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Another Timbre: sperimentatori sui margini del silenzio – intervista a Simon Reynell
È la Another Timbre, guidata da Simon Reynell: singolare figura di appassionato e professionista, Reynell si divide tra il lavoro di fonico per documentari televisivi e quello di produttore, intrapreso dopo avere ereditato una piccola somma da una zia. Dopo una performance di John Butcher al Festival di Huddersfield, Reynell ha avviato la sua personale ricognizione su disco di quanto di più interessante brulica nei prati sonori della ricerca lower case.
Tra i lavori prodotti negli scorsi mesi [ma il catalogo si è recentemente arricchito e l'invito è a seguirlo sul sito dell'etichetta] si segnalano certamente tra i più interessanti la splendida resa di Four4 di John Cage per quattro percussioni e il duo [Horsky Park è il titolo] tra il violino di Tiziana Bertoncini e il sintetizzatore analogico di Thomas Lehn.
Nell'ambito dei duetti, assolutamente da esplorare sono quello tra Angharad Davies [violino] e Axel Dörner [tromba] e quello tra Lucio Capece [clarone, sax soprano e varie preparazioni] e la trombettista Birgit Uhler, entrambi all'insegna di una incessante ridefinizione delle molecole sonore di ogni respiro.
Speciale è certamente Wunderkammern, triangolo che unisce le mai sopite arditezze sperimentali di Rhodri Davies [arpa e non solo], Lee Patterson e David Toop [questi ultimi impegnati tra elettronica e strumenti vari]: in questo lavoro i tre musicisti riescono a tessere una tela ipnotica che lentamente intrappola piccoli oggetti sonori a tentare un affresco d'inquieta incompletezza.
Incantevole anche il dialogo tra i flauti bassi e la tuba micro tonale di Robin Howard, registrati nella basilica di San Domenico a Arezzo [intitolato infatti Nella Basilica], vero e proprio viaggio tra sussulti e voci di consistenza quasi ultraterrena. E Arena Ladridos, che vede impegnati Bhob Rainey al soprano, Bonnie Jones all'elettronica e Chris Cogburn alle percussioni, paesaggio che muta e ribolle senza sosta.
Abbiamo pensato di conoscere meglio il lavoro di Reynell e il suo pensiero:
AAJ: Spesso i lettori si chiedono quale sia il modo migliore per approcciare linguaggi sonori come quelli che la Another Timbre supporta. Non sempre il critico ha la risposta pronta a questo proposito. Personalmente mi sembra a volte che l'attenzione che queste musiche richiedono sia più vicina all'approccio che si ha con le arti visive che non alle modalità abituali di ascolto della musica, ma so che molti artisti non concordano con questa riflessione.
Simon Reynell: Non credo che ascoltare i dischi della Another Timbre sia differente dall'ascoltare altri tipi di musica. Certo, è musica che ti dà molto se tu le dai la giusta attenzione e come sottofondo mentre si fanno altre cose non funziona. Ma ho anche il sospetto che gli appassionati di altri tipi di musica direbbero lo stesso per quanto riguarda quello che amano! Continuo a opporre una strenua resistenza all'idea che la musica "sperimentale" (in attesa di termini più efficaci) sia in qualche modo "migliore" di altri tipi di musica: qualcuno la apprezza, moltissimi no, ma non ne faccio una questione di meglio o peggio con altri generi.
Il gusto musicale è puramente soggettivo e nessuno è migliore di altri per la musica che sceglie di ascoltare. Sfortunatamente nella società si creano rapidamente atteggiamenti elitisti o snob in qualsiasi area del gusto (musica, arte, cibo, vestiti), ma lo trovo un gioco un po' triste che serve solo a rassicurare le persone di essere meglio dei loro concittadini.
So bene che c'è chi ama la musica sperimentale e crede che il resto del mondo che non la apprezza sia popolato di stupidi e rozzi, ma la trovo una sciocchezza che non sottoscrivo.
AAJ: Cosa pensi dell'inadeguatezza della maggior parte degli impianti d'ascolto casalinghi (spesso di scarsa qualità o inseriti in ambienti rumorosi) per queste musiche o della mancanza di spazi performativi adatti?
