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Concerto di Diane Schuur
Un cartellone “crossover”, pensato per un pubblico giovane, con ampi sconfinamenti di genere tra blues, soul e fusion. È questo il filo conduttore della rassegna “Jazz al Metropolitan”, giunta quest’anno alla quinta edizione. Ed ancora la magia del tango, nella performance (31 gennaio) dell’Hyperion Tango Quintet; un felice connubio tra ballo e musica, per tessere sinesteticamente la storia novecentesca di Buenos Aires.
E poi c’è il jazz di qualità, con i concerti più attesi: il duo (11 gennaio) Cafiso/Arrighini e soprattutto Diane Schuur, esibitasi l’otto febbraio con il suo quartetto. Un memorabile ritorno a Palermo, quello della vocalist statunitense, grazie ad una prova generosa (2 ore di concerto) e di altissimo livello.
Il che non è una novità per un’artista tra le più complete sulla scena musicale; una vocalist duttile che proprio nella dimensione concertistica dà il meglio di sé, riscattando così un cursus discografico non sempre all’altezza delle sue potenzialità.
Ne è discesa un’ esaltante esplorazione a 360 gradi del songbook statunitense, condotta all’insegna della pronuncia e del timing jazzistici. Niente, quindi, inutili concessioni pop, soul e funky per concentrarsi unicamente sullo swing e le sue dinamiche. La voce calda e fluida è quella di sempre; mobile e rotonda, al servizio di una vibrante espressività ricca di pathos.
In un panorama vocale non certo esaltante quale è quello contemporaneo, tanto più prepotentemente emerge la sua immensa classe nel padroneggiare diversi stili e climi espressivi: lo swing; la ballad, la condotta più agile ritmicamente.
Strepitosa è stata la versione jazzata di un celebre tema (“As”) di S. Wonder, riletto creativamente insieme a tanti altri evergreen, dall’alto di una superba condotta vocale in chiave scat. Da “Deedles’ Blues” a “It Don’t Mean A Thing”, sono tutti brani tratti dalla sua più recente incisione discografica (“Live In London”), la seconda dal vivo in vent’anni di carriera.
L’autorevolezza è tale e tanta da conferire ai vari brani (anche a quelli meno belli) quel tocco personale ed inconfondibile, che solo i grandi artisti riescono a donare. Due ore, quindi, di superba musica, per la gioia di un pubblico accorso numeroso.
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