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Sabina Meyer: Dare voce all'invisibile
Dare voce all'invisibile -Indagine sull'ineffabile in musica Sabina Meyer
172 Pages
Scienze e Lettere
Questo studio ci ricorda uno dei dialoghi di Platone, il Cratilo. In quel testo Socrate si domanda se il nome costituisca un attributo naturale delle cose o se sia imposto ad esse arbitrariamente dagli uomini. La risposta di Cratilo indica con chiarezza il modo di pensare in una cultura tradizionale: "Credo Socrate che un certo potere, superiore a quello umano, abbia dato i primi nomi agli oggetti."
Qualche secolo prima, in India, in una delle più antiche Upanisad vediche (8°/9° secolo A.C.) si attribuisce a una sillaba mistica, a un suono primordiale, la nascita del Cosmo. A partire da questo concetto, trasversale a numerose tradizioni orientali e occidentali più recenti ("All'inizio fu la Parola e la Parola era presso Dio e la Parola era Dio" si legge nel Vangelo di Giovanni), la cantante e studiosa Sabina Meyer sviluppa una ricerca trasversale, indagando il ruolo della voce umana come espressione di una dimensione ineffabile, inconscia e generalmente sacra per le culture tradizionali. Il suo testo parte indagando le connessioni tra la figura dello sciamano e quella dell'attore nel teatro greco e in quello contemporaneo, si concentra sulla musica e l'arte teatrale indiana e approfondisce il ruolo di altre dimensioni che rivelano "l'essenza dell'invisibile," come la trance di possessione, la schizofrenia, la poesia arcaica, il canto gregoriano e quello chassidico dove il rabbino, lo tzadik (termine non a caso ripreso da John Zorn) accede alla sorgente sacra della musica e porta i fedeli in stretta relazione col divino.
Principali fonti del lavoro della Meyer sono i testi ormai classici di due etnomusicologi: Il Significato della Musica di Marius Schneider (Rusconi, 1970) e Musica e Trance di Gilbert Rouget (Einaudi, 1986). Il primo ha evidenziato gli elementi musicali, strumentali e culturali (magici e simbolici soprattutto) che si pongono alla base di quest'arte; il secondo gli stretti rapporti tra musiche e stati modificati di coscienza, visti in una prospettiva sia storica che transculturale.
Seguendo un'impostazione che ricorda le tesi di laurea, l'autrice opera continue citazioni da questi lavori ormai fuori catalogo, rendendo peraltro un servizio utile al lettore italiano e fornendo un'interessante introduzione a temi ancora per specialisti. Non sono ovviamente gli unici autori: altre citazioni ed esempi sono tratti dall'opera fondamentale di Mircea Eliade Lo sciamanismo e le tecniche dell'estasi (Mediterranee 1988) e dal lavoro di Henri Jeanmaire su Dioniso (Einaudi, 1956).
Più ricca di riflessioni personali è la terza parte, dove la Meyer trova interessanti punti di convergenza tra le figure che "danno voce all'invisibile": l'attore di teatro, lo sciamano, il poeta e il cantore in società arcaiche.
Il testo è ben scritto e si legge con interesse ma ha un limite. Aver totalmente ignorato (perfino nella bibliografia) l'opera di Georges Lapassade, l'etnologo che in anni recenti ha maggiormente condotto ricerche sulle relazioni tra canto, musica e stati modificati di coscienza, fino a spingersi a studiare la trance nelle culture giovanili e il rap, genere dove voce e poesia hanno davvero un ruolo centrale.
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