S.R.: Sulle condizioni d'ascolto della musica, le cose stanno cambiando e in una direzione che mi preoccupa abbastanza: fino a non molto tempo fa era normale che in ogni casa ci fosse un impianto stereo con CD abbastanza decente, ma le mode cambiano e ora molti ascoltano la musica con lettori mp3 o direttamente dai loro portatili, che non sono solitamente collegati a casse decenti. La generazione di mia figlia poi ascolta esclusivamente file mp3 da fonti tremende come miniamplificatori o telefoni cellulari. E non c'è dubbio che molta della musica che amo non si possa ascoltare in queste condizioni, tanto che qualche disco non si sentirebbe proprio!
Lo trovo un po' deprimente, perché il progresso tecnologico avrebbe dovuto farci ascoltare la musica in condizioni migliori rispetto al CD (ad esempio con maggiore qualità della registrazione o della diffusione), ma la realtà è che un concentrato di convenienza, marketing e moda ha portato la maggior parte delle persone a ascoltare musica con pessimi mezzi.
Non vedo come si possa di conseguenza sviluppare un gusto per la musica lower case improvvisata o composta (ad esempio Michael Pisaro o Morton Feldman) se la sia ascolta esclusivamente in mp3 da un telefonino.
Per quanto riguarda poi le condizioni performative, credo che in questo ambito la musica improvvisata sia più fortunata perché è nella sua natura l'adattamento ai diversi ambienti e spazi. Non sempre hai bisogno di una sala da concerto con un'acustica pazzesca e se ci sono rumori esterni o difficoltà legate allo spazio, si tratta di fattori che possono entrare a far parte della performance e la musica può svilupparsi a partire da questo.
Ciò detto, certamente non valgono le equazioni più rumoroso è meglio o peggio è l'acustica meglio è, ma spazi performativi strani sono un problema minore per la musica improvvisata che per altri generi (e questo è anche un bene nel senso che sono perfette per il numero ristretto di appassionati che attirano).
Le persone che si muovono nell'ambito dell'improvvisazione sono molto fantasiose per quanto riguarda gli spazi performativi e l'adattabilità a quello che è disponibile o affrontabile economicamente: quest'anno ho ascoltato concerti in gallerie d'arte, chiese, appartamenti privati, sale prova, caffè. Questo tipo di spazi possono spesso contenere solo poche persone, ma questo accresce il senso di intimità e di attenzione per la musica: è un privilegio poter stare a stretto contatto con i musicisti mentre performano, tanto che quando mi è capitato di ascoltare musica improvvisata in grandi sale da concerto, l'ho trovato strano, con i musicisti distanti e, nel caso di pubblico numeroso, con dinamiche più da stadio che da concerto. Ciò non toglie che sarebbe bello per tanti motivi - non solo economici - che il pubblico per la musica improvvisata fosse più ampio, ma forse si perderebbe qualcosa, come la magia dell'intimità e della vicinanza fisica, tanto che alcuni dei miei concerti preferiti avevano un pubblico di dieci, venti persone al massimo.
AAJ: So che la tua formazione è più vicina alla contemporanea che al jazz e mi piacerebbe chiederti qualcosa sul fatto che l'improvvisazione sia ancora così bistrattata nel mondo della cosiddetta "classica contemporanea". Che futuro per questi due mondi? Riusciranno mai a congiungere i pezzi dei loro cuori infranti in qualcosa di nuovo o credi che le economie e gli interessi accademici dietro molta produzione contemporanea continueranno a prevalere?
S.R.: Non sono proprio così pessimista come la tua domanda porterebbe a credere. Penso che nell'ultimo decennio i due mondi dell'improvvisazione e della classica contemporanea si siano molto avvicinati. In qualche misura ci saranno sempre tradizioni separate ben riconoscibili, ma stanno crescendo gli scambi fecondi e gli incroci tra le due. Molti dei compositori contemporanei che preferisco, James Saunders, Michael Pisaro, Antoine Beuger, Frank Denyer, Christian Wolff, sono molto consapevoli degli sviluppi della musica improvvisata. Il nuovo secolo ha portato con sé una svolta verso il silenzio e un nuovo stile performativo nella musica improvvisata, che ha spostato la musica di molti artisti lontano dallo stile saturo, virtuosistico e di derivazione prevalentemente jazzistica che era quello dominante. Questi sviluppi mi ha molto stimolato e sono fortemente associati con alcune evoluzioni della classica contemporanea. Molti improvvisatori hanno trovato interesse nel lavoro di compositori che possono approssimativamente venire inclusi nell'ala post-cageana della contemporanea e alcuni di loro ora compongono o lavorano intensamente come esecutori di partiture aperte allo stesso modo in cui si approcciano all'improvvisazione pura.
