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Gabriele Coen: Incontro con Leonard Bernstein in chiave Jazz

Gabriele Coen: Incontro con Leonard Bernstein in chiave Jazz
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Il mondo espressivo di Bernstein rappresenta un faro per me
Parlando del padre Leonard Bernstein la figlia Jamie in un occassione disse "Ogni anno la sua musica sembra sempre essere migliore, forse il suo momento arriverà, dopo tutto." In effetti la modernità delle composizioni è una delle caratteristiche che hanno reso la musica del grande direttore d'orchestra parte del patrimonio artistico del '900 tanto da risultare a cento anni dalla sua nascita ancora attuale. Emblema di tale assunto è "West Side Story" nel quale si vanno a definire i prodromi di quel genere di musical teatrale in cui convergono composizioni orchestrali curate nei minimi particolari e presa di coscienza verso tematiche sociali e razziali. Un impegno civile e politico presente anche nella vita privata di Leonard Bernstein da rincodurre, tra le altre cose, al fatto di essere figlio di immigrati ebrei polacchi. Un retaggio culturale presente in opere meno conosciute come per esempio Chichester Psalm o nella sinfonia n.3 di "Kaddish" basata su una preghiera della liturgia ebraica. Ed è proprio da qui che il nasce il tributo del sassofonista Gabriele Coen, tra i più apprezzati del panorama jazz italiano, a Leonard Bernstein.

Già dagli anni '90 con i KlezRoym e in seguito con il progetto Gabriele Coen Jewish Experience il sassofonista si è dedicato alla riscoperta e attualizzazione in chiave jazz della musica klezmer, yiddish e sefardita. Un viaggio che dà l'opportunità all'ascoltatore di entrate in contatto con un'eredità culturale determinante per la nascita e lo sviluppo, insieme alla musica africana e classica europea del Jazz.

L'ultimo progetto che Gabriele Coen sta portando in concerto con il suo quintetto segue la stessa strada relazionandosi alle composizioni di Leonard Bernstein, in particolare quelle di connotazione ebraica, con rispetto, quasi in punta di piedi, ma comunque mantenendo un linguaggio improvvisativo del tutto personale e originale.

All About Jazz: Da dove nasce l'idea di omaggiare la musica di Leonard Bernstein?

Gabriele Coen: Da alcuni anni sono consulente artistico del Festival Jewish Jazz di Bologna, rassegna che ho ideato insieme alla direzione del Museo dal 2010. Ho avuto modo di proporre in questa occasione molti miei progetti originali tra cui degli omaggi che ho fatto con il mio nuovo quintetto a grandi autori di origine ebraica. Ho presentato infatti l'omaggio a John Zorn e quello a Kurt Weill e il trittico si è concluso con Leonard Bernstein, uno dei più grandi musicisti del Novecento, un vero tributo al grande compositore, pianista, direttore d'orchestra e didatta americano. Il progetto è nato nel 2018 con il pretesto del centenario della nascita di Bernstein ma spera di avere naturalmente una diffusione adeguata nei prossimi anni. Sono sempre rimasto affascinato dal musical West Side Story in particolare dai brani ”Maria”, ”Tonight”, ”Somewhere”, e inoltre ho sempre ammirato la sua produzione meno nota e di ispirazione ebraica come ”Ilana the Dreamer”, ”Yigdal” e ”Chichester Psalms”. Grazie anche agli arrangiamenti di Andrea Avena cerchiamo di coniugare con rispetto e ammirazione la musica di Leonard Bernstein con il linguaggio dell'improvvisazione e del jazz contemporaneo.

AAJ: Quali sono i punti di contatto tra la tua visione musicale e quella di Leonard Bernstein?

GC: Di Bernstein amo molto la capacità di camminare lungo i confini di generi musicali diversi, in particolare le regioni che attraversa sono la tradizione lirico-sinfonica, il jazz, la musica etnica (e la musica ebraica spesso) e il musical... quattro territori che riesce a far dialogare con una naturalezza incredibile. In questo incontro simultaneo tra prospettive diverse mi sono sempre riconosciuto e quindi il mondo espressivo di Bernstein rappresenta un faro per me.

AAJ: Quali sono i musicisti che hanno preso parte al progetto?

GC: Al pianoforte ho voluto per questo progetto ambizioso Alessandro Gwis, membro fondatore del gruppo Aires Tango, al violoncello non poteva che esserci Benny Penazzi, attivo sia nella libera improvvisazione jazzistica che nella musica classica e contemporanea. Dalla fine degli anni Ottanta è membro stabile dell'Orchestra Sinfonica dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, formazione con cui ha avuto modo più volte di essere diretto da Leonard Bernstein in persona. Al contrabbasso ho pensato a Danilo Gallo, uno dei musicisti italiani più richiesti nei contesti più disparati, presente in molte formazioni di grande impatto al fianco di Giovanni Falzone, Francesco Bearzatti, Enrico Rava, Mauro Ottolini, Guano Padano. Infine alla batteria mi sono affidato ancora una volta a Zeno De Rossi, uno dei musicisti più versatili del panorama musicale italiano, frequentatore assiduo della scena musicale newyorchese. Gli arrangiamenti dei brani sono stati curati invece da Andrea Avena, didatta, contrabbassista e arrangiatore di altissimo profilo e grande conoscitore dell'universo Bernstein.

AAJ: Il musical West Side Story ha saputo—attraverso l'intrattenimento—affrontare tematiche sociali e razziali, pensi che oggi la musica e in particolare il jazz possa ottenere lo stesso risultato?

GC: La musica riesce sempre ad arrivare dove a volte la politica fallisce e riesce spesso a precorrere i tempi come è successo con il jazz che nasce come musica dell'incontro tra bianco e nero ma anche sintesi di varie identità culturali e musicali tra le quali quella spagnola, francese, cubana, italiana, irlandese, ebraica; in questo senso New Orleans era una città all'avanguardia! Il jazz contemporaneo ormai ci dimostra come la società multietnica sia una realtà consolidata: ognuno porta il proprio contributo creativo traendo spesso ispirazione dalle proprie radici e attualizzandolo attraverso il linguaggio dell'improvvisazione. La società reale ha dei tempi più lunghi ma il processo di assimilazione delle varie identità e culture è irreversibile.

AAJ: Credi che il patrimonio musicale della musica ebraica sia ancora attuale per lo sviluppo del jazz contemporaneo?

GC: Assolutamente si! Secondo me la musica ebraica rappresenta un jazz ante litteram nel senso che essendo una musica diasporica si è sempre mescolata con le realtà musicali e culturali dei paesi in cui erano presenti comunità ebraiche. Si pensi alle due grandi identità musicali ebraiche quella sefardita e quella askhenazita: la musica sefardita, nata in Spagna, ha molte caratteristiche in comune con la musica arabo andalusa e con la musica cattolica medievale mentre la musica klezmer e la canzone yiddish hanno recuperato spesso elementi dell'Europa Centro-orientale.

AAJ: Dobbiamo aspettarci un disco dal progetto che stai portando in scena?

GC: Il disco è praticamente pronto e dovrebbe uscire nelle prossime settimane ancora una volta per l'etichetta Parco della Musica Records con cui ho ormai stabilito un rapporto di grande stima reciproca.

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