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"Il giro del giorno in ottanta mondi" di Julio Cortazar

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Julio Cortazar: Il giro del giorno in ottanta mondi

Alet Edizioni, 2006

17 euro, ISBN 8-7520-016-5.

Ventidue sono i libri in catalogo di Alet Edizioni, che spaziano liberamente tra vari campi del pensiero: la politica e la sociologia; l’arte ed il cinema. E poi c’è anche la musica con i suoi protagonisti, senza preclusione di generi. Dopo il bel libro di Gyorgy Ligeti, è ora la volta della ristampa de “Il giro del giorno in ottanta mondi”, che nel 1972 ispirò il primo disco del nostro Enrico Rava.

Un libro tra i più avvincenti dello scrittore argentino Julio Cortazar, che al jazz ed al suo mondo ha regalato storie davvero memorabili. Per chi ha amato il suo magnifico racconto “El persecutor” e per tutti gli appassionati di jazz, questo è un libro imperdibile, destinato a costituire l’evento editoriale del 2006.

Sul piano stilistico e della costruzione narrativa, esso rifulge di pagine illuminanti in cui si ridisegnano a mano libera storie, tratti psicologici ed artistici dei grandi protagonisti del jazz: Lester Young e Clifford Brown, Thelonious Monk e Charlie Parker, solo per citarne alcuni.

Ed ecco Trummy Young “che suona il trombone come se tenesse tra le braccia una donna nuda fatta di miele”; ed ancora le note di Charlie Rouse descritte come “pennellate di viola e di rosso, veementi, lunghe ed ammirevoli”.

Le movenze felpate di Monk sul palco divengono “un pericoloso cabotaggio fenicio con probabili incagli sulle sirti”; “un orso” che mette “un piede davanti all’altro con un’attenzione che fa pensare ad un campo minato”.

Un concerto parigino di Armstrong viene immortalato come un’apocalisse, “perché Louis non fa che alzare la sua spada d’oro, e l’attacco di “When It’s Sleepy Time Down South” scende sul pubblico come la carezza di un leopardo”.

Ritratti fulminanti, che con metafore raccontano molto con poco (parole). Ed al pari di altri passioni (viaggi, letteratura, teatro, pugilato) qui celebrate, il jazz è uno degli elementi fondamentali per capire la multiforme personalità di uno degli scrittori più visionari del ‘900.

E lo fa intendere chiaramente a pagina 279 l’autore, per il quale “l’unica cosa che mi aiuta insieme al rhum, al caffè, ed al perfido sigaro Robt. Burns sono i vecchi dischi di Bessie Smith, ed anche quelli di Lester Young o di Bird”.

Ma l’omaggio più accorato è riservato all’indimenticato, immortale Clifford Brown: “quando voglio sapere che cosa prova lo sciamano in cima all’albero di passaggio, faccia a faccia con la notte fuori dal tempo, ascolto ancora una volta il testamento (“Ghost Of A Chance”) di Clifford Brown come un colpo d’ala che spezza il continuum, che inventa un’isola di assoluto nel disordine”.

Il jazz, quindi, come godimento estetico ed affinità elettiva di pensiero, che porta Cortazar a scrivere (pag. 282) uno dei passi più illuminanti di critica musicale e letteraria del ‘900: “Il meglio della letteratura è sempre una take, pericolo implicito nell’esecuzione, margine di rischio che costituisce il piacere della guida, dell’amore, con quello che comporta di perdita sensibile, ma insieme con quell’impegno assoluto che su un piano diverso conferisce al teatro la sua irrangiungibile imperfezione di fronte al cinema perfetto. Io vorrei scrivere solo take”.

Uno scrittore che pensa, scrive e sogna in jazz. E che arriva a concepire la poesia (pag. 37) come meccanismo di “challenge and response”, così caro agli eroi delle musiche afroamericane.

Se quindi Mann e Proust sono i cantori riconosciuti dell’epopea musicale eurocolta, lo scrittore argentino scomparso nel ’84 lo è indiscutibilmente per il mondo del jazz.

Il suo libro è una preziosa cornucopia di immagini sinestetiche e fulminanti zibaldoni. È anche un manuale di istruzione per la vita, che attraverso l’elogio del grammofono (pag. 121) potrà far rinsavire qualche audiofilo fondamentalista.

E con lui tutti i non pochi animali tecnologici, pronti a spendere fiumi di euro per l’impianto di alta fedeltà; ma sordi ed intransigenti di fronte al fruscio del microsolco.

È un libro da leggere, assaporare e consigliare all’infinito.

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