Trovo davvero benvenuti questi sviluppi e molta della musica che più mi piace è situata in una terra di nessuno tra l'improvvisazione post-riduzionista e la classica contemporanea.
Ho la fortuna di vivere vicino a Huddersfield, che ospita uno dei principali festival europei di musica contemporanea e attualmente ci sono molti concerti del programma che includono improvvisazioni o brani ibridi che utilizzano l'improvvisazione in qualche forma. Credo che le due tradizioni siano vicine come mai prima d'ora.
AAJ: Parliamo ora di downloading e file-sharing. Le pagine di The Wire hanno ospitato un animato dibattito sulla crisi del disco e i cambiamenti epocali che internet e la possibilità di scaricare musica hanno portato nel modo in cui le persone si interfacciano con la musica. Ho visto che nel sito della Another Timbre ci sono dei samples gratuiti, qual è la tua posizione?
S.R.: Il downloading e file-sharing sono una realtà e, che piaccia o no, saranno sempre più presenti nei prossimi anni. Questo ovviamente rappresenta per etichette di CD come la Another Timbre un vero problema. Dato poi il numero ristretto di ascoltatori per la musica sperimentale, è molto difficile riuscire a sopravvivere per etichette come la mia, specie se aumenteranno gli ascoltatori che scaricano gratuitamente le nostre produzioni invece di comprare i CD.
Sembra che sempre più persone ritengano di potere avere accesso alla musica senza pagare, trend che ritengo deplorevole, ma che temo sia inarrestabile. Per quanto mi riguarda preferisco il CD ai file mp3 e mi rattrista la preannunciata scomparsa del CD, ma la vedo inevitabile a medio termine. Negli ultimi mesi ho pensato molto a come far fronte a queste sfide: come supportare al meglio con la Another Timbre la musica che amo nell'era della distribuzione digitale?
Ci sono alcune cose per cui il CD è ancora molto utile ai musicisti: un disco genera recensioni e un certo interesse, facendo circolare i nomi dei musicisti e aumentando la loro riconoscibilità. Inoltre, nonostante gli improvvisatori solitamente non vengano pagati per la musica che registrano, ricevono un numero di copie del disco che vendono ai concerti. Quando invece un pezzo è disponibile per lo scaricamento presso una net-label, il musicista non ha molto da far vedere e raramente il downloading genera grande attenzione. C'è già così tanta musica in circolazione sul web che difficilmente qualcosa potrà attirare l'attenzione della gente.
Ho cercato di pensare come la Another Timbre possa tener conto del fatto che la distribuzione digitale è ormai primaria, ma al tempo stesso mantenere i vantaggi che i CD offrono ai musicisti sperimentali. Sto sviluppando una strategia a questo proposito, ma i dettagli non sono ancora completamente a fuoco e quindi non posso ancora anticiparteli. Basti però dire che parte della strategia avrà a che fare con molti più downloads (di alta qualità, non mp3) sul nostro sito.
AAJ: Passando alle produzioni della Another Timbre, sto ascoltando molto Four4 di John Cage. Ci puoi raccontare qualcosa di più di questo disco e del tuo rapporto con Cage? Come sono stati scelti gli strumenti?
S.R.: Cage è certamente una figura centrale per me, specialmente in relazione a quanto dicevamo prima sul rapporto tra improvvisazione e contemporanea. Il modo in cui ha sviluppato il lavoro sull'indeterminatezza per dare all'esecutore un ruolo creativo nella realizzazione dei suoi pezzi è per me cruciale e esemplare. Nonostante Cage non amasse il termine "improvvisazione," nella pratica la sua musica è stata una delle prime a concedere spazio per una certa modalità di pratica improvvisativa, sebbene disciplinata. Mi hanno attirato sia la sua musica che il suo pensiero sin da quando li ho incontrati negli anni Settanta e di conseguenza quando ho fondato l'etichetta cinque anni fa era inevitabile che avrei cercato nuovi modi di (re)interpretare alcuni suoi lavori usando musicisti con un background nell'improvvisazione.
