Noah Preminger: Ballads

Il ritorno a casa. Col suo bellissimo suono di tenore, Noah Preminger inanella in meno di trentotto minuti sette sue composizioni ispirate—anzi totalmente concepite—nel segno del titolo, molto semplicemente Ballads. E qui naturalmente si apre la querelle: i tradizionalisti andranno in brodo di giuggiole (evocando magari l'omonimo album di John Coltrane), perché il disco è assolutamente perfetto (o lì nei pressi), altri—come chi scrive—conoscendo, e apprezzando, la curiosità creativa del trentottenne sassofonista del Connecticut, la sua capacità di mettere il suono di cui sopra, la naturale quadratura che gli appartiene, al servizio di una musica che sappia andare oltre strutture e idiomi fin troppo consolidati (e quindi prevedibili), penseranno che si tratti di un episodio, bello rotondo ma—confidiamo—transitorio.

Perché ovviamente l'artista (nella più ampia accezione del termine e quindi della disciplina praticata) è libero di fare le proprie scelte indipendentemente dalle aspettative di chi poi fruirà della sua opera, e quindi—nello specifico—di compiere il ritorno a caso di cui dicevamo all'inizio, di prendersi un giorno di libertà (in questo caso il 18 settembre 2024), ma poi, se, come nel caso di Preminger, ha dimostrato di averne le capacità, è quanto mai opportuno che riprenda a remare in avanti.

Dopo l'ascolto di un disco certamente appagante—e rassicurante—è quanto gli (e ci) auguriamo.

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