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Il contrabbasso esploratore di Jason Ajemian

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Tra i tanti talenti che la scena di Chicago degli ultimi anni ha proposto, il nome del contrabbassista Jason Ajemian si è fatto largo con discrezione, a fianco di molti colleghi come Rob Mazurek o Jeff Parker. Con un approccio che ormai è frequente nei musicisti della sua generazione, Ajemian passa con disinvoltura dal jazz più radicale alle scansioni rock, dal folk all'elettronica, non disdegnando di lavorare a progetti multimediali.

Rimandando ai siti jasonajemian.com e www.sundmagi.com, oltre che all'ormai imprescindibile www.myspace.com/sundmagi per ogni approfondimento web, abbiamo incontrato il musicista in occasione dell'uscita del suo nuovo lavoro, The Art of Dying.

All About Jazz: Raccontaci un po’ dei tuoi primi passi nella musica.

Jason Ajemian: Sono cresciuto nelle Blue Ridge Mountains della Virginia e le mie prime esperienze musicali sono state con gli amici della mia famiglia che suonavano bluegrass, musica tradizionale americana e rock sudista. Poi, insieme al mio migliore amico Keith - che suonava la chitarra - abbiamo incominciato a improvvisare e a imparare le canzoni direttamente dai dischi, ricordo un’estate in cui passavamo interi pomeriggi in un negozio di strumenti, il "Music City", provando di volta in volta tutti gli strumenti e suonando per ore.

È stato però solo alla fine del liceo che ho incominciato a suonare il contrabbasso e mi sono concentrato sullo studio del jazz e della musica classica; ho suonato tanto sopra i dischi, senza sapere in realtà esattamente cosa il bassista stesse suonando, ma cercando una mia voce originale che andasse bene con quello che usciva dalle casse dello stereo!

AAJ: Sei arrivato a Chicago nel 2000. Quali sono stati i tuoi primi incontri nella Windy City?

J.A.: Poco dopo il mio arrivo a Chicago, Tim Daisy e Dave Rempis mi hanno chiesto di unirmi al loro trio "Triage", su cui stavano lavorando già da un po’ e che era pronto a incidere e andare finalmente in tour. C’erano un sacco di cose che accadevano a Chicago in quei giorni, locali che stavano nascendo e che ora sono un punto di riferimento. Questo mi ha consentito di venire rapidamente a contatto con moltissimi musicisti e di suonare con tanti di loro. Ho anche incominciato a organizzare qualche rassegna, una delle quali, alla Heaven Gallery, si chiama Protest Heaven.

AAJ: Anche uno sguardo frettoloso al tuo sito MySpace evidenzia la tante collaborazioni e progetti in cui sei coinvolto, molti dei quali, come il Chicago Underground Trio, la Exploding Star Orchestra o Mandarin Movie, ruotano intorno alla figura di Rob Mazurek.

J.A.: Ho incontrato Rob appena arrivato a Chicago ed è sempre stato molto gentile e disponibile, ma poi si è trasferito in Brasile. Quando è tornato a Chicago qualche anno dopo, è venuto a ascoltarmi al Rodan, dove stavo suonando con Jeff Parker, Noritaka Tanaka e l’artista video Selina Trepp. Credo che la cosa gli sia piaciuta molto, perché ha voluto subito che collaborassimo e non ti nascondo che ero esaltatissimo dall’idea di lavorare con lui, perché il suo approccio è davvero fresco e nuovo rispetto a quello di altri musicisti di Chicago e molto vicino a quello che stavo tentando di fare. È molto interessante quello che abbiamo fatto insieme, in particolare Mandarin Movie che è un gruppo speciale. Sono ovviamente un fan di Chicago Underground, anche se poi alla fine ho suonato con loro in trio solo in occasione del CD e DVD Delmark Chronicle e in quartetto per un tour europeo che è passato anche in Italia.

AAJ: C’è poi il quartetto Daydream Full Lifestyles con Tony Malaby, Mazuerek e Chad Taylor…

J.A.: Ho incontrato Tony Malaby quando avevo diciotto anni ed ero al primo anno di Università. Anche lui frequentava quel College e siamo rimasti in contatto, per me è sempre stato un punto di riferimento, tanto che ogni volta che capitavamo nella stessa città, cercavamo di suonare assieme. Siccome voleva pensare a un progetto assieme a me e sapevo che con i ragazzi del Chicago Underground Duo c’era una stima reciproca, abbiamo unito le forze per un tour, un disco dal vivo e uno in studio che stiamo finendo in questi giorni.

AAJ: So poi che hai anche una 'New York band'!

J.A.: Certo, si chiama Joy Mega ed è ormai un po’ di anni che collaboriamo: con me e Chad Taylor ci sono Matt Bauder, Mary Halvorson e Jessica Pavone. Quando sono a New York cerco comunque di trovare delle situazioni che sfruttino le varie possibili combinazioni di questi musicisti e abbiamo registrato in giugno un disco di cui sono entusiasta.

AAJ: Ovviamente poi c’è il gruppo Smokeless Heat…

J.A.: Noritaka, Tim e io abbiamo suonato molto assieme a Chicago, specialmente nei concerti della domenica mattina alla Bridgeport Coffee House. Quando Nori stava per tornare in Giappone, abbiamo pensato che era doveroso registrare qualcosa e abbiamo chiamato a collaborare anche altri musicisti che erano tra i nostri preferiti.

È appena uscito il nostro disco The Art of Dying, la cui lunga storia potete leggere nelle note di copertina e spero che piaccia.

AAJ: C’è poi la collaborazione con un vero mito del folk come Josephine Foster, con cui condividi il progetto in duo Born Heller.

J.A.: Josephine e io siamo diventati ottimi amici quando sono arrivato a Chicago. Stava pensando a un progetto sulla musica classica tedesca e francese con un organico di fisarmonica, clarinetto e contrabbasso, cosa che non è andata in porto, ma che non ci ha impedito di continuare a collaborare. Poi vengono fuori queste sue canzoni e mi hanno colpito moltissimo: in quel periodo stavo suonando molto in ambito avant, ma mi piaceva il modo in cui cantava e ti raccontava una canzone ed è stato quasi naturale, oltre che davvero bello, iniziare a improvvisare con lei.

Può forse sembrare difficile armonizzare proposte sonore così distanti, ma credo che alla fine sia un po’ la stessa cosa, si tratta di vibrazioni. Gli stili sono solo dei punti di riferimento e suonare in un determinato stile è un modo di pensare, così come d’altronde la musica viene apprezzata solo da chi ne ha il desiderio.

AAJ: I tuoi prossimi progetti?

J.A.: Direi che l’idea base è quella che le cose continuino a andare come ora! Con il trio A Cuchicle, che condivido con Jeff Parker e Noritaka Tanaka, realizzeremo un singolo audio/video per la Ropeadope, ma sto lavorando anche, come ti dicevo, ai dischi di Joy Mega, Daydream Full Lifestyles e del duo Lay All Over It, che spero siano pronti per il 2009. Mi sono trasferito a New York da poco e ci sono un sacco di cose che mi interessano e che sto incominciando a sondare, ad esempio riprendere regolarmente a suonare con Matt Bauder, con cui collaboravo anche a Chicago.

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