutz a Norbert Elias. Oppure a fondamentali teorie di sociologia dell'arte, come quella di Walter Benjamin sulla riproducibilità tecnica dell'arte.

Tra le interviste spiccano quelle con Corea, Holland e McLaughlin tese a ricostruire dall'interno gli eventi che accadevano nei gruppi di Miles Davis.

In una testimonianza diretta, che abbraccia almeno quattro decenni di storia jazzistica italiana, non mancano rievocazioni poco note, come la cronaca della session di Charles Mingus per il soundtrack di "Todo Modo" con i relativi contrasti entro la produzione.

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