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George Cables
ByUn concerto altamente istruttivo per capire perché Cables abbia già lasciato una traccia indelebile nel jazz, attraverso memorabili incisioni live con Art Pepper e Dexter Gordon. Colpisce di lui innanzi tutto la modestia da sideman, l'attitudine a voler interagire a tutti i costi con la ritmica locale, fino a cedervi un non trascurabile spazio.
Un artista dai grandi mezzi tecnici, rivolto essenzialmente a ricercare il dialogo con compagni di viaggio ed il pubblico. Una sana lezione di misura e understatement, da parte di chi non ha bisogno di atteggiamenti divistici ed inutili gigionismi come strumento di "captatio benevolentiae". Per quello ci pensa una dote che pochi hanno: la leggerezza; la capacità di andare al fondo delle cose con una levità di toni per esaltare la maestria tecnica. Una espressività calda e vibrante, di grande drive ritmico, fraseggi postboppistici nervosi, ma allo steso tempo incredibilmente raffinati.
Cosa contraddistingue il sessantacinquenne pianista statunitense? Oltre a quanto detto, un tocco secco ed asciutto, sinuoso e flessibile dalla voce ben definita. Una cifra autenticamente profonda ed emozionante in questa ora e mezza di vibrante jazz. Una quintessenza della raffinatezza armonica e della tecnica sopraffina, non gridata solo sussurrata.
Dalla sua parte, il piacere di donarsi al pubblico senza tanti fronzoli.La sua è una musica che va dritta al cuore perché racconta non solo note ma anche storie. Cables ha la capacità di riassumere nei concerti la formula magica del jazz: comunicativa, swing, emozioni racchiuse nell'attimo irripetibile di aforistici giochi solistici ed anche d'insieme.
Al suo fianco una empatica ritmica locale, costituita dal notevole Giuseppe Costa al contrabbasso ed il promettente Fabrizio Giambanco.
Foto di Tom Beetz
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