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Il jazz in Friuli Venezia Giulia, la terra dell'improvvisazione e della ricerca

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Non è la prima volta, nel corso degli anni, che ci capita di dedicare uno spazio speciale alla musica del Friuli Venezia Giulia, una regione che non finisce di stupire per vitalità creativa. Sarà il suo carattere di "frontiera," che la pone a cavallo tra l'Italia, la Mitteleuropa e i Balcani; sarà la sua "marginalità," la distanza da quel "centro" che è spesso sinonimo di istituzione, di mercato, di immobilismo, tutte cose che non vanno d'accordo con il jazz; sarà, infine, la ricchezza umana di chi la popola, che favorisce un aspetto necessario alla musica improvvisata, la relazione; fatto sta che il Friuli Venezia Giulia non solo dà vita a belle rassegne, non solo ha una ricca presenza di musicisti di tutto rispetto, ma soprattutto propone una musica di grande originalità e coraggio, così lontana da quel "jazz da rotocalco" che va sì per la maggiore, ma che rischia di uccidere la vitalità e la imprevedibilità, che sono le cifre della musica improvvisata.

In questo speciale, approfittando del resoconto del Jazz & Wine of Peace Festival di Cormons, presentiamo una panoramica sulle più recenti produzioni che provengono da questa terra. Cominciando da Double Vision, libro fotografico-narrativo sul jazz nato a coronamento di una delle tante belle iniziative che sorgono in regione: la mostra fotografica "Phocus sul Jazz," tenutasi a Pordenone nel dicembre del 2008.

Per passare ai dischi, iniziamo da due lavori che vedono per protagonista il chitarrista triestino Andrea Massaria: Intermittenze (in duo con Arrigo Cappelletti) e 5053 (con il Chladni Experiment Trio). Musica coraggiosa, di grande libertà e interamente basata sull'interplay. Che ci ha spinti a cercarlo e a dialogare con lui, così da conoscere meglio un musicista animato da una forte tensione per la ricerca e l'innovazione. Ne è venuta fuori un'interessante intervista.

Con Massaria suona spesso Giovanni Maier, contrabbassista ben noto per le sue molteplici collaborazioni, del quale recensiamo ben quattro dischi editi dalla sua etichetta indipendente Palomar: un suo lavoro in solitudine - Me, Myself & Monk - e una serie di duetti - Un oscuro scrutare, con Lauro Rossi, Entropia, con Guido Mazzon e Odes, con Claudio Lodati. Anche qui, musica inquieta, improntata alla massima libertà e incentrata su improvvisazione e ricerca.

Lo stesso Maier figura anche in un altro lavoro, ben diverso eppure di nuovo inconsueto e coraggioso: una registrazione che documenta l'incontro tra un gruppo jazz - il trio "Hasta Siempre" di Claudio Cojaniz, U.T. Gandhi e appunto Maier - e un coro di adolescenti della scuola di musica di Mortegliano, paese dell'udinese. La scuola di musica incontra... il jazz vede questa musica confrontarsi con l'altro da sé, incontrare i ragazzi, un pubblico non avvezzo all'improvvisazione e anche musiche inusuali: una bella scommessa.

Altrettanto bella è la scommessa che Cojaniz ha tentato musicando dal vivo con il suo pianoforte un filmato d'epoca sulla Grande Guerra in terra friulana: il risultato è il piano solo Non son tornati, un'ora di suggestioni e citazioni, memorie e sentimenti messi in musica, grazie alle impressioni delle immagini. Ancora una volta, coraggio di andare oltre, di dire qualcosa di proprio e di originale.

Proprio e originale è anche quanto narra il sassofonista udinese Daniele D'Agaro in tre suoi dischi, due dei quali editi da un'altra bella realtà friulana, l'etichetta Artesuono di Stefano Amerio - nel cui studio ormai vengono registrati lavori anche per numerose e prestigiose altre etichette, a cominciare dalla ECM. D'Agaro sceglie tre diversi modi di improvvisare liberamente: a partire dalle suggestioni dell'opera di Shakespeare in The Tempest (con Bruno Marini e Han Bennink); in pieno interplay e senza alcuna struttura di partenza in Friulan Sketches, lavoro a firma di Alexander von Schlippenbach e con Tristan Honsinger; infine alla testa della spregiudicata Adriatics Orchestra in Exotica Domestica. Grandi dischi, ma soprattutto - di nuovo - lavori di straordinario coraggio.

Un coraggio messo in pratica anche da U.T. Gandhi in un altro disco per Artesuono: con la sua formazione di giovani musicisti locali si è spinto a rileggere la musica del suo amato Zawinul e del Miles degli anni '60-'70 e, per farlo, non poteva che chiamare Fearless Five l'intrepido gruppo che ha registrato Travellers...

Alcuni di quelle giovani leve del jazz (non solo) regionale prendono parte anche a 4 + 1, opera prima del sassofonista udinese Federico Missio, a sua volta frequente collaboratore del pianista triestino Riccardo Morpurgo, del quale presentiamo Answering, in trio. E sempre a Trieste, alla Casa della musica, è stato realizzato Bandando, secondo lavoro di BandOrkestra.55, un originale ensemble in bilico tra la big band e la banda popolare, guidato da Marco Castelli. Un gruppo veneto (non casualmente) in trasferta giuliana, con il quale concludiamo la nostra panoramica su questo estremo lembo nord-est del nostro paese, così interessante non solo dal punto di vista musicale.

Foto di Claudio Casanova (D'Agaro/Maier).

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