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Al Maslakh: nel mattatoio libanese la libertà dell'improvvisazione
significato letterale, "il mattatoio", rende bene l'idea di come per Kerbaj il rapporto con la violenza dei suoni non si sia mai pacificato [anche le più recenti vicende di guerra nel paese, che Kerbaj ha testimoniato con il suo blog, lo testimoniano].
Affascinato dalla musica improvvisata europea e poi americana, Kerbaj è un trombettista il cui linguaggio si può avvicinare a quello di altri sperimentatori dello strumento come Franz Hautzinger, Axel Dörner o Greg Kelley; grazie alla tenace intensità di musicista e di operatore, Kerbaj, il festival Irtjal e la Al Maslakh hanno catalizzato le forze dei pochi [ma ottimi] improvvisatori del paese - Sharif e Christine Sehnaoui in primis - e attirato l'attenzione di molti musicisti della scena europea e americana, che hanno incominciato a esibirsi a Beirut e a scambiare idee e musica.
Nel catalogo dell'etichetta troviamo infatti, accanto ai nomi di Kerbaj e soci, artisti che vanno da Peter Brötzmann a Ingar Zach, da Gene Coleman a Micheal Zerang, innescando una feconda condivisione di idee e suoni. Kerbaj è stato protagonista solitario del primo disco pubblicato dall'etichetta libanese, Brt Vrt Zrt Krt, così come di quello del quartetto Rouba315, che lo vede a fianco dei due Sehnaoui e di Ingar Zach.
Certamente il disco che ha, inevitabilmente, destato per primo l'attenzione del pubblico e della stampa europea è Live In Beirut, pubblicato nel 2005, testimonianza dello splendido concerto tenuto nel luglio di quell'anno al Festival Irtjal da Peter Brötzmann e Micheal Zerang.
Già compagni d'avventura nel tentetto del sassofonista tedesco e nel quartetto con Joe McPhee e Kent Kessler che ha pubblicato per la Hatology lo splendido Tales Out of Time, Brötzmann e Zerang formano un duo che potremmo definire "ideale", le cui caratteristiche lessicali permettono - pur nella evidente direzione espressiva - differenti combinazioni.
Anche in questo concerto, che deve avere destato notevole impressione nel pubblico libanese, la magia non fatica ad accendersi: l'urlo torrenziale del tenore di Brötzmann caratterizza la prima parte di "Illusion of Progress", splendidamente assecondato dal drumming del compagno, esemplare nell'alternare la disarticolazione alla pulsazione più incisiva. Dalla lunga improvvisazione emerge a un certo punto il tema di "Master of a Small House", tema che Brötzmann ha dedicato al compianto contrabbassista Fred Hopkins e che si può ascoltare anche nel già citato Tales Out of Time, a testimonianza del grande lirismo che anche un gesto sonoro radicale come quello del musicista tedesco può contenere.
"Yalla Kholoud", giocata sulla dialettica tra il tarogato e la darbuka, il classico tamburo diffuso in tutto il Mediterraneo e nelle regioni mediorientali, segna quasi simbolicamente un gesto di apertura nei confronti dell'audience libanese, un momento di condivisione condotto con grande sensibilità e rispetto dai due musicisti. Solo così la rabbia, quella di un Brötzmann la cui storia sonora nasce dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, può essere percepita da una scena musicale che vive ancora tra le macerie e che attraverso l'espressione sonora più radicale [e quindi paradossalmente la più lontana culturalmente] riesce a esprimere analoga intensità di comunicazione: non a caso "A Daytime Nightmare", con la sua convulsione che gli appassionati di libera improvvisazione europea hanno ormai metabolizzato, suona dopo "Yalla Kholoud" come un invito all'urlo collettivo.
La più breve "Banyan Revolution", clarinetto e percussioni, chiude in modo quasi spettrale e vaporoso il concerto, consegnando agli ascoltatori uno dei documenti più vividi della recente produzione di Brötzmann, che porta l'esperienza del duo - naturale pensare a quello "storico" con Han Bennink - in un nuovo orizzonte di riferimento.
Dopo due dischi dedicati rispettivamente al duo fra il clarinettista Gene Coleman e il contrabbassista Raed Yassin [The Adventures of Nabil Fawzi] e a quello fra il sax soprano di Tom Chant e la chitarra acustica di Sharif Sehnaoui [Cloister], molto interessanti sono le due uscite più recenti, Cedarhead e Mawja-Studio One.
Sotto la sigla Cedarhead troviamo nuovamente Micheal Zerang in una stimolante serie di duetti: tornato nuovamente a Beirut per l'edizione 2006 del festival Irtjal, il batterista ha incrociato poi le armi con alcuni improvvisatori libanesi, per alcune sedute di registrazione che - al di là dell'esito espressivo - sono estremamente significative del desiderio di condividere i linguaggi sonori. Non potevano ovviamente non essere coinvolti lo stesso Mazen Kerbaj, i due Sehnaoui, Raed Yassin [qui all'elettronica], ma anche Charbel Haber alla chitarra, Jassem Hindi all'elettronica e Bechir Saadé al nay.
Ne viene fuori un affresco davvero composito, fatto di acuminate esplorazioni, di sogni lo-fi mediorientali [splendido il brano con Yassin], di tradizioni destrutturate e di preziose scorticature timbriche [il lavoro con Charbel Haber], nella direzione di una musica improvvisata che se per molti aspetti si può inquadrare nel solco di una ricerca che in Europa e Usa ha già fissato da tempo ipotesi per un vocabolario mutante, diventa una inevitabile pietra angolare per la scena libanese.
A testimonianza della mobilità di questa liaison tra Libano e Usa, nel settembre del 2005 Kerbaj ha registrato a New York e Chicago due sessions con Michael Bullock e Vic Rawlings, formalmente contrabbassista e violoncellista, ma entrambi impegnati anche all'elettronica. Il trio, documentato su Mawja-Studio One, è protagonista di sei improvvisazioni in cui il trattamento del suono è particolarmente radicale, riduzionista, con gli strumenti che sono quasi sempre irriconoscibili e privati della loro identità sonora per assumerne di fantasmatiche, sussurrate, soffiate, sfregate, picchiettate, lacerate, sbriciolate, pulsanti in lontananza. Musica che difficilmente dà punti di appiglio, che tende a sfaldarsi appena si tenta di prenderla, idealmente, tra le mani. Una musica in viaggio.
In attesa delle prossime uscite dell'etichetta libanese e con gli occhi e le orecchie ben puntate su questa piccola, ma interessantissima, scena improvvisata di Beirut, il sito di riferimento è www.almaslakh.org. Da non dimenticare!
Peter Brötzmann & Michael Zerang
Live in Beirut
Brani:
01. Illusion Of Progress - 29:50
02. Yalla Kholoud - 11.40
03. A Daytime Nightmare - 13:39
04. Banyan Revolution - 5:00
Musicisti:
Peter Brötzmann (sax tenore, clarinetto, tarogato)
Michael Zerang (batteria, darbuka e percussioni)
Michael Zerang
Cedarheads
Brani:
01. Sharif Sehnaoui [acoustic guitar] - 6:39
02. Mazen Kerbaj [trumpet] - 11:24
03. Raed Yassin [tapes & electronics] - 15:03
04. Christine Sehnaoui [alto sax] - 6:35
05. Charbel Haber [electric guitar] - 4:31
06. Jassem Hindi [electronics] - 11:33
07. Bechir Saadé [nay] - 5:09
Musicisti:
Michael Zerang (batteria, darbuka e percussioni)
Bullock | Kerbaj | Rawlings
Mawja Studio One
Brani:
01. S 1.1 - 9:13
02. S 1.2 - 7:23
03. S 1.3 - 3:10
04. S 1.4 - 20:32
05. S 1.5 - 06:50
06. S 1.6 - 12:43
Musicisti:
Michael Bullock (contrabbasso, feedback)
Mazen Kerbaj (tromba)
Vic Rawlings (violoncello, elettronica)
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