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Aruan Ortiz al Pinocchio Jazz, Firenze

Aruan Ortiz al Pinocchio Jazz, Firenze

Courtesy Annamaria Lucchetti

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Aruán Ortiz
Pinocchio Live Jazz
Firenze
22 marzo 2025

Tra i non molti ospiti stranieri di un programma che anche quest'anno ha comunque regalato tantissimi momenti di grande musica, si è esibito sul palco del Pinocchio Live Jazz, per un recital in solitudine, il pianista cubano da anni residente a New York Aruán Ortiz. Per l'artista si trattava di un ritorno, avendo suonato tre anni fa nello stesso luogo in duo con il clarinettista e sassofonista Don Byron (clicca qui per leggere la recensione), lasciando uno splendido ricordo che questo nuovo concerto ha più che confermato.

Il programma prevedeva brani di pugno del pianista, ma anche classici —tra i quali facevano la parte del leone composizioni di Thelonious Monk e quelle di Duke Ellington —alternate tanto nella sequenza, quanto nelle forme interpretative. Queste —come suggeriva il titolo della performance, "Cub(an)ism" —erano in larga prevalenza studi sulla struttura dei brani che prevedevano una loro scomposizione e parcellizazione in cellule, talvolta separate l'una dall'altra da insistite pause, talaltra rimontate con un forte incedere ritmico, ogni volta comunque trasfigurandone la foggia originaria fino a rendere difficile il riconoscimento del brano.

L'abilità di Ortiz nello sviluppare un tale lavoro alla tastiera è parsa stupefacente: non solo per il controllo dei tempi e delle pause, ma anche per l'espressività degli effetti percussivi, per il continuo alternarsi del lavoro sugli estremi della tastiera con entrambe le mani, per la capacità di estrarre dalla cassa del piano sonorità roboanti e inattese. Un'abilità che è stata esaltata dall'inserimento, qua e là nel corso della serata, di brani interpretati in modo decisamente molto diverso: più "classico," misurando con attenzione il tocco sui tasti, senza "effetti speciali" o dissonanze, ma invece aprendo a una narrazione lirica, quasi malinconica, senza tuttavia rinunciare all'asciuttezza del suono e a una certa dose di astrattezza, in questi casi affidata soprattutto a un effetto di attesa e sospensione.

Un concerto molto bello, forse non facilissimo, ma che il pubblico è parso apprezzare egualmente molto, non foss'altro che per la palpabile sensazione di essere di fronte ad un artista di grande originalità, con una poetica unica, creata certo a partire da modelli e stilemi appresi, ma giunta ormai a una tale maturità da non ricordare più nessuno di essi. Che per un musicista jazz è, in buona sostanza, l'obiettivo da raggiungere. Chapeau!

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