C'erano già un paio di ottime versioni di Four4 disponibili su disco, ma mi sembrava che fosse interessante proporre una nuova versione con improvvisatori: così ho pensato a quattro musicisti, Mark Wastell, Lee Patterson, Chris Burn e Simon Allen che pensavo avrebbero accettato, rispettato la struttura e la disciplina della partitura e al tempo stesso aggiunto qualcosa di nuovo. La scelta degli strumenti l'ho lasciata a loro, anche se ho detto a Lee di selezionare dai suoni con cui lavora quelli di natura percussiva (anche se alcuni quasi inudibili senza amplificazione e a molti sembreranno solo electronics. Lo stesso con Chris: gli ho chiesto di usare il piano in modo percussivo perché ero certo che nessun altro lo avrebbe interpretato così. E mi ha fatto molto piacere che molti strumenti scelti da Simon siano stati scelti dalla sua collezione di strumenti auto costruiti.
Sono contentissimo di come è venuto fuori: ha avuto stranamente poche recensioni, ma ne abbiamo vendute parecchie copie e ho avuto un sacco di riscontri di acquirenti che vengono sia dalla classica che dall'improvvisazione. È un ottimo esempio di disco che non avrebbe alcun senso ascoltare in mp3 sul computer: a parte i lunghi silenzi, il dettaglio delle tessiture sonore è quello che rende la musica così forte e non c'è modo di renderlo nelle casse gracchianti del cellulare di mia figlia.
AAJ: Parliamo di "quote rosa": è interessante che in un ambiente storicamente molto maschile ci siano sempre più improvvisatrici come Angharad Davies, Tiziana Bertoncini, Bonnie Jones, Birgit Ulher, Sophie Agnel, Andrea Neumann ... Cosa pensi delle energie femminili nella musica improvvisata?
S.R.: Beh, probabilmente non è indifferente che negli ultimi trentacinque anni io abbia vissuto con una femminista vecchio stampo, che mi tiene sempre all'erta quando si tratta di argomenti legati al genere. Credo di avere in un certo senso condotto una campagna di "discriminazione positiva" con l'etichetta: i dischi escono solitamente a gruppi di quattro o cinque e a ogni uscita faccio in modo che almeno un paio di musiciste siano nel gruppo. Ovviamente non comprometterei la qualità di un disco solo per includere per forza una musicista, ma ci sono in giro così tante eccellenti improvvisatrici che non c'è bisogno di alcun compromesso.
Questo in modo speciale nell'improvvisazione ultrasilenziosa che prediligo, ma chiaramente sarebbe stupido generalizzare o dedurne che le donne siano "naturalmente" portate a un certo stile, perché ci sono altrettante ottime musiciste che usano linguaggi più intensi o di derivazione jazz. È certo che quasi tutte le scene musicali sono dominate dagli uomini da un punto di vista strettamente statistico, ma non credo che ci sia alcuna preclusione per le improvvisatrici, specialmente in città come Berlino o Londra ed è naturale che il numero delle artiste stia crescendo, come testimonia l'etichetta, per cui devo ancora pubblicare qualcosa con musiciste come Jennifer Allum, Anne Guthrie, Angelica Castillo, Vanessa Rossetto, Eva Reiter, Cat Lamb, o Sabine Vogel.
AAJ: Tre dischi di altre etichette che avresti volute produrre?
S.R.:
(a) Motubachii del duo Annette Krebs e Taku Unami, pubblicato dalla Erstwhile. È uno dei miei dischi preferiti degli ultimi anni e uno di quei lavori che ti dà la sensazione di aprire nuove possibilità espressive. Entrambi i musicisti sono sempre alla ricerca di allargare i confini e sfidare le convenzioni della tradizione dell'avanguardia con modalità che mi fanno spesso sentire a disagio. Non sempre mi piacciono gli esiti delle loro esplorazioni, specialmente quelle di Unami che trovo talvolta noiose, ma sono davvero dei musicisti sperimentali nel miglior senso del termine. Motubachii è un disco che combina questa incessante e impegnativa sperimentazione con una bellezza musicale semplice e misteriosa. Non mi sarebbe probabilmente venuto in mente di chiedere loro di collaborare - e sono sicuro che nessuno potesse prevedere l'esito dell'incontro - ma va dato atto a Jon Abbey della Erstwhile di avere avuto questa intuizione.
(b) Un po' barando direi "qualsiasi disco con Hugh Davies". È un artista unico, un musicista originalissimo e irresistibile. Ha lavorato con Stockhausen alla metà degli anni Sessanta (il periodo più interessante del compositore tedesco, per me) ed è poi diventato un esploratore sonoro singolare, uno che progetta e costruisce i propri strumenti e che ha condiviso gli albori della libera improvvisazione con gente tipo Derek Bailey e Evan Parker. Purtroppo è morto di cancro un paio di anni prima che io fondassi la Another Timbre e così non ho mai potuto produrne un disco, ma le poche registrazioni che si trovano della sua musica sono affascinanti e credo che avrei adorato produrre qualsiasi cosa con lui (anche se so che la sua originalità lo rendeva una persona non facile da trattare, quindi magari la cosa sarebbe stata meno meravigliosa di quanto immagino).
(c) Christian Wolff - Compositions 1950/1972, un recente doppio della eccellente etichetta Edition RZ. Sono un po' geloso di questo, perché avrei dovuto pensarci io stesso, dal momento che ho sempre ritenuto che quell'arco di tempo sia il più interessante nel lavoro di Wolff. Molte performance di questi dischi sono esemplari e poche invece, a mio parere, non lo sono per nulla e se avessi prodotto io il disco, sento che sarei forse riuscito a fare meglio.
AAJ: Tre giovani sperimentatori sonori su cui scommettere?
S.R.: Ne dirò quattro! Due dal mondo dell'improvvisazione e due dalla contemporanea, per non scontentare nessuno.
Patrick Farmer è un giovanissimo musicista inglese che sta attraversando una fase di grande produttività: ha incominciato come percussionista e improvvisatore, ma ora lavora anche come interprete e compositore di partiture aperte e suona una grande varietà di oggetti e strumenti. La cosa che colpisce è che non puoi mai sapere cosa accadrà in una sua performance.
Dominic Lash, anche lui è inglese, anche lui improvvisatore e bassista, suona sia in ambito minimalista che jazzistico: a me interessa molto il primo di questi due aspetti, ma sono contento che la sua musica attraversi molte aree e che si stia facendo un nome.
Cat Lamb, è una violinista e compositrice americana che ha studiato in California con Michael Pisaro, ma che ha trovato presto la sua propria voce. Non credo ci siano dischi di suoi lavori, ma le cose presto cambieranno perché scrive musica bellissima.
Osvaldo Coluccino, poeta e compositore autodidatta italiano, sta ottenendo molta attenzione sia nella musica strumentale che elettronica. Preferisco la prima, specialmente i suoi bellissimi e minimali lavori da camera, che si trovano anche su disco. Con la Another Timbre ha appena pubblicato Atto, un lavoro un po' anomalo, senza strumenti, focalizzato solo su oggetti sonori di uso quotidiano, registrati e riprocessati con semplicità.
AAJ: A proposito di prossimi progetti, cos'altro bolle in pentola alla Another Timbre?
S.R.: Come dicevo prima, sto ripensando molto le modalità produttive e distributive e questo riguarda in parte il downloading e in parte l'esplorazione di angoli ancora più oscuri della musica sperimentale. Con la produzione materiale dei CD c'è comunque l'obbiettivo di venderne almeno quanti servono per ripagare il lavoro e questo in un certo senso spinge a lavorare con nomi "conosciuti" e quindi "vendibili" nell'ambiente. Nell'era della distribuzione digitale la cosa diventa meno essenziale perché non devi investire il denaro per pubblicare quei 500 CD e quindi sarà più facile pubblicare musica di artisti davvero sconosciuti senza rischio finanziario o perlomeno così spero.
Le uscite più recenti includono compositori poco noti come James Saunders e Annet Nemeth e mi piacerebbe dedicare più spazio a figure marginali come loro. Adoro il disco di Saunders e credo sia una delle cose più interessanti uscite in assoluto nel 2011, per il senso di innovazione che trasmette. Non sta vendendo tantissimo, ovviamente, ma io ci credo molto.
Questi cambiamenti saranno messi in atto quest'anno nel frattempo sono appena usciti un disco del trio berlinese composto da Annette Krebs, Anthea Caddy e Magda Mayas, un concerto del duo di elettronica viennese Taus (Tim Blechmann & Klaus Filip), un ensemble di otto elementi impegnato nell'interpretazione di una lunga piece semi-composta del pianista svedese Magnus Granberg (una cosa che sembra un po' un Morton Feldman liquefatto) e il disco di Coluccino di cui accennavo prima.
Quest'anno voglio anche realizzare qualche disco che testimoni la straordinaria scena berlinese, dove risiedono molti dei miei musicisti preferiti, e sto anche raccogliendo le registrazioni per una serie dal titolo Wandelweiser und so weiter che sarà dedicate ai compositori che gravitano nel e attorno all'importante Wandelweiser Collective